Doctor 3. Traditional pop in chiave jazz

Articolo di: 
Teo Orlando
D3

Riproporre in chiave jazz melodie e ritmi tipici di altri generi musicali, dal rock alla classica, è un’impresa non sempre facile, ma, quando riesce, destinata a risultati di notevole spessore, anche se commercialmente non sempre di grande riscontro.
A questa impresa si sono accinti i Doctor 3 (Danilo Rea, Enzo Pietropaoli, Fabrizio Sferra) che hanno presentato, domenica 8 giugno 2014 all'Auditorium Parco della Musica di Roma, il loro nuovo cd omonimo, nell'ambito della cosiddetta Festa della Musica, una giornata di eventi a ingresso gratuito.

Il CD, pubblicato dalla Parco della Musica Records in collaborazione con Jando Music, propone una serie di riarrangiamenti jazz di brani disseminati tra gli anni '50 e gli anni ’70 del secolo scorso: da David Bowie a The Doors, dai Bee Gees ai Beatles, da Henry Mancini a Carole King, fino a Leonard Cohen. Non mancano però anche retrospettive verso le origini del jazz, con un omaggio a Irving Berlin.

Per certi versi l’operazione ci ricorda quanto ha fatto Rita Marcotulli con i Pink Floyd, i Crimson Jazz Trio con i King Crimson e i Sonata Islands con Das Lied von der Erde di Gustav Mahler.

Tuttavia, i toni sono più free jazz e meno sperimentali. L’adesione all’andamento melodico degli originali è meno pronunciata del previsto, perché il trio ricerca piuttosto la perfetta armonizzazione dell’impasto strumentale che la fedeltà filologica. Si parva licet componere magnis, ci è sembrato a tratti di sentire echi dal mitico trio Keith Jarrett, Gary Peacock e Jack DeJohnette, a cui i tre musicisti italiani indubbiamente si ispirano. E in effetti, pur senza raggiungere le sublimi vette del musicista statunitense, il fraseggio al pianoforte di Rea è di grande impatto e di notevole maestria armonica.

Quanto a Pietropaoli, la sua maestria nell’uso del contrabbasso teme pochi rivali, almeno in Italia, e non è immemore della lezione del supremo Charlie Mingus; mentre i tocchi della batteria di Sferra ci ricordano anche le performances dei Weather Report e dei Soft Machine (quando Robert Wyatt suonava la batteria).

Il primo brano del CD, “How deep is your love”, riprende uno dei più grandi successi dei Bee Gees, un brano pop connotato però dalla svolta disco che la band dei fratelli Gibb intraprese negli anni ’70. Con grande nonchalance e tocco vellutato, l’ensemble riesce a variare quanto basta sul tema per rendere il brano meno banale e più funky. Segue una versione estremamente cesellata di un grande evergreen, “Unchained Melody”, di Alex North e Hy Zaret. In seguito, “Ain't No Sunshine When She Is Gone” di Bill Whiters perde il suo tono blues per acquisire un’atmosfera più elettrica e morbidamente “tirata”.

Con “Moon River” si torna ai grandi standard jazz: si tratta di una canzone composta da Henry Mancini e Johnny Mercer, destinata ad Audrey Hepburn, che la cantò nel film Breakfast at Tiffany's, del 1961. Anche “Up where we belong” appartiene al mondo delle soundtracks cinematografiche: scritta da Jack Nitzsche, Buffy Sainte-Marie e Will Jennings, fu portata al successo da Joe Cocker e Jennifer Warnes (legata a anche a Leonard Cohen) per il film del 1982 An Officer and a Gentleman. Qui diventa una melodia sospesa tra il cielo e la terra, con il contrabbasso che dialoga sommesso con il pianoforte e la batteria che con pochi tocchi di pennello scandisce meglio il ritmo. Segue un superclassico: quella “Cheek to Cheek” dovuta a Irving Berlin e portata al successo da Fred Astaire e Ginger Rogers nel film Top Hat (1935). Qui l’atmosfera bebop degli anni ’30 ritorna in tutta la sua grandezza.

Con “Life on Mars?” si vira decisamente verso stagioni più recenti: più che una cover, è una riproduzione perfetta della melodia della celebre canzone “surrealista”, con cui David Bowie si presentava spesso nella sua stagione glam, nel 1971. Qui è il pianoforte di Danilo Rea che la fa da padrone, ma anche gli altri strumenti non mancano di far sentire la loro voce, con discrezione, ma anche con la barra del timone tenuta con sicurezza.

Let it Be” dei Beatles, il brano successivo, è troppo famoso perché se ne potesse fare una mera riproduzione melodica in chiave jazz: ecco perché di primo acchito risulta quasi irriconoscibile. I frammenti melodici del brano originale, infatti, emergono in un’atmosfera molto diversa da quella incisa nel disco da John Lennon e Paul McCartney, che scrissero il brano come una sorta di lungo commiato.

Will You Love Me Tomorrow”, di Gerry Goffin e Carole King, diventa un interludio cool a cui segue l’eccezionale rivisitazione di due capolavori: “Light my Fire” dei Doors di Jim Morrison, qui con un ritmo decisamente rallentato e con un andamento swing, e l’immortale “Hallelujah” del supremo maestro Leonard Cohen (dall’album Various Positions, del 1984), oggetto di cover da parte di Jeff Buckley, Bob Dylan, John Cale, Rufus Wainwright e numerosi altri. Qui il brano diventa non più un inno, ma il canovaccio per una riscrittura totale, in cui il pianoforte jazz di Danilo Rea si sintonizza con i tocchi del contrabbasso di Enzo Pietropaoli fino a raggiungere un perfetto unisono.

Il disco si chiude con un altro traditional, “The Nearness of You”, di Hoagy Carmichael e Ned Washington, portata al successo nel film Romance in the Dark del 1938. È con atmosfere soffuse e quasi decadenti che il trio prende congedo dal pubblico e dagli ascoltatori. Un disco e una performance di altissimo livello.

Pubblicato in: 
GN33 Anno VI 3 luglio 2014
Scheda
Titolo completo: 

Doctor 3: Doctor 3

1 CD - N. Cat.: MPR059 - € 16,00

Parco della Musica Records

Tracklist:

1. How Deep is your Love 4.43

2. Unchained Melody 5.34

3. No Sunshine 3.37

4. Moon River 5.21

5. Up Where We Belong 4.13

6. Check to Check 3.47

7. Life on Mars 4.11

8. Let it Be 5.17

9. Will You Still Love Me Tomorrow 5.18

10. Light My Fire 3.40

11. Hallelujah 5.31

12. The Nearness of You 3.13