Et'Cetera. Schubert tra arpeggione e fortepiano

Articolo di: 
Piero Barbareschi
EtCetera Schubert

Nel bel CD Et'Cetera preso in considerazione troviamo due splendidi e giustamente conosciutissimi esempi della produzione cameristica schubertiana: la Sonata per pianoforte ed arpeggione in la minore D821 ed il Quintetto con pianoforte "La trota“ in la maggiore D667 a cura di Jan Vermeulen, fortepiano; Christine Busch, violino; France Springuel, violoncello; Paul de Clerck, viola e Jan Buysschaert al contrabbasso.

Forse nessun autore romantico incarna come Franz Schubert il concetto del far musica da camera. Il suo approccio con questo genere, che ha raggiunto vette insuperate nella produzione liederistica, è quello dell'autore-esecutore che prova gioa a condividere con altri musicisti occasioni per far musica. Il risultato musicale delle sue composizioni è sempre straordinario per bellezza di idee tematiche ed armoniche e raffinatezza nella scrittura.

Schubert è ancora oggi un compositore che provoca ammirato stupore. A fronte di una vita tragicamente interrotta in giovane età ha lasciato una produzione musicale straordinaria per quantità e, soprattutto, per originalità, facendolo diventare probabilmente il più importante compositore romantico e lasciando nei posteri il rammarico di ciò che avrebbe potuto ancora produrre, influenzando e forse dando un corso differente alla storia della musica romantica europea. Nessuna delle numerose sinfonie scritte fra il 1813 ed il 1818, molte delle quali incompiute, furono eseguite alla presenza di Schubert.

La sua produzione di sonate, ben 23, anche se non tutte completate, per qualità e quantità  lo pone al livello dei grandi compositori classici per questa forma, Mozart, Haydn e Beethoven. In rapporto ad altri compositori, Schubert continua a vivere ancora oggi un destino beffardo. A fronte di una genialità assoluta e probabilmente non ancora del tutto compresa e valorizzata, non è ancora eseguito e conosciuto come meriterebbe, così come forse non sono per tutti ancora evidenti e percepite la sua genialità, la precocità e la quantità di composizioni in rapporto agli anni di vita. Il suo modo di utilizzare lo strumento e plasmare la forma al servizio dell’espressione e dell’ispirazione non ha eguali, e risulta impressionante, in certi casi, la precognizione ed anticipazione di stile che si ritroveranno in altri grandi romantici, che però non ebbero la possibilità di ascoltare molte sue composizioni, progessivamente riscoperte postume.

La scelta di utilizzare il fortepiano contribuisce ad esaltare e riproporre l'atmosfera cameristica delle "schubertiadi", con una sonorità discreta ed un timbro inconfondibile e tipicamente ottocentesco. Composta nel 1824 per promuovere un nuovo strumento creato dal liutaio viennese Staufer, una sorta di via di mezzo fra violoncello (per la forma) e chitarra (per le sei corde), la Sonata per pianoforte ed arpeggione è fortunatamente sopravvissuta all'effimera esistenza del nuovo strumento ed è entrata nel repertorio dei violoncellisti, dopo la stampa della prima edizione e relativa trascrizione del 1871, ben quarantaquattro anni dopo la morte dell'autore. Già l'attacco del primo movimento è inconfondibilmente "schubertiano": un languido e malinconico tema, ripreso dal violoncello, che anticipa una sezione più animata nella quale riecheggiano le atmosfere della produzione vocale dell'autore. Nel secondo movimento, Largo, lo strumento ad arco è protagonista ed in questo caso France Springuel, che usa per questa sonata un violoncello piccolo, evidenzia la dolce cantabilità delle frasi musicali in una sorta di breve lieder sostituendosi ad un'ipotetica voce umana. L'Allegretto finale, concepito per evidenziare le possibilità tecnoche del nuovo strumento, è realizzato con gusto e viennese buonumore da Springuel e dal fortepianista Jan Vermeulen.

Con il Quintetto "La trota“ veniamo in contatto con un capolavoro del repertorio cameristico. L'organico non è quello del quintetto classico, quartetto d'archi e pianoforte, ma violino, viola, violoncello e contrabbasso, creando un impasto timbrico molto particolare per la presenza della famiglia al completo degli archi. Composto nel 1819 (a 23 anni) fu eseguito nel 1828 postumo, destino di molte sue composizioni. La capacità di Schubert di raggiungere altissimi livelli espressivi con questa insolita formazione è in questo caso evidente ed efficacemente messa in luce dagli esecutori, e si percepisce, al suo interno, una sorta di smania di scrivere per organici più ampi, sinfonici, cosa che effettivamente già faceva, ma che il pubblico doveva con stupore scoprire dopo la prematura ed ingiusta scomparsa.

Ci è particolarmente piaciuta l'esecuzione del terzo movimento, Scherzo, nervoso, scattante e preciso, così come il quarto movimento nel quale le variazioni sul lied che dà il titolo al quintetto sono eseguite con sobrietà, evidenziando le idee musicali che modificano il tema, nella più genuina tradizione ottocentesca, e nelle quali il fortepianista dimostra la propria padronanza tecnica dello strumento. L'ultimo movimento, con influssi tipicamente ungheresi nello stile dei temi, appare come un commiato dell'autore nel quale tutti gli strumenti sono messi in evidenza e nel quale gli esecutori trasmettono una reale gioia di suonare insieme, nel più genuino spirito cameristico. Grande Schubert. Ogni occasione di ascolto è momento di puro e stupefatto godimento musicale, splendido dono che solo i grandi geni della musica possono lasciare.

Pubblicato in: 
GN10 Anno IV 16 gennaio 2012
Scheda
Titolo completo: 

ET'CETERA – Olanda

Franz SCHUBERT (1797-1828)
Sonata per arpeggione D.821
Quintetto per fortepiano e archi D.667 (Forellen-Quintett)

Jan Vermeulen, fortepiano
Christine Busch, violino
France Springuel, violoncello
Paul de Clerck, viola
Jan Buysschaert, contrabbasso

CD KTC 1431 – b.c. 8711801014319