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43°Cantiere di Montepulciano. A San Biagio la Petite Messe Solennelle
Nella ricorrenza del 500°anniversario dalla sua edificazione il Tempio di San Biagio a Montepulciano, capolavoro di Antonio da Sangallo il Vecchio, è stata la cornice ideale dell'entusiasmante esecuzione della Petite messe solennelle di Gioachino Rossini, diretta da Roland Bӧer. Un altro grande successo è stato colto al Cantiere, il folto pubblico presente ha lungamente acclamato tutti gli interpreti.
Si è scelto di eseguire il tardo capolavoro del musicista pesarese per celebrare un'altra importante ricorrenza, i 150 anni dalla morte di Rossini (1792-1868). Dopo il Guillame Tell (1829) eseguito a Parigi il compositore non scrisse più nulla per il teatro musicale ma continuò a comporre musica da camera, tra cui i noti Péchés de vieillesse, e sacra tra cui due formidabili capolavori: lo Stabat Mater, composto nel 1841, e la Petite Messe Solennelle, scritta nel 1863 cinque anni prima della morte, un ultimo peccato di vecchiaia, secondo la definizione che compositore dava ai suoi lavori di età senile.
La Petite messe solennelle fu composta e dedicata alla contessa Louise Pillet-Will, moglie del banchiere Pillet-Will, il 13 marzo 1864 si svolse la prima esecuzione che fu privata. La composizione è per due pianoforti, il secondo raddoppia il primo, e armonium con un coro di dodici cantanti, che allora furono scelti tra i migliori studenti del Conservatorio, cui si aggiunsero i quattro solisti che furono le sorelle Carlotta (soprano) e Barbara (contralto) Marchisio, Italo Gardoni (tenore), primo interprete de I Masnadieri (1847) di Verdi, e Luigi Agnesi (basso). Al pianoforte suonarono Georges Mathias, che era stato allievo di Chopin, e Andrea Peruzzi, mentre il diciottenne Albert Lavignac, suonò l’armonium, furono diretti dal maestro Choen. Tra le persone invitate ci furono Meyerbeer, Thomas e Auber, che scelse i coristi.
La Petite messe solennelle ottenne grande successo e fu replicata altre due volte, ma il manoscritto rimase in mano alla famiglia e solo recentemente Philip Gossett (1941-2017) riuscì a rintracciare gli eredi e avere una copia dell’originale. La Petite messe solennelle fu così eseguita per la prima volta in tempi moderni al Rossini Opera Festival di Pesaro nel 1997. La versione orchestrale, che lascia uguali le parti cantate, fu realizzata a malincuore dallo stesso autore, per evitare che qualcun altro la facesse in sua vece in quello stile grandioso romantico che tanto detestava. In questa versione la Petite messe solennelle fu eseguita al Théatre des Italiens di Parigi, il 24 febbraio 1869 e si diffuse ottenendo un grande successo; in passato era l’unica conosciuta fino al ritrovamento di Gossett. Il nome della composizione, così come fu concepita da Rossini, indicava due aspetti, petite (piccola) per il carattere cameristico, mentre solennelle (solenne) per il fatto che era messo in musica tutto l’ordinario, Credo compreso, a cui si aggiungono il Prélude religieux, da suonare al pianoforte prima del Sanctus, e l’inno eucaristico O salutaris hostia.
Nella partitura confluiscono diverse forme e caratteri compositivi, quelli religiosi nei i cori “a cappella” del Christe e del Sanctus, con echi della polifonia di Palestrina, ma anche il contrappunto Bach, nel Prélude religieux e nelle complesse fughe corali presenti in Cum Sancto Spiritu e in Et vitam; il musicista, infatti, da molti anni si era abbonato all’edizione critica dell’opera completa del Kantor. Non solo il passato viene rielaborato nella e composizioni, ci sono anche cromatismi che indicano quanto Rossini fosse al corrente delle novità wagneriane e le armonie insolite e l’inusuale e ristretto organico, preferito alla versione orchestrale, sono caratteristiche che anticipano i cambiamenti del secolo successivo. Naturalmente non mancano nelle arie, e non solo, echi delle forme operistiche.
Il coro, formato dal Dortmunder Kammerchor e dalla Corale Poliziana, ha un ruolo centrale in questa partitura ed in questa occasione era più ampio a causa della collocazione, non ideale per l'acustica, del concerto in San Biagio. I due cori sono due formazioni non professioniste, che hanno dato di sé una prova superlativa sotto l'attenta direzione di Judy Diodato, come maestro del coro. Le lunghe prove, che hanno preceduto il concerto, hanno consentito una interpretazione non solo tecnicamente impeccabile ma anche attenta alle diverse sfumature espressive richieste dalla partitura. Roland Bӧer ha diretto l'esecuzione sostituendo all'ultimo momento Fabio Mancini, direttore Dortmunder Kammerchor, e lasciando a Simone Ori l'impegno di suonare l'armonium, strumento che il programma originale assegnava al direttore tedesco.
Una esecuzione affascinante e avvincente, dove tutti i multiformi aspetti della partitura, i diversi timbri e dinamiche sono stati ben resi dalla direzione di Roland Bӧer, grazie anche all'intesa con i bravi Simone Ori, già citato, e Cristina Capano e Massimiliano Cuseri, ai pianoforti. Di rilievo i solisti, nei loro ardui ruoli, hanno contribuito al grande successo del concerto, cominciando da Sara Mingardo, acclamato contralto rossiniano, la tecnica abbinata a una voce calda ed espressiva sono state le caratteristiche, che l'hanno resa famosa a livello internazionale, tutti elementi che sono stati apprezzati anche in questa occasione, come nel mirabile l'Agnus Dei. Paola Leggeri, in possesso di una voce luminosa e soave, è stata brava nella resa di tutte le sfumature richieste dalla partitura e in particolare nelle ardue arie solistiche: Crucifixus e O salutaris hostia. Aldo Caputo, tenore, e José Fardilha, baritono si sono elegantemente disimpegnati nei brani di insieme e nelle arie, rispettivamente il Domine Deus e il Quoniam, che mettono a dura prova gli interpreti. Una lunga ovazione del pubblico entusiasta ha salutato la conclusione del concerto.