Inediti vivaldiani per Naïve. Intervista a Federico Maria Sardelli

Articolo di: 
Piero Barbareschi
Sardelli

É da poco disponibile sul mercato un nuovo CD Naïve vivaldiano intitolato “New Discoveries II”, realizzato da Federico Maria Sardelli il quale, alla guida del suo Modo Antiquo, propone alcuni interessanti brani inediti vocali e strumentali. La registrazione è articolata e presenta diversi aspetti della produzione vivaldiana: un concerto per traversiere, uno per violino, due sonate per violino e cinque arie per soprano. Ottima realizzazione, suono asciutto e scattante, fraseggi accurati e grande abilità dei solisti Anton Steck al violino, Alexis Kossenko, traversiere e Ann Hallemberg, soprano, che hanno perfettamente assecondato Sardelli in questo suo nuovo contributo alla divulgazione di inediti del grande veneziano. 

Abbiamo avuto la possibilità di rivolgere in esclusiva alcune domande al maestro Sardelli, responsabile dal 2007 del Vivaldi Werkverzeichnis (RV) e quindi della catalogazione di tutto il gigantesco catalogo.

Piero Barbareschi: Maestro Sardelli, con questo nuovo CD Naïve dedicato a brani inediti aggiunge un altro tassello ad un puzzle affascinante ed impegnativo. Sono proposti sia brani strumentali sia vocali. Nella sua veste di responsabile del catalogo vivaldiano, riesce a mantenere l'atteggiamento neutrale del ricercatore o come musicista c'è qualcosa che la emoziona particolarmente quando riappare qualcosa di sconosciuto?

Federico Maria Sardelli: Non mi dedicherei a Vivaldi, alla sua scoperta e al suo catalogo se non fossi animato da un grande amore per questo compositore: cosicché è naturale che ogni nuova scoperta sia accompagnata da un'emozione. Questo tuttavia non toglie che, messa da parte la gioia, resti comunque un entusiasmo che anima positivamente il lavoro scientifico. L'esser neutrale, ossia distaccati e serî, è l'atteggiamento che guida tutta la fase precedente alla scoperta, ossia la ricerca degli indizî che portano alla meta, l'analisi delle fonti, la valutazione di tutti i possibili indicatori contrarî. Questa prudenza, che è insita nell'approccio scientifico, è ancora maggiore quando ci si imbatte in fonti anonime che, per ragioni stilistiche, inclinano l'attribuzione verso Vivaldi: è quella la fase più rischiosa e più delicata di tutto il lavoro, dove nessun entusiasmo o partigianeria può minimamente filtrare, pena la rovina della ricerca.

P.B. E' nota la sua attenzione, nella lettura delle composizioni barocche in generale e vivaldiane in particolare, all'impasto timbrico ed alle possibilità espressive offerte dalla varietà dell'organico strumentale. In questo CD l'organico richiesto è tradizionale. Sono assenti, a parte il flauto solista, fiati e percussioni. Partendo da questo tipo di organico, cosa ha ritenuto fosse importante mettere in evidenza nella scrittura vivaldiana con i mezzi a disposizione?

F.M.S. Voglio risponderle partendo da una critica ad una moda imperante: quella di eseguire Vivaldi facendo ogni tipo di smorfia possibile, introducendo pizzicati dove non ve ne sono, aggiungendo strumenti o effetti speciali, colpi d'arco secchi e picchiettati, arpeggi di liuto dove non ci vogliono, corone, rallentando e accelerando a capriccio. Non ho descritto la banda del Circo Orfei, come sembrerebbe, ma gran parte delle esecuzioni più blasonate e 'filologiche' che circolano nelle migliori sale da concerto e presso le migliori etichette discografiche. Con quest'ondata di cattivo gusto mascherata da 'estro', 'stravaganza' e 'bizzarria barocca' – comodi alibi per veicolare il peggior gusto contemporaneo – noi ci sorbiamo un Vivaldi deforme e antistorico. Con Händel o con Bach nessuno osa tanto, mentre con Vivaldi, sempre per un malintesa lettura del suo 'estro', sembra che ogni eccesso sia lecito. Eccoci dunque all'organico dei soli archi: senza nulla aggiungere né cercando forzature, la musica di Vivaldi è talmente chiara da parlare da sé. L'approccio dev'essere quello rispettoso che si avrebbe davanti ad un brano di Mozart: indagarlo, cercare di farlo parlare senza aggiungervi nulla di troppo. Diceva il mio amico Olivier Fourés che Vivaldi e Mozart sono tanto simili: entrambi osservano la parrucca di Bach dall'altissimo.

