La bella gente di Ivano De Matteo. Uno spaccato impietoso dell'ipocrisia alto-borghese

Articolo di: 
Teo Orlando
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Uscito in Italia con ben sei anni di ritardo a causa di contrasti tra il regista e la distribuzione, La bella gente di Ivano De Matteo ripropone un topos cinematograficamente associato soprattutto a Julia RobertsRichard Gere in Pretty Woman: quello della prostituta che viene sottratta alla strada perché trovi la strada di una possibile "redenzione" sociale. Qui però la situazione è proiettata nell'Italia contemporanea, con una fotografia della upper class molto efficace (memore di descrizioni analoghe nei film di Paolo Virzì e di Francesca Archibugi).

Inizialmente, sembra che il ritratto dei protagonisti sia positivo: è difficile non essere impressionati dal disinteresse di Susanna (Monica Guerritore), una cinquantenne ancora seducente, di professione psicologa e attiva in un centro per donne maltrattate; parimenti, il marito Alfredo (Antonio Catania), che come lei appartiene alla buona borghesia romana, partecipa degli ideali sociali del 1968 (i due si sono conosciuti all'università negli anni '70, e sono diventati una coppia affiatata, lui architetto affermato, amorevole e dedito alla moglie, lei psicologa che non si limita a fare la predicatrice di buoni sentimenti, ma tende ad agire). Sarà il destino di una giovane prostituta incrociata sulla strada che conduce alla loro casa di campagna (situata in un luogo imprecisato tra Umbria, Alto Lazio e Toscana, dove la classe benestante di tutta Europa ha ormai insediato migliaia di abitazioni per le vacanze) a sconvolgere il loro ménage familiare (che si svolge placidamente, tra una cena con amici e una visita  alla coppia dei vicini, verosimilmente più vicini al centrodestra, e dipinti come dei volgaroni che incarnano un materialismo egoistico e che praticano una libertà sessuale simile a quella dei festini di un ex presidente del consiglio.

Susanna vede Nadja, una ragazza ucraina in minigonna (splendidamente interpretata da Victoria Larchenko), umiliata e picchiata da un uomo, con estrema probabilità il suo pappone, e decide di strapparla dalle grinfie dei suoi oppressori: incarica così il marito di "rapirla" con il suo SUV e la convince a rimanere nascosta a casa, giusto il tempo di mettere sui binari una nuova vita. Sembra quindi che la morale di Susanna la spinga a non bendarsi gli occhi, quasi a voler praticare quotidianamente una sorta di carità laica. Sicché la giovanissima ucraina si ritrova ospitata, vestita, coccolata, trattata quasi come una parente stretta appartenente al circolo familiare. Del resto, quale migliore occasione per Susanna di protestare e agire contro l'ingiustizia e di tener fede ai propri valori?

Ma le cose nei rapporti umani sono spesso più complicate del previsto, e, in modo simile a quanto accade nel film di Mike Leigh Another Year, l'interazione con altri "nuovi arrivati" scombussola i piani di Susanna e Alfredo, il quale fa propria e rispetta la "causa" della moglie, quasi soltanto per non turbarla. Del resto, Susanna dissimula la natura della sua protegée ai suoi conoscenti, presentandola come la figlia di un amico, spia di un disagio che esplode quando arriva il figlio della coppia, Giulio, splendidamente interpretato da Elio Germano, accompagnato dalla fidanzata Flaminia (Myriam Catania). Lui, rampollo viziato che si barcamena tra un master a Londra, una vita agiata a Roma e vacanze all'Isola del Giglio, e lei, tipica ragazza pariolina, quasi stereotipata e se possibile ancora più viziata, entrano in crisi per i capricci che lei non manca di enfatizzare. Ne deriva un'attenzione per l'ospite ucraina che fa quasi ingelosire la giovane alto-borghese, che decide, complice un'avaria all'automobile del fidanzato, di ritornare da sola al Giglio.

