Fish a Roma. Echi del progressive e ricordi delle guerre mondiali

Articolo di: 
Teo Orlando
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L’11 febbraio 2015 è tornato a esibirsi a Roma Fish, di fronte alla platea del Planetclub di tendenza gravitante intorno all’Università di Roma Tre, nel quartiere Ostiense, con un concerto incentrato sull’ultimo album A Feast Of Consequences (2013), ma che non ha lesinato né incursioni in altri pezzi forti del suo repertorio, né riprese di vecchi brani dei Marillion (compresi nell’arco cronologico 1981-1988, gli anni di capolavori come Misplaced Childhood Script for a Jester's Tear), proponendo una scaletta multiforme e musicalmente variegata, dall’acustico al rock quasi duro, fino al progressive classico.

Tra i grandi artisti della stagione del progressive e del neoprogressive che hanno poi intrapreso una più o meno fortunata carriera solista, il più carismatico e di successo, fino a raggiungere un pubblico di massa, è certamente Peter Gabriel, mentre agli antipodi si collocano artisti che hanno perseguito con rigore e quasi monastica dedizione i loro progetti sperimentali, come Robert Wyatt o, più e meglio di tutti, Peter Hammill. Derek William Dick, nome d’arte Fish, già leader dei primi Marillion, si colloca per così dire a metà strada. Non ha mai raggiunto i successi commerciali di Gabriel (per molti versi il suo punto di riferimento, come i primi Genesis lo erano per i Marillion), ma non ha neppure mai seguito la via dell’isolamento sperimentalistico o della ricerca introspettiva e iperintellettuale per happy few.

Ad accompagnarlo si è presentata un’ottima band, con Gavin Griffiths alla batteria, John Beck alle tastiere (proviene dagli It Bites e dai Kino, un cosiddetto supergruppo con membri dei Porcupine Tree, dei Marillion e degli Arena), Steve Vantsis al basso e Robin Boult alla chitarra).

Alle 22,00 in punto, mentre nell’aria si diffondono le prime note di “Perfume River”, con i sintetizzatori che imitano le cornamuse, Fish entra in scena, accolto da applausi e voci di giubilo da parte dei circa 300 spettatori presenti. Il testo di questa prima canzone, tratto dall’ultimo album, ha toni desolanti e pessimistici ("There were no sirens, I heard no alarm/This situation has somehow got completely out of hand/It’s no illusion, it’s not a dream/My eyes are open and all is as appears/It’s a perfect nightmare/It’s a perfect nightmare/In an imperfect world" - Non c'erano sirene, non ho sentito alcun allarme / Questa situazione è in qualche modo uscita di controllo/Non è un'illusione, non è un sogno/I miei occhi sono aperti e tutto è come sembra/È un incubo perfetto/In un mondo imperfetto), ma il brano viene eseguito con decisione e ordinata compostezza.

Fish si muove sicuro di sé e domina il palco, dialogando di tanto in tanto con il pubblico, quasi abbandonandosi a un flusso di parole, proprio come un pesce (nomen omen) si fa trasportare dalla corrente del fiume. Accenna perfino qualche parola in italiano, ma poi si schermisce sostenendo di essere solo “a fucking Scotsman” e prosegue in inglese. Il brano successivo è la title-track dell’ultimo album, “A Feast Of Consequences”, decisamente ritmato e con un energia inconsueta. Ben diverso il brano successivo, dal titolo tedesco, “Manchmal” (talvolta), tratto dal disco 13th Star, più introspettivo e riflessivo, che ritrae le situazioni in cui ci si trova quando si devono compiere grandi scelte ("Is that the way that you see it, tell me how it should be,/It's time to choose between the devil and the deep blue sea" - È questa la maniera in cui lo vedi, dimmi come dovrebbe essere,/È il momento di scegliere tra il diavolo e il mare blu profondo).

A questo punto, Fish sfodera la sua vena ironica e introduce il brano successivo, "Arc of the Curve", rievocando una sua ex girlfriend che lo aveva lasciato: a poche settimane dalle nozze lo fece piombare in uno stato di cupa depressione, mentre la figlia le telefonava non per farli riconciliare, ma per farle capire quanto dolore aveva provocato nel padre ("I stare into the mirror to pretend I'm not alone/It takes everything I have not to call you on the phone" - Guardo nello specchio per fingere che non sono solo/C'è bisogno di tutto quello che ho per non chiamarti al telefono).