P.B. Come si apprende dalle note del CD, originali o copie di inediti vivaldiani sono sparsi in tutta Europa, nei paesi dell'est ed anche in America. Pensa che sia possibile scoprire ancora qualcosa di importante? E' già sulle tracce di qualcosa di significativo?

F.M.S. Esistono varî tipi di scoperta: quello che si fa andando in archivi dietro ad una traccia storico-bibliografica, oppure il ritrovamento di chi, cercando tutt'altro, s'imbatte casualmente in ciò che non cercava, oppure ancora il ritrovamento di brani o interi archivi di cui sapevamo l'esistenza ma che erano perduti e che riaffiorano a séguito di rivolgimenti politici [penso a tutti gli archivi dell'est venuti alla luce dopo il crollo del muro], infine le scoperte fatte comodamente da casa consultando internet. Ecco, i brani che presento nel nuovo disco, sono scoperte di vario tipo operate in modo differente da vari soggetti. Il concerto per flauto Il Gran Mogol era noto agli studiosi per via d'una notizia su una vendita all'asta del 1759, ma nessuno si sarebbe immaginato che sarebbe spuntato fuori a Edimburgo. Alcune arie dell'Inganno trionfante sono tornate a galla dall'inventariazione di un archivio privato in Belgio, mentre altre, conservate incomplete a Berlino, sono state da me ricostruite. Il concerto per violino RV 817 è frutto di una mia attribuzione: sempre stando comodamente a casa e grazie al formidabile lavoro di scansione che la biblioteca di Dresda ha fatto di tutte le sue fonti musicali, ho potuto accorgermi che uno dei tanti concerti anonimi era in realtà di Vivaldi. E così via. Il futuro promette ancora grandi novità: sto per rivelare l'esistenza di una nuova opera di Vivaldi.

P.B. In caso di attribuzione dubbia di un autografo o copia, quali sono i metodi da lei usati per affermare e certificare l'autenticità?

F.M.S. Gli strumenti dell'attribuzione sono diversi e vengono talvolta usati combinatoriamente. Se il manoscritto è autografo, l'attribuzione è quasi automatica; dico «quasi» perché vi sono casi in cui Vivaldi copia composizioni d'altri. Quando la copia è parzialmente autografa o vergata da copisti che conosciamo appartenere alla cerchia di Vivaldi – il più frequente è suo padre Giovanni Battista, ma ne sono stati inventariati altri 49 – , allora vi sono probabilità che il lavoro sia autentico, ma non la certezza. Infine, soccorrono le notizie storico-biografiche, la provenienza di un fondo musicale, le attribuzioni della tradizione. Questi sono i cosiddetti elementi «esterni», che contribuiscono al giudizio. Gli elementi «interni» sono invece la musica, il suo linguaggio, il suo stile, certi usi scritturali particolari dell'autore, etc. Tutti questi elementi combinati concorrono alla valutazione dell'autenticità. Recentemente, ho elaborato un metodo che aiuta l'attribuzione: è il sistema delle concordanze musicali, ovvero il reperire all'interno di un'opera dubbia, mal attribuita o anonima, uno o più frammenti musicali concordanti letteralmente con musica autentica. Grazie a questo metodo ho potuto attribuire molte nuove composizioni a Vivaldi, tra cui il concerto RV 817.

P.B. Nel CD sono presenti brani vocali, decisamente impegnativi. Concertando le arie con i solisti, quali suggerimenti ritiene sia importante dare ai cantanti per trasmettere la sua visione estetica e musicale del brano?

F.M.S. E pensare che le arie qui incise non son certo le più difficili scritte da Vivaldi! Con i cantanti io stabilisco sempre il gusto e lo stile di un brano, la sua ornamentazione e articolazione. Spesso scrivo loro le variazioni per il da capo, com'è stato anche in questo caso. Ma lavorare con una cantante eccellente come Ann Hallenberg non solo è una gioia ma anche un vero sollievo per il direttore: tutto vien subito bene, tutto è subito chiaro.

P.B. Dall'alto della sua profonda conoscenza del repertorio vivaldiano, in quali occasioni ritiene che l'autore abbia raggiunto i risultati migliori, considerando vari punti di vista: formale, inventiva ritmico melodica, innovazione?