Ed è qui che si inserisce un'inaspettato flirt tra Nadja e Giulio, che da un lato dimostra di non essere immune al suo fascino, e dall'altro vuole quasi consumare una piccola vendetta ai danni di Flaminia. Proprio in quest'occasione cominciano a vacillare le certezze di Susanna, che denota così come la dinamica psicanalitica del ritorno del rimosso (ossia la mentalità classista borghese) e l’istinto riflesso dei pregiudizi alla fine abbiano la meglio. Certo, la giovane ucraina non ha la potenza psicofisica del misterioso ospite in Teorema di Pasolini, che riesce a rivoluzionare con la forza di uno tsunami gli equilibri e le dinamiche borghesi, ma riesce comunque a essere una buona cartina di tornasole che rivela la vera natura di una famiglia "di sinistra". Nadja diventa una specie di password virtuale per il vicino lascivo; il simbolo spregevole di una classe inferiore per la futura nuora snob; una preda oggetto di un capriccio ricreativo per il figlio; lo strumento di varie scene domestiche per la coppia, e infine il capro espiatorio per Susanna che, impercettibilmente, la tratta come una serva, fino a criticare la sua presunta mancanza di gratitudine. L'epilogo è ambiguo: allontanata dalla casa della coppia e accompagnata a una stazione del viterbese con una cospicua somma di denaro, nella speranza che trovi un lavoro a Roma, non si capisce se Nadja sceglierà di ritornare sulla strada oppure se oserà tentare un'avventura che potrebbe cambiarle la vita.

Ivano de Matteo e la sceneggiatrice, Valentina Ferlan, pur memori della lezione di maestri come Risi, Comencini e Scola, raccontano in realtà una specie di versione aggiornata della lotta di classe del XXI secolo, dove colpisce il fatto che, mentre la coppia di centro-sinistra e quella di centro-destra, pur accomunati da un comportamento pratico simile, si rifanno a sistemi di valori ben diversi, i figli invece hanno abbandonato la maschera dell'ipocrisia ideologica: Giulio, appartenente a una famiglia di sinistra, mostra, nei dialoghi con i genitori e anche nella scelta di ritornare dalla sua fidanzata, come gli ideali di uguaglianza e di pari opportunità delle chances siano parole vacue.

In conclusione: un'analisi dei mascheramenti e delle ipocrisie dell'alta borghesia, romana e non solo, radical chic; il film si snoda con l’inesorabile gradualità di un teorema e un'affabulazione efficacissima, supportata da un'ottima regia, talora virtuosistica. Alla fine il dosaggio di cinismo è forse eccessivo: qualche grammo di ottimismo in più sarebbe servito: non è mai un difetto di adesione alla realtà, ma una più larga e fiduciosa adesione alla vita.

Pubblicato in: 
GN38 Anno VII 3 settembre 2015
Scheda
Titolo completo: 

La Bella gente
Regia IVANO DE MATTEO
soggetto e sceneggiatura VALENTINA FERLAN
scenografia LUCA SERVINO
costumi LOREDANA BUSCEMI
musiche FRANCESCO CERASI
direttore della fotografia DUCCIO CIMATTI
montaggio MARCO SPOLETINI a.m.c.
casting PINO PELLEGRINO
fonico di presa diretta ANTONGIORGIO SABIA
fonico di mixage ANDREA MALAVASI
effetti sonori PIERGIORGIO DE LUCA  
una produzione X FILM
in collaborazione con SOLARIS e 360 ENTERTAINMENT
prodotto da GUIDO SERVINO e GUGLIELMO ARIÈ
distribuzione Istituto Luce-Cinecittà

Interpreti
MONICA GUERRITORE, ANTONIO CATANIA, IAIA FORTE, GIORGIO GOBBI, VICTORIA LARCHENKO, MYRIAM CATANIA, e con ELIO GERMANO
 
Uscita al cinema 27 agosto 2015