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Fondazione Pro Musica e Arte Sacra. Un Requiem per lo Spirito
Il XXI FESTIVAL INTERNAZIONALE DI MUSICA E ARTE SACRA si è svolto dal 12 al 15 novembre 2022, a Roma e in Vaticano
sotto il patrocinio e la presidenza del Prof. Dr. Max Michael Schlereth. Quest'anno ha registrato oltre cinquemila presenze per quattro giorni di musica nelle antiche basiliche papali romane e più di trecento artisti ospiti di questa edizione. Quest'anno è stato caratterizzato dalla presenza unica dei Bamberger Symphoniker mentre il prossimo anno, il 2023, vedrà il ritorno dell'orchestra in residence, i virtuosi Wiener Philharmoniker.
Due i concerti che ci siamo pregiati di scegliere e seguire, sebbene l'intero corpus sia denotato da preziosità. Il primo è stato, come ogni anno, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, grandiosa e guerriera nella sua contrapposizione cristica ad una chiusura che ha visto i ricoveri dello spirito chiusi al pubblico e poi, una volta riaperti, frequentati spesso per una insopprimibile desperatio che è la tomba di ogni volontà e coraggio cristiane. Col Deutsches Requiem di Brahms, il suo stesso testo, che lo stesso Brahms trasse liberamente dalla Bibbia nella versione di Martin Lutero, è da intendersi come messaggio consolatorio rivolto all'umanità quale prefigurazione di quella pace e di quel dolce conforto rappresentato dal definitivo distacco dalla vita terrena. Finalmente, quindi, un messaggio rivolto allo spirito e non alla materia ed alla paura del deperimento fisico o delle malattie: ricordiamo il Cristo ed i suoi passi primevi, guaritore di qualsivoglia malattia, financo la peste, sena timore di esserne minimamente toccato. In questo senso deve intendersi questa prova musicale in un tempio cattolico che consustanzia la lotta impavida in qualsiasi circostanza, della legge divina contro finanche quella umana, nel caso in cui compromettesse lo spirito piu' elevato del cristianesimo nel suo senso morale ultimo e profondo.
In proposito, annotiamo le parole che Paolo VI nel discorso che chiudeva il Concilio Vaticano II nel 1965, sentenziò con vigore:
“Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione”.
Tutto il Festival, attraverso il Prof. Dr. Max Michael Schlereth e i suoi benefattori, quindi l'intera Fondazione Pro Musica e Arte Sacra e il suo direttore generale e fondatore Hans-Albert Courtial condividono fortemente questo messaggio, a sostegno pieno della manifestazione spirituale e musicale.
Il Deutsches Requiem che ha inaugurato il festival il 12 novembre scorso, è quindi un imponente lavoro eseguito la prima volta nel 1868 con cui Brahms, allora trentaseienne, ebbe la definitiva affermazione come compositore ponendosi come l'erede di quella tradizione musicale tedesca che affondava le radici in Bach e Händel, e continuava poi con Beethoven e Mozart. Con questo concerto d'apertura serale, i Bamberger Symphoniker, fra le migliori orchestre tedesche di oggi, insieme al Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, entrambi diretti dalla bacchetta di Jakub Hrůša, che è altresì direttore ospite principale dell’Accademia ceciliana, hanno diffuso questo confortante oratorio con le voci soliste del soprano Christina Landshamer e il baritono Konstantin Krimmel, quest’ultimo considerato parte della BBC New Generation Artists per il triennio 2021-23. La Bamberger Symphoniker è nata alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1946, ed accoglie anche musicisti dell’Orchestra di Praga e porta a Roma l'oratorio
eseguito per la prima volta nel duomo di Brema nel 1868, con lo stesso Brahms a dirigerla. Composito, il Deutsches Requiem unisce varie tipologie di brani musicali, fra cui Schütz, la cantata barocca, il Lied, in un tessuto costruito dai testi da Antico e dal Nuovo Testamento in modo molto originale da Brahms stesso.
La versione che abbiamo ascoltato è stata di particolare raffinatezza e coinvolgimento emotivo nella prima parte, dedicata alle "lacrime", ovvero al dolore provato per la perdita della vita, in un canto compassato e struggente, in cui il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia è risultato fortemente unito nella sua vocalità. Dal terzo movimento in poi, con l'entrata in scena del baritono Konstantin Krimmel, si è alzato il tono, come per risalire una immaginaria china, che ha preso letteralmente il volo, aulicamente, con il sopraggiungere della voce flautata e potente del soprano Christina Landshamer. Un coacervo di applausi di un pubblico non solo folto, bensì ebbro di una musica della spirito, ha applaudito a lungo il concerto.
Martedì 15 novembre alla Basilica di Santa Maria Maggiore si è svolto il secondo ed ultimo concerto del festival, con la Cappella Ludovicea diretta da Ildebrando Mura e le voci soliste della Cappella Liberiana, quest'ultima considerata la diretta discendente dell'antica schola cantorum di san Gregorio Magno e che è il Coro in residence della basilica mariana. Il programma verteva intorno al repertorio sacro di Bach, Vivaldi, Händel.
Il Magnificat in re maggiore BWV 243 di Bach ha aperto la serata "mariana", nell'edizione definitiva del 1733 tratto dal Vangelo secondo Luca con il quale Maria loda e ringrazia Dio ché ha liberato il suo popolo. La Cappella Ludovicea ha proseguito con il Dixit Dominus RV 594 di Vivaldi, che ha tratto il testo dagli otto versetti del Salmo 109 e data 1725. La conclusione è profondamente teutonica, in quanto Händel ha scritto il trionfante inno di incoronazione Zadok the Priest HWC 258 per Giorgio II di Gran Bretagna nel 1727, che però è un Hannover, quindi tedesco, ovvero il Duca di Brunswick-Lüneburg, nato ad Herrenhausen (Hannover), di cui sono famosi gli splendidi giardini reali. Giorgio II è capostipite della stirpe reale degli Hannover, la cui ultima regina fu Vittoria, sposata con Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha, da cui discende anche la Regina Elisabetta II, scomparsa di recente, e che prende il nome Windsor dal castello omonimo nel 1917 in seguito alla prima guerra mondiale, per ovvie ragioni "diplomatiche".
Ecco, in proposito, i versi piu' celebri:
Zadok il sacerdote e Nathan il profeta unsero il re Salomone.
E tutto il popolo gioì e disse:
"Dio salvi il re, lunga vita al re e il re viva per sempre!
Amen, Alleluia!"