Festival del Cinema di Roma 2010. Il primo novembre in nome del crimine

Articolo di: 
Livia Bidoli
Crime d'amour

La programmazione della Festa del Cinema del primo novembre è ruotata tutta intorno al crimine per due film: l’ultimo postumo di Alain Corneau Crime d'amour, e la versione americana dell’horror svedese uscito un anno fa, ovvero la vampira bambina di Let me in che, quanto a splatter, fa quasi gara con gli horror trash della Troma. Rabbit Hole con Nicole Kidman è stato piuttosto deludente, sia per ritmo – mancante – che per debolezza della storia.

A me è sembrato estremamente inverosimile il declino totale della coppia Kidman-Eckhart in Rabbit Hole con lei che fa amicizia con l’assassino – anche se involontario - del figlio. Il film è in Concorso nella Selezione Ufficiale – rappresenta gli Stati Uniti alla Festa del Cinema - ed è diretto da John Cameron Mitchell, che però sembra voler imitare le lentissime regie orientali, piuttosto che reinventarsi un nuovo modo di filmare. Non credo, in sostanza, che per fare un bel film drammatico si debba per forza scontrarsi con tempi dilatati – non opportuni in questo caso – e con un’aritmica sequenza di situazioni tragiche: dai continui litigi dei due coniugi, all’abbandono del gruppo di supporto per la morte del figlio a quattro anni, fino all’incontro con il ragazzo che l’ha ucciso in un incidente stradale.

Let me in, nella Selezione Ufficiale ma Fuori Concorso, ha una storia horror: una bambina vampira solipsistica Abby, interpretata da Chloe Moretz, che sarà nel prossimo film di Scorsese attualemente in lavorazione, Hugo Cabret -, vive con quel che sembra il padre, o meglio il suo “protettore”, che la difende dal mondo esterno e le procura il sangue per vivere. Ad un certo punto incontra un amico umano, un altro bambino di nome Owen. Identico al film di cui è il remake, ovvero lo svedese Låt den rätte komma (Let the Right One in, in svedese) di Tomas Alfredson, uscito nel 2009 e che ha partecipato al Torino Film Festival, rappresenta il ritorno della Hammer alla produzione. Nella parte di Owen il bambino che ha recitato vicino a Viggo Mortensen in The Road (2009) tratto dall'omonimo romanzo di Cormac McCarthy, il tenerissimo e dagli occhi azzurrini Kodi Smit-McPhee. La storia di Let me in proviene da Låt den Rätte Komma In di John Ajvide Lindqvist e nella versione originale ha vinto il Best Narrative Feature al Tribeca Film Festival con lo stesso Lindquist alla sceneggiatura, come anche in questa nuova versione anglo-americana con la regia di Matt Reeves.

Una nota di merito alla colonna sonora di Micheal Giacchino, che crea l’atmosfera claustrofobica a sottolineare la mancanza di comunicazione e di socialità tema dominante del film, rileggendo con ogni suo titolo la drammatica amicizia tra una bambina condannata ad avere per sempre dodici anni ed un bambino vittima di aggressori violenti (i suoi compagni bulli del film), difeso da quella parte feroce – rappresentata da Abby – che anche lui scopre dentro di sé in un graduale riconoscimento.

Credo che tutti i fan dell’horror aspettassero il ritorno di una casa di produzione come la Hammer famosa per aver reso celebri Vincent Price con i film tratti dai perturbanti racconti di Edgar Allan Poe, Christopher Lee per le sue interpretazioni di Dracula contro Peter Cushing in quelle di Van Helsing, solo per citarne tre. Però quello che lamento è che le narrazioni sono oggi meno articolate e soprattutto con un background poco letterario oltreché narrativo: l’horror psicologico di cui erano intrisi i film del terrore della Hammer e di Roger Corman ancora non lo rivediamo però siamo speranzosi con le prossime operazioni in produzione a cominciare da The Woman in Black.

Il film postumo di Alain Corneau, Crime d'Amour, regista autore di Tutte le mattine del mondo (1991) che è mancato questo agosto, è un thriller le cui protagoniste sono due donne in competizione nel lavoro – due chief executive di una società – e nelle relazioni personali: il delitto di una delle due è sullo sfondo ma quello che interessa di più è come è perpetrato e l’ingegnosa macchina che mette su Ludivine Sagnier, la più giovane, per eliminare il suo capo, ovvero Kristin Scott Thomas. Dal punto di vista filmico è girato benissimo e con i tempi giusti, va da sé che le interpreti sono perfette nella loro parte e fanno tremare pensando alla freddezza delle loro azioni, però il delitto e l’obiettivo dell’assassino si scoprono quasi subito e questo desta una certa preoccupazione in un thriller. Le relazioni fra le due protagoniste sono indagate ma non le motivazioni per cui si comportano con tale acredine. Un film godibile con pochi brividi (thrills).

Pubblicato in: 
GN25 Anno III 3 novembre 2010
Scheda
Titolo completo: 

Festival Internazionale del Film di Roma

Anteprima 28 ottobre - 5 novembre 2010

Speciale 1° novembre 2010

Film recensiti
Rabbit Hole
Let me in
Crime d'amour

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