F.M.S. Credo che Vivaldi abbia dato il meglio di sé nella musica sacra: lì tutto è perfetto, intenso, espressivo e profondo. Noto che le migliori idee musicali le riversava lì, non certo nell'opera. Egli era orgoglioso d'esser sacerdote ed aveva un grande rispetto per la funzione religiosa, cosicché ogni volta che scrive per la chiesa il suo impegno è massimo. Se si scorrono lavori come Juditha triumphans, tutti i grandi e piccoli salmi, i mottetti e le introduzioni, si resta impressionati dall'omogeneità della qualità e dalla bellezza di ogni particolare.

P.B. Lei è ancora giovane. Immagino sarà consapevole che, vista la quantità di inediti ancora da scoprire, quest'attività la terrà occupato tutta la vita, che riflessioni le provoca questa prospettiva?

F.M.S. Lusingato per il 'giovane', ma non è più tanto vero: a 48 anni Vivaldi era considerato un uomo già stagionato. Se anche da domani nessuna nuova composizione vivaldiana venisse più alla luce, la cura e l'aggiornamento del catalogo e la pubblicazione dell'immenso repertorio vivaldiano darebbe ancora pane per generazioni intere. Così avviene per Bach, Beethoven o Mozart: sono rarissimi i nuovi ritrovamenti, eppure la ricerca ed il lavoro delle varie Gesellshaft (associazioni) dedicate a questi compositori è infaticabile. Ma per Vivaldi il lavoro è doppio: caduto in oblio dopo la sua morte per quasi due secoli, la sua musicologia è giovane e sconta un ritardo sconosciuto alle altre. È questa la ragione per cui il Vivaldi sommerso è ancora molto e dobbiamo aspettarci che in futuro, il vulcano continuerà ad essere attivo.

P.B. Maestro, vorrei concludere questa conversazione con una domanda provocatoria ma che penso molti le farebbero. Se avesse potuto replicare all'affermazione di Strawinsky che Vivaldi ha scritto centinaia di volte lo stesso concerto, cosa avrebbe detto?...

F.M.S. Ecco, lei m'invita a nozze. Anche se la battutaccia era stata in origine formulata da Dallapiccola, è grazie a Strawinsky che è diventata celebre. Ecco, vede, anche in questo Strawinsky non fu originale: lui copiava tutto, dalla musica alle battute. Saccheggiò tutto quel che riuscì a trovare di Pergolesi per fare il suo Pulcinella e poi, quando gli chiesero cosa ne pensasse di Pergolesi, rispose spocchioso che Pulcinella era l'unico lavoro di questo autore che gli piaceva. Ma in realtà lui sapeva ben poco sia di Pergolesi che della musica barocca, tant'è vero che non si accorse che nulla del suo Pergolesi era di Pergolesi, bensì di Ignazio Monza, Domenico Gallo, Unico Wilhelm Van Vassenaer. Quando negli anni '60 ormai l'Istituto Italiano Antonio Vivaldi di Venezia aveva sfornato già centinaia di partiture vivaldiane, Strawinsky si trovava in quella città e dettò la sua ingrata battuta al suo famulus Robert Craft: da quella battuta si capiva che lui non conosceva pressoché nulla di Vivaldi ma, ancor peggio, come del 'suo' Pergolesi, non gliene importava nulla. La superficialità del suo approccio gli mostrava un alcunché d'indistinto e tutto uguale, un po' come chi scorresse in fretta tutti i dipinti di Tiepolo e restasse solo coll'idea di un indistinto cielo azzurro. Ci sarebbe poco da rispondergli se non: studia, prima di parlare?

Pubblicato in: 
GN33 Anno IV 25 giugno 2012
Scheda
Titolo completo: 

ANTONIO VIVALDI
New Discoveries II

Concerto in re min. “Il gran Mogol” RV431a per flauto travers., archi e c.
Aria “Son nel mar d'aspri tormenti”
Aria “S'odo quel rio che mormora”
Concerto in la magg. RV817 per violino archi e c.
Aria “Palpita il core e geme tutt'affanno”
Aria “Langue il fior sull'arsa sponda”
Sonata in re magg. RV816 per violino e b.c.
Aria “Vaghe luci, luci belle”
Sonata in do magg. RV815 per violino e b.c.

Modo Antiquo
Federico Maria Sardelli
, direttore
Ann Hallemberg, soprano
Anton Steck, violino
Alexis Kossenko, flauto traversiere

CD Naïve OP 30534