Filippo di Vittorio Alfieri al teatro Carignano di Torino. La tirannide nel rapporto tra padre e figlio

Articolo di: 
Alberto Giovenco
Filippo a Torino

Il 16 novembre 2010 ha debuttato in prima nazionale al Teatro Carignano di Torino l’intensa opera teatrale Filippo di Vittorio Alfieri. Lo spettacolo, che ha inaugurato ufficialmente la stagione 2010-2011 del Teatro Stabile di Torino, sarà in replica fino al 28 novembre. La realizzazione dell’evento è stata promossa in collaborazione con la città di Asti che, proprio quest’anno, festeggia il 150° anniversario dall’inaugurazione del Teatro Alfieri.

Il punto di vista del regista e interprete Valerio Binasco (Filippo), ha sicuramente apportato grandi cambiamenti di significato all’interno del dramma; gli attori Sara Bertela (Isabella), Edoardo Ribatto (Don Carlo), Michele di Mauro (Gomez), Fabrizio Contri (Leonardo) e Lorenzo Bartoli (Perez) hanno saputo assecondare sul palco in maniera ottimale questa “modernizzazione".

La rappresentazione sviscera in cinque atti le vicende storiche gravitanti intorno ai primi anni del regno di Filippo II di Spagna: il tiranno, dopo aver acconsentito alla pace di Cateau-Cambrésis nel 1559, decise di sposare la principessa francese Elisabetta di Valois nonostante fosse già promessa al figlio, Don Carlos (e non a caso Friedrich Schiller racconterà le stesse vicende in una tragedia intitolata proprio Don Carlos, a cui poi si ispirerà Giuseppe Verdi per la sua omonima opera lirica in francese, poi tradotta in italiano con il titolo Don Carlo).

Nel 1568 il re fece arrestare segretamente il suo discendente accusandolo di cospirazione e tentato parricidio; l’erede al trono morì successivamente in prigione alimentando così le voci di una possibile vendetta del padre, sospettoso di una relazione tra il figlio e la moglie.

Valerio Binasco offre al pubblico una sua visione personale delle tematiche principali di Vittorio Alfieri: il punto centrale della vicenda, pur riguardando sempre la tirannia intesa come insaziabile sete di potere, mira soprattutto a porre in evidenza la violenza scaturita dalla figura del padre che quasi mette in ombra quella del re.

L’odio di Filippo nei confronti di Carlo intacca e corrode innanzitutto i rapporti familiari e solo secondariamente quelli monarchici ed ufficiali. La sete di potere si traduce nella volontà di controllare e manipolare il figlio, di decidere per la sua sorte fino a sostituirsi a lui, improvvisandosi padrone della sua vita e della sua morte.

Ed è proprio la morte l’unica possibilità prevista come ricompensa per l’eroe intrappolato in questo labirinto psicologico: una fine netta e magari autoprocurata come consacrazione suprema di nobiltà d’animo.

La vicenda raccontata da Alfieri e reinterpretata da Binasco affonda le proprie radici, oltre che in uno scenario familiare, anche in un contesto più propriamente sociale: durante un incontro con i suoi più fidati consiglieri (Gomez, Leonardo, Perez), sicuro della propria influenza, Filippo convince i tre a condannare il comportamento di Carlo come tradimento nei confronti del sovrano.

Il gruppo, nonostante abbia il compito di emettere una sentenza riflettendo anche in base ai principi religiosi e morali, non osa contrastare il volere del re, facendo risaltare così agli occhi del pubblico anche l'asservimento della religione, mostrandocela simile e sottomessa alla tirannide: elementi distruttivi che minano gli ideali puri della giustizia e della libertà.

Nello spettacolo gioca un ruolo di primaria importanza anche il comportamento finale di Filippo; dopo aver costretto alla morte sia la moglie sia il figlio, si abbatte sul tiranno una sensazione di estrema solitudine dovuta alla ferocia del suo agire.

Si crea allora attorno alla figura del sovrano impassibile un alone di umanità che, per un istante, ogni spettatore può cogliere nei movimenti e nel tono di voce dell’attore: impietrito dalla realizzazione del suo stesso piano, il re comincia a comprendere le potenzialità distruttive della passione per il comando.

Elemento conclusivo, e forse troppo spesso dimenticato nella tragedia, è l’amore. L’intricata trama dell’opera nasce proprio da questo sentimento che muove i fili di ogni burattino sul palco. L’innamoramento ha qui però un valore differente da ciò che siamo abituati a immaginare: è visto fin da subito come un vero e proprio male, qualcosa di sofferto e quasi indesiderato.

Sarà infatti Isabella, provata dal senso di colpa, ad aprire il primo atto parlando del dolore che una relazione con Don Carlo potrebbe arrecare a tutti. Il quadro generale della storia non è sicuramente dei più rosei, e forse è anche per questo motivo che oggi opere come Filippo andrebbero maggiormente studiate, analizzate e portate in scena.

In un periodo dove progresso e modernizzazione dovrebbero essere il vanto della nostra epoca, la società odierna rimane tuttora ancorata a desideri primordiali insiti nelle profondità più ombrose dell’essere umano, rendendo spettacoli del genere sempre attuali e immortali.

Pubblicato in: 
GN28 Anno III 24 novembre 2010
Scheda
Autore: 
Vittorio Alfieri
Titolo completo: 

FILIPPO

Con Valerio Binasco, Sara Bertelà, Edoardo Ribatto, Michele Di Mauro, Fabrizio Contri, Lorenzo Bartoli.

Regia: Valerio Binasco
Scene e luci: Nicolas Bovey
Costumi: Sandra Cardini
Musiche: Andrea Chenna

Fondazione del Teatro Stabile di Torino in collaborazione con la città di Asti

Debutto: 16 novembre 2010

Torino, Teatro Carignano | 16 - 28 novembre 2010

Anno: 
2010
Voto: 
8.5