Hævnen/In un mondo migliore. La pragmaticità della non-violenza

Articolo di: 
Livia Bidoli
In un mondo migliore

Il titolo originale di questo film, premiato col Gran Premio della Giuria Marc’Aurelio ed il Premio Marc’Aurelio del Pubblico al miglior film – BNL, allo scorso Festival del Cinema di Roma 2010 è anche candidato per la Danimarca agli Oscar 2011, è Hævnen (In un mondo migliore è tratto dal titolo inglese In a Better World): in danese vuol dire “Vendetta”, l’impulso atavico che guiderà i due ragazzi protagonisti a ribellarsi in maniera oltremodo aggressiva contro i loro “bulli” persecutori.

Susanne Bier ha costruito un film freddo analiticamente e caldo emotivamente: l’attore Mikael Persbrandt nella parte di Anton, medico in un campo profughi di un’Africa martoriata dalle guerre intestine, viene innalzato a figura cristica, un mediatore tra i ragazzi in evoluzione e gli adulti di cui si configura la distanza emotiva a chiare lettere, quasi che la pacatezza e la stabilità risultino del tutto incomprensibili ai due adolescenti in formazione Elias e Christian. Il grande dolore di Christian, - l’eccezionale William Jøhnk Nielsen -, cui è morta di recente la madre per un tumore, pone una questione fondamentale a suo padre, interpretato dall’intenso Ulrich Tomsen: non mentire su nulla, nemmeno sui desideri più inconfessabili di un essere umano procurati dal dolore di assistere al processo irreversibile della morte dell’essere amato, in questo caso la propria moglie. Uno dei nodi fondamentali che verrà sciolto dal film, insieme al desiderio di violenza determinato da questo forte dolore, rende questo film unico ed essenziale.

Ulrich Tomsen, che ha lavorato con la Bier per Non desiderare la donna d’altri nel 2004 e con lo sceneggiatore danese Ander Thomas Jensen in Le mele di Adamo nel 2005, riesce a reggere il confronto con una sceneggiatura che esalta insieme a lui tutti gli attori: dal personaggio di Marianne, interpretato dalla bravissima Trine Dyrholm, all’epopea di passione del medico Anton e padre di Elias, Mikael Persbrandt, attore che trascina con la sua unità fisica ed inossidabile col suo personaggio. Anton è un medico a contatto con la tragedia di un paese africano che può essere qualunque di questi stati martoriati dalle malattie e dalla violenza fine a sé stessa: un villaggio dove Big Man è uno degli everyman africani della violenza che squarcia la pancia delle donne incinte per vincere scommesse sul sesso del nascituro che si rivolgerà allo stesso medico che le cura per salvarsi la vita. Nello stesso giorno, Elias, il figlio interpretato dal dolcissimo e naïve Markus Rygaard, cerca di comunicargli la tragedia che sta per avvenire, senza riuscirvi, perché il padre è completamente distrutto dalle brutalità del campo profughi.

Vorrei in particolare sottolineare una scena drammaturgica del film che ne rivela la possenza di scrittura che, per quanto riguarda Jensen, avevamo già ammirato in Le mele di Adamo e per il suo sodalizio con la Bier nel già citato Non desiderare la donna d’altri nel 2004 e in Dopo il matrimonio del 2006. La scena si svolge sul silos dove si rifugia Christian (ed i nomi di Elia e Christian non sono dati a caso) dopo l’incidente che ha messo in pericolo la vita di Elias, il suo migliore amico. Quassù Anton dice qualcosa a Christian che gli rivelerà quale sia il motivo di tanta vicinanza alla morte, rassicurandolo allo stesso tempo:

Noi viviamo la maggior parte della nostra vita con un velo davanti alla morte: quando muore una persona cara quel velo viene rimosso oppure si sposta, e noi ci troviamo immediatamente di fronte alla morte. Bisogna che trascorra del tempo perché si rimetta al suo posto: una volta riassestato ricominciamo a vivere come prima.

Prodotto dalla Zentropa di Lars von Trier tra gli altri, In un mondo migliore è un film che dovrebbe avere una distribuzione molto estesa per permettere a tutti di vederlo: quindi prima di tutto lodiamo ancora la Teodora Film, distributore indipendente che aveva distribuito nel 2005 anche Le mele di Adamo, debutto al lungometraggio di Jensen.

Questo è un film che presenta situazioni drammatiche ma anche la soluzione possibile, che è uno dei suoi pregi maggiori derivante da una retorica cristiano-protestante di stampo pragmatico. Inoltre afferma con forza che la violenza è “idiota”, attraverso le parole di Mikael Persbrandt nel ruolo del medico Anton rivolto al meccanico che lo ha aggredito gratuitamente:

La violenza è un’incapacità ad usare altri mezzi per comunicare che non mette paura a nessuno, e proprio per questo io non ho bisogno di reagire: le dico però tutto quello che penso, che lei è un idiota, che io sto bene e questo lo faccio di fronte ai miei figli, per rassicurarli, che è l’unico motivo per cui sono venuto fin qui a parlare con lei.

Pubblicato in: 
GN34 Anno III 10 gennaio 2011
Scheda
Titolo completo: 

Hævnen – In a Better World
REGIA: Susanne Bier
SCENEGGIATURA: Susanne Bier, Anders Thomas Jensen
ATTORI: Mikael Persbrandt, Markus Rygaard, William Jøhnk Nielsen, Trine Dyrholm, Ulrich Thomsen, Anette Støvelbæk, Toke Lars Bjarke, Camilla Gottlieb

Uscita al cinema 10 dicembre 2010

MONTAGGIO: Pernille Bech Christensen
DISTRIBUZIONE: Teodora Film
PAESE: Danimarca 2010
GENERE: Drammatico
DURATA: 113 Min
FORMATO: Colore

Festival Internazionale del Film di Roma
Gran Premio della Giuria Marc’Aurelio ed il Premio Marc’Aurelio del Pubblico al miglior film – BNL

Candidato per la Danimarca agli Oscar 2011

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