Supporta Gothic Network
Divinamente. Sacre allegorie in moto perpetuo
Un balletto in due parti sabato 11 aprile al Teatro Valle per la coreografa statunitense di origine finlandese Carolyn Carlson. Lo spettacolo, dal titolo Des Vices et des Vertus - Le orazioni / Giotto Solo, si è svolto nell'ambito del Festival Internazionale Divinamente dal 3 all'11 aprile a Roma.
Des Vices et des Vertus è un solo su musica di Gavin Bryars, The Black River, non solo coreografato ma anche interpretato da Carolyn Carlson. L’artista contemporanea ama confrontarsi con altri artisti e differenti discipline, ecco perché nella performance presentata al Teatro Valle a Roma trae ispirazione dalla pittura di Giotto per la creazione del suo lavoro.
Des Vices et des Vertus è un evento unico, creato appositamente per il luogo destinato ad accoglierlo. Sullo sfondo delle quattordici tavole di Giotto presenti nella cappella degli Scrovegni a Padova, la Carlson interpreta le allegorie del maestro sui vizi e le virtù in una sorta di spazio scenico circoscritto, come la cornice di un quadro. L’artista è l’anima in movimento perpetuo delle allegorie stesse: l’abito bianco ne evidenzia la grazia eterea, il suo corpo asseconda gli input artistici ed emozionali che i quadri trasmettono.
L’espressività del movimento è concentrata nelle braccia, che disegnano nello spazio movimenti lenti, e fluidi, che a volte si proiettano verso l’alto come nella ricerca dell’infinito e del bene; ma improvvisamente è come se la forza di gravità attirasse l’artista verso la terra, nella volgarità così “umana” del vizio, rendendo la sua gestualità nervosa e conflittuale.
La musica di Gavin Bryars scandisce con morbida souplesse le varie movenze del balletto, arricchendolo con suggestioni minimaliste, neobarocche, romanticheggianti e postdodecafoniche, in un impasto sonoro eclettico e poliedrico. La dimensione allegorica dei vizi (dall’infedeltà alla gelosia) riceve un senso temporale dalla musica, quasi a completare il significato spaziale, veicolato dalla pittura con una sorta di moto continuo che si contrappone all’apparente immobilità del figurativo. Del resto la danza per la coreografa californiana è una sorta di poesia visiva, che attraverso pause sospese e gesti plastici imita contemporaneamente la musica e la pittura.
Nella seconda parte del programma Li, la Carlson passa dall’interpretazione in the flesh (in carne ed ossa), alla regia e alla coreografia di un’interpretazione più statica di due danzatori giapponesi, Chinatsu Kosakatani e Yutaka Nakata, che rileggono il taoismo e la contrapposizione dualistica di yin e yang. Lo spettacolo si svolge sotto l’insegna dell’ideogramma Li, che presuppone un seme nella giada o nel legno (ed in qualsiasi altra "cosa particolare" creata dall'essere), ossia il matrimonio dell’essere con il Tao, la “via” dalla quale si origina tutta la realtà, in un afflato vitale e organico. La musica di Aleksi Aubry-Carlson, distesa ed eterea, evoca le trasformazioni della natura e il dualismo armonico tra luce e ombra.
Del resto, è tipica del taoismo la polarità degli opposti che si armonizzano, come vuole la stessa leggenda sulla nascita del fondatore. Si diceva che il suo tempo di gestazione nell’utero materno fosse durato tre anni e sei mesi invece di nove mesi, quasi tre anni in più del tempo normale. Sicché alla nascita era un neonato pieno di rughe, era cioè contemporaneamente sia un bambino, sia un vecchio: di conseguenza gli venne dato il nome di Lao Tze (ossia “vecchio-bambino”), che costituiva quasi un embrione di presagio, perché la sua filosofia tende a spiegare le cose che esistono tra due estremi: questi due fattori contrapposti possono essere chiamati yin, ossia l’elemento femminile, e yang, l’elemento maschile. Dallo yin e dallo yang nasce il Tao, e il processo si completa quando si raggiunge lo stato chiamato wu wei, ossia la paradossale “azione senza azione”, l’agire senza sforzo sinonimo di perfetto equilibrio.
I due ballerini danzano mimando in un assurdo movimento statico le trasformazioni della natura: l’uno cerca l’altra, come se dentro di loro si insinuasse una corrente panteistica che li porterà a una simbiosi totale. Nei loro movimenti sembra di leggere le mosse di un’arte marziale che si stagliano con una tonalità meditativa sul fondale dipinto di giallo.