Un giorno devi andare e il respiro della comunità

Articolo di: 
Alessandro Menchi
Un giorno devi andare

Con Un giorno devi andare, presentato al Sundance 2013 e uscito nelle sale il 28 marzo, Giorgio Diritti conclude un'ideale trilogia sul senso di comunità e sul potere della rinascita attraverso di esso. E lo fa assumendo per la prima volta il punto di vista dell'altro, del diverso, di quello straniero che ne Il vento fa il suo giro (2005) apriva le crepe di una fragile convivenza civile e che ne L'uomo che verrà (2009) ne minacciava addirittura l'esistenza. Il punto di vista di una donna, sola e forte, in fuga da un'Italia grigia come il suo passato fra le terre remote dell'Amazzonia.

La storia si apre sul dolore di Augusta (Jasmine Trinca), cullata dalle onde del Rio Negro mentre piange un vuoto che la segue ovunque come una Luna triste. Il vuoto di un bambino nato morto o forse mai nato e che mai nascerà, il rapporto con la madre Anna (Anne Alvaro) privo di un reale senso di comprensione e il lutto per la morte del padre ancora non del tutto superato.

Il silenzio dell'immensa natura amazzonica accompagna la nave di suor Franca (Pia Engleberth) verso un piccolo villaggio di indios. Augusta si è unita alla sua missione per ritrovare sé stessa perdendosi. E forse, anche per ritrovare Dio e con Esso una risposta a tutto. Ma ben presto capisce che per guarire i suoi mali non basta lambire il cuore di quella terra misteriosa. Deve scavare dentro di esso e viverlo dall'interno. Lascia dunque la missione e si trasferisce in una favela di Manaus, dove viene accolta dalla comunità del luogo come una di loro. Pur nella povertà, o forse proprio in virtù di essa, a poco a poco Augusta da un nuovo senso alla propria vita e riesce con l'aiuto degli altri a far fronte alla minaccia di governo locale che tenta con ogni mezzo di sgomberare il villaggio e di disperdere la comunità in piccoli agglomerati alle periferie della città. Ma quando scompare il bambino di Janina (Amanda Fonseca Galvão), la sua migliore amica, venduto dal padre per soldi a funzionari del governo in cerca di un pretesto per abbattere definitivamente il coraggio dei favelados, le rinnovate certezze di Augusta crollano, precipitandola in un auto-isolamento su una spiaggia deserta, da cui solo grazie a un arrivo inaspettato riuscirà a risollevarsi.

Il film, fin dalle prime immagini, propone una duplice riflessione sull'elaborazione del dolore della perdita e sulla ricerca di un nuovo senso dell'esistenza. Da un lato mediante la dimensione spirituale del viaggio, inteso come scoperta di sé e della propria relazione con la fede. Dall'altro facendo emergere il bisogno quasi fisico di confrontarsi con la povertà e con la natura, di “sporcarsi le mani” come solo rito di passaggio possibile per mondarsi dalle scorie della vita precedente e potersi calare pienamente in un nuovo punto di vista sul mondo. Il silenzio quasi surreale in cui la pellicola  immerge la sua protagonista e gli spettatori nei primi minuti, è un silenzio interrogativo e contemplativo insieme, eco simbolico di una dialettica interiore sospesa fra il vuoto lasciato dalla perdita e la pienezza della natura, fra l'immanenza del dolore e la trascendenza del bisogno.

Augusta risolve questo conflitto abbandonando ogni compromesso – compresa la missione stessa – e  abbracciando completamente la vita comunitaria delle favelas. Solo così, nella purezza dell'incontro essa (ri)trova se stessa e l'amore, scoprendo che il bene supremo dell'esistenza risiede nella condivisione – quella che ne Il vento fa il suo giro era simboleggiata dalla rueido.
Ma come nei primi due film di Diritti, l'equilibrio della comunità viene stravolto da un elemento esterno, che stavolta assume le forme del progresso. Esso, come un fiume in piena, arriva e travolge la comunità, sradicandone la purezza, simboleggiata dal bambino di Janina, e precipitando di nuovo Augusta in un vuoto ancora più profondo.
L'isolamento assoluto a cui si costringe è la sua rinuncia alla ricerca di un senso. Privata della maternità, della fede e della fratellanza, Augusta scorge adesso nell'immensità dell'orizzonte solo un riflesso iperbolico del suo vuoto interiore.
Ma ecco che un incontro inaspettato riempie in pochi attimi la mancanza di tutta una vita, compiendo da solo la sintesi tra l'immanenza della fratellanza e la trascendenza della maternità. L'incontro con un bambino, approdato sulla spiaggia come un angelo, nel cui sorriso è contenuto quel respiro di vita che fa il suo giro come il vento e che ritorna sempre in ogni uomo che verrà.

La forza di Un giorno devi andare è tutta nella delicata regia di Diritti, capace di dare profondità e ricchezza di sfumature a una sceneggiatura (firmata da Fredo Valla, Tania Pedroni e dallo stesso Diritti) fortemente diseguale – le scene sulla madre Anna ambientate in Trentino hanno un che di spurio rispetto al racconto principale – e fin troppo indulgente verso stasi riflessive come veicolo di senso. Questo difetto di sceneggiatura si avverte soprattutto nella prima parte, quella dell'avvicinamente al dolore di Augusta – che infatti non diventa mai vera partecipazione – in cui neanche la regia riesce a esimersi dall'appagarsi troppo dei peasaggi come sostituto visivo di dinamiche interiori solo lambite – si pensi ad esempio alla questione della fede, al rapporto con la madre, al lutto per la morte del padre, ecc.. A farne le spese anche Jasmine Trinca, quasi spaesata dalle motivazioni del suo personaggio. Il film diventa pienamente consapevole solo quando, come nei due precedenti di Diritti, innesta le dinamiche interiori all'interno di una riflessione antropologica più ampia, quella appunto radicata e radicale delle favelas. Non un passo avanti dunque rispetto alle prime due opere. Ma la poetica di Diritti rimane  indiscutibilmente un faro per il cinema italiano odierno.

Pubblicato in: 
GN21 Anno V 2 aprile 2013
Scheda
Titolo completo: 

Un giorno devi andare
GENERE: Drammatico
REGIA: Giorgio Diritti
SCENEGGIATURA: Giorgio Diritti, fredo Valla, Tania Pedroni
ATTORI: Jasmine Trinca, Anne Alvaro, Pia Engleberth, Sonia Gessner, Amanda Fonseca Galvão, Paulo De Souza.

Uscita al cinema 28 marzo 2013

FOTOGRAFIA: Roberto Cimatti
MONTAGGIO: Esmeralda Calabria
MUSICHE: Marco Biscarini, Daniele Furlati
PRODUZIONE: Aranciafilm, Lumière & Co., Groupe Deux; in collaborazione con Rai Cinema
DISTRIBUZIONE: BIM
PAESE: Italia, Francia 2013
DURATA: 110 min
FORMATO: colore