Le differenze e i conflitti in India raccontati da Arundhati Roy

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
Roy

Vi sono libri che hanno la capacità di rappresentare e mostrare quanto siano dense di sfumature e significati le differenze culturali tra le religioni all’interno di una grande nazione. Arundhati Roy, scrittrice tra le più importanti del panorama culturale internazionale, nel suo ultimo libro intitolato Il ministero della suprema felicità, edito in Italia da Guanda, racconta e rivela aspetti profondi e fondamentali della civiltà indiana.

Protagonista del libro, diviso in due parti distinte, è un personaggio indimenticabile. Aftab è il figlio maschio di una famiglia indiana, atteso dai suoi genitori, dopo la nascita delle sue tre sorelle. Aftab nei primi anni di vita rivela un grande  interesse per la musica e il canto. Presto, però, ripudia la sua identità maschile, scoprendo di essere un ermafrodito, categoria di persone in India designata con l'espressione mitologica di Hijra, che significa corpo abitato da un’anima santa.

Dopo la  nascita, suo padre Begun aveva portato Aftab nel tempio dedicato alla figura di un armeno  di nome Hazrat Sarmad Shameed, il quale aveva ripudiato il Cristianesimo per abbracciare l’Islam. In seguito questa figura aveva rinnegato la fede islamica perché credeva nella supremazia della spiritualità.  Per  questo motivo Shameed  era stato condannato dalla corte riunitasi nel Forte Rosso, in cui aveva sede il potere imperiale Mogul. L’uomo, accusato di blasfemia, venne decapitato. Questa storia è narrata nelle prime pagine del libro poiché dimostra quanta importanza venisse attribuita in India nel passato alla fede religiosa e all’osservanza dei suoi precetti.

Aftab, dopo avere scoperto la sua vera identità di ermafrodito e Hijra, abbandona la sua famiglia di origine e si trasferisce a vivere con gli Hijra nella casa dei sogni, un luogo paradisiaco distante e separato dal mondo reale. In questo luogo, conversando con una compagna, anche lei appartenente agli Heijra, Aftab, che oramai è diventata Anium assumendo una nuova identità, ascolta un pensiero profondo pronunciato da Nimmo Gorakhpuri: il conflitto tra India e Pakistan, tra Indù e Musulmani è irrisolvibile poiché la guerra è dentro di noi, sedimentata e radicata nelle nostre rispettive anime. Nel libro sono tante le storie e le vicende storiche evocate e richiamate per mostrare come sia perenne la guerra infinita, che separa e divide le etnie e i gruppi religiosi in India.

Infatti dopo la fine del colonialismo inglese, l’India si separò dal Pakistan e dal Bangladesh.  La vicenda tragica avvenuta nella regione del Guirat, dove  il treno su cui viaggiavano i pellegrini indù venne dato alle fiamme, provocando la morte di oltre settanta persone, le quali si erano recate in quel luogo per fondare un tempio dove sorgeva una moschea islamica abbattuta, dimostra la verità storica di questo giudizio. Questo attentato provocò la violenta reazione da parte delle autorità politiche indiane contro i musulmani del Pakistan. 

Questi racconti sono disseminati nel libro e precedono un'immagine tremenda con Anium che assiste in televisione, in preda alla angoscia, all'evento delle torri gemelle annientate dai terroristi a New York nel 2001. In seguito,  Anium trova una bambina  casualmente su di un marciapiede e la adotta. Il suo nome è Zainab, e sarà l’unico amore autentico della sua vita. Anium, dopo avere vissuto l'esperienza nella casa dei sogni, decide di andare a vivere in una casa ricavata all’interno di un cimitero, situato vicino ad un ospedale e a un obitorio. Conversando con un uomo che condivide questa casa, e che si fa chiamare Saddam Hussein ed è di religione islamica,  Anium afferma che questa casa è il posto destinato ad accogliere le persone e gli individui  che cadono e non hanno nessuno a cui chiedere aiuto e da cui ricevere conforto.

Nel libro molto belle sotto il profilo letterario sono le descrizioni dei contrasti profondi tra l’India ricca, dei pochi privilegiati che viaggiano in macchine di lusso e vivono in case sfarzose, e i poveri derelitti e le moltitudini che giacciono indifese e nel degrado sui marciapiedi di Delhi e delle altre città immense presenti in India.  A questo proposito, la scrittrice parla della guerra eterna tra i ricchi e i poveri.  Vi è un riferimento nella narrazione alla nube tossica sprigionata da una fabbrica esplosa a Bhopal nel 1984, critica non troppo velata di Arundhati Roy al modello di sviluppo indiano, e all’assassino di Indira Gandhi avvenuto nel 1984, di cui furono autori le sue guardie del corpo Sikh. L’assassino scatenerà un conflitto cruento nelle società indiana. Infatti nel libro un personaggio afferma che è l’inquietudine per la violenza e il ricordo dei suoi passati travagli a rendere necessaria la presenza di regole e principi inderogabili, che rendono possibile a popoli variegati di coesistere e convivere, malgrado in India le differenze culturali e religiose  siano prosiano profonde e abissali. 

Nella seconda parte del libro i protagonisti sono un una donna bellissima, un'architetta animata dall'aspirazione verso la giustizia, il cui nome è Tilo, e gli uomini che ne sono innamorati, Musa, patriota del Kashmir, e Naga, un intellettuale e giornalista inviato di guerra. Nel libro questa storia è fondamentale, poiché, oltre a narrare la guerra di occupazione dell’esercito indiano in Kashmir, dimostra che l'intrinseca idea idiota della Jihad si è insinuata e diffusa in questa valle, contesa dall’India e dal Pakistan, dopo avere attecchito in Afghanistan e in altre parti del mondo. Tilo diviene l’amante del guerriero Musa, che lotta per liberare il Kashmir dall'occupazione indiana.

Il personaggio dell’ufficiale indiano Amrik Singh, che disprezza gli attivisti dei diritti umani, come i giornalisti, gli  avvocati e i  direttori di giornali, incarna la figura del militare che per la ragion di Stato non esita a violare la dignità umana dei combattenti in kashmir ricorrendo alla tortura e alle peggiori forme di violenza. Questo libro straordinario, denso di storie e personaggi meravigliosi e contraddittori, come ha notato Elisabetta Rasy nella sua recensione, apparsa sull’inserto La Domenica del Sole 24 Ore, conferma come le differenze culturali e religiose siano capaci di generare i peggiori conflitti se si ecclissa il valore della tolleranza religiosa e del diversità culturale. Un libro bello e profondo.

Scheda
Autore: 
Arundhati Roy
Titolo completo: 

Il ministero della suprema felicità, Parma, Guanda, 2017, pp. 496. Euro 20,00