Segue poi il momento culminante del concerto: si tratta di una sorta di concept-suite, tratta anch’essa da A Feast of Consequences: cinque brani - “High Wood”, “Crucifix Corner”, “The Gathering”, “Thistle Alley”, “The Leaving” – ispirati ai ricordi familiari della Prima guerra mondiale, dove aveva combattuto suo nonno, ferito in Francia vicino a un hotel dove Fish trascorse il compleanno del 2011, mentre anche la sua attuale fidanzata è originaria di un paesino della Germania a cui pure fanno riferimento i ricordi del nonno e del padre che invece combatté nella Seconda guerra mondiale (e viene automatico pensare al concept album dei Pink Floyd The Final Cut, dedicato da Roger Waters a suo padre Eric Fletcher Waters, caduto ad Anzio nel 1944, e a cui Fish palesemente si ispira).

I testi confermano quanto osserva lo storico Eric J. Leed, nel suo studio No Man’s Land. Combact & Identity in World War I (Cambridge University Press, 1979), per il quale nella coscienza collettiva di molti strati della popolazione europea lo sviluppo economico aveva determinato una sensazione di inutilità, confusa poi con la miseria spirituale dell’esistenza borghese dell’everyman. La guerra viene allora vista come antipode e come antidoto rispetto alla normale esistenza nella moderna società industriale.

L’avventura bellica e il contatto con la morte diventano la soluzione migliore per recuperare il senso perduto dell’esistenza anonima sottraendosi al grigiore della quotidianità. Ma ben presto la realtà della guerra si presenta in tutta la sua drammaticità, come si evince dai seguenti versi: “Names and numbers cut in stone, the regiment they called their home,/The age they reached the day they died, their memory is all that does survive/In tended graves they rest in peace, their battle finally over” (I nomi e i numeri incisi nella pietra, il reggimento che chiamavano la loro casa,/L'età che hanno raggiunto il giorno della loro morte, la loro memoria è tutto ciò che sopravvive/Nelle tombe curate riposano in pace, la loro battaglia è finalmente finita).

Altri versi dipingono l’assurdità e la retorica ipocrita della guerra con toni sarcastici: “We marched off with the band, pals in battalions, to the promise of a brave new world/Joining the gathering, pals in battalions, to fight for a brave new world/Pals in battalions, we took the King's shilling, and paid for a brave new world” (Siamo uscirti a marciare con la banda, amici in battaglioni, per la promessa di un nuovo mondo coraggioso/Unendoci nell'adunata, amici in battaglioni, a lottare per un mondo nuovo/Amici in battaglioni, abbiamo preso lo scellino del Re, e pagato per un mondo nuovo). Dove il riferimento al Brave New World, la tremenda distopia di Aldous Huxley, è più che evidente.

La musica è qui decisamente evocativa, con reminiscenze del miglior progressive (l’introibo di "High Wood" si ispira palesemente a “Fire on the Moon”, il brano iniziale del disco Out of the Tunnel’s Mouth di Steve Hackett) e con toni solenni, quasi da inno. Il concerto è a un punto di svolta: Fish esorta il pubblico ad alzare le mani, e attacca brani dal suo vecchio repertorio e da quello dei Marillion, tra cui spiccano “Slainth Mhath” (da Clutching at Straws) e “Heart of Lothian” (da Misplaced Childhood). Il pubblico reclama a gran voce i bis, e Fish non si fa pregare più di tanto, regalando prima “Incubus” (dall’album dei Marillion Fugazi) e poi la trascinante “The Company” (da Vigil in a Wilderness of Mirrors). 

Cala così il sipario su un magnifico concerto, che potrebbe essere uno degli ultimi, data l’annunciata intenzione di Fish di ritirarsi in un buen retiro tedesco per dedicarsi all’attività, a lui comunque congeniale, di scrittore.

Pubblicato in: 
GN14 Anno VII 19 febbraio 2015
Scheda
Titolo completo: 

Fish in concerto - 11 febbraio 2015

Planet Live Club

Via del Commercio 36, 00154 Roma

Setlist:

1) Perfume River (A Feast of Consequences)

2) A Feast of Consequences  (A Feast of Consequences)

3) Manchmal (13th Star)

4) Arc of the Curve (13th Star)

5) High Wood (A Feast of Consequences)

6) Crucifix Corner (A Feast of Consequences)

7) The Gathering (A Feast of Consequences)

8) Thistle Alley (A Feast of Consequences)

9) The Leaving (A Feast of Consequences)

10) Slainth Mhath  (Clutching at Straws)

11) Vigil (Vigil in a Wilderness of Mirrors)

12) Big Wedge (Vigil in a Wilderness of Mirrors)

13) Heart of Lothian (Misplaced Childhood)

Bis:

14) Incubus (Fugazi)

15) The Company (Vigil in a Wilderness of Mirrors)

Voto: 
9