Filarmonica Romana. Sol Gabetta, étoile del violoncello

Articolo di: 
Giuseppina Rossi
Sol Gabetta

Dopo quattro anni di assenza, lo scorso primo marzo, la violoncellista argentina Sol Gabetta è tornata a esibirsi per la stagione da camera dell’Accademia filarmonica romana in un attesissimo recital insieme al pianista francese Bertrand Chamayou. Gabetta ha più volte ribadito la centralità della musica da camera nel suo approccio al repertorio dedicato al violoncello e il concerto ascoltato al Tearto Argentina è una riprova di quanto questa dedizione al repertorio cameristico la stia portando a una maturazione artistica e interpretativa di grande spessore.

Non è un caso che il 2018 sarà per molti versi un anno di consacrazione per la violoncellista argentina che, dopo il trionfale recente debutto con i Berliner Philharmoniker al concerto di apertura dei BBC Proms, si appresta a ricevere l’ “Herbert von Karajan Prize” al Festival di Pasqua di Salisburgo e a ricoprire la prossima estate il ruolo di “artist étoile” al prestigioso Festival di Lucerna.

Ad aprire il recital romano è stata una composizione dedicata al piacere di far musica insieme, i Fünf Stücke im Volkston (Cinque pezzi in stile popolare) op. 102 di Robert Schumann, destinati alla pratica della “Hausmusik” che tanta importanza rivestiva nella vita musicale tedesca dell’Ottocento. Composti da Schumann nell’aprile del1849, sul farsi di una primavera che vedeva finalmente alle spalle l’inverno grigio e avaro di ispirazione trascorso a Dresda, i Fünf Stücke sono tutti pervasi da un lirismo melanconico e nostalgico che Gabetta ha assecondato con trasporto, dando prova della meravigliosa cantabilità del suo strumento, un prezioso Matteo Goffriller – capostipite della scuola di liuteria veneziana – costruito nel 1730.

A conferma del vasto respiro del repertorio e della sensibilità musicale di Sol Gabetta, la prima parte della serata si è conclusa con la Sonata per violoncello e pianoforte op. 65 di Benjamin Britten.

Composta nel 1960, la Sonata in do maggiore è una pagina di musica da camera del Novecento bellissima e purtroppo di raro ascolto, che nasce dalla profonda amicizia e dal sodalizio artistico che legò a partire dagli anni Sessanta il compositore inglese e il grande violoncellista Mstislav Rostropovič, al quale la Sonata è dedicata

Nei cinque movimenti (Dialogo – Scherzo/pizzicato – Elegia – Marcia - Moto perpetuo) Britten sembra voler condensare tutta la forza espressiva e le capacità tecniche dello strumento tra glissandi, colpi d’arco “con il legno”, pizzicati, corde doppie, triple e anche quarduple, dando agio alla violoncellista argetina di sfoggiare un virtuosismo mai fine a se stesso e a Chamayou di dare sfogo alla pienezza timbrica di una scrittura pianistica non certo di mero accompagnamento.

Dopo l’intervallo, a chiudere il programma, è stata eseguita una delle pagine più belle dell’Ottocento romantico dedicate al violoncello e al pianoforte, la Sonata in sol minore op.65 di Fryderyk Chopin, anch’essa nata - come la sonata di Britten – da un solido rapporto di amicizia e collaborazione artistica, in questo caso tra il compositore polacco e il violoncellista Auguste Franchomme.

Opera della maturità, scritta tra il 1846 e il 1847 a Nohant, la Sonata op. 65 ebbe una lunga e travagliata gestazione (a testimoniarlo le quasi duecento pagine di schizzi e di appunti), che sembra preludere a una svolta stilistica dell’ultimo Chopin quasi profetica.

L’interpretazione, che vorremmo definire quasi “sinfonica”, di Gabetta e Chamayou sembrava proprio sottolineare le diversità tra questa partitura visionaria e lo Chopin acclamato nei salotti parigini, “maestro del rubato” e di quelle “morbidezze” di tocco di cui pure lo stesso Liszt scriveva ammirato. Così l’Allegro moderato iniziale, il più avanzato e complesso sia nel  linguaggio che nella struttura formale, pareva prefigurare per slancio e forza emotiva quasi Rachmaninov, mentre nei movimenti centrali – lo Scherzo dal piglio eroico  e il Largo nostalgico e sentimentale – il dialogo tra i due strumenti si dipanava come un continuo emergere e inabissarsi tra da ondate di passione già brahmsiane, fino al Finale-Allegro che con uno slancio ritmico irresistibile conduceva alla conclusione trionfale della Sonata.

A lungo e calorosamente applauditi, Gabetta e Chamayou hanno premiato il pubblico con due brani, Nana e Polo rispettivamente il quinto e il settimo delle Siete Canciones Populares Españolas di Manuel de Falla, pezzi ispirati al folclore iberico scritti in origine per voce e pianoforte che hanno esaltato una volta di più la bellezza del suono, la cavata ora morbida e sensuale ora decisa e ruvida ma sempre convincente della giovane ma ormai affermata musicista argentina.    

Pubblicato in: 
GN18 Anno X 13 marzo 2018
Scheda
Titolo completo: 

Accademia Filarmonica Romana
TEATRO ARGENTINA

giovedì 01 Marzo 2018
ore 21

Sol Gabetta violoncello
Bertrand Chamayou pianoforte

SCHUMANN
Fünf Stücke im Volkston op. 102

BRITTEN
Sonata in do maggiore op. 65

CHOPIN
Sonata in sol minore op. 65

Accademia Filarmonica Romana
http://www.filarmonicaromana.org/