L'altalena del respiro di Herta Müller. Il Gulag e il Male nella storia

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
Herta Müller

Il libro di Herta Müller - scrittrice a cui è stato assegnato il premio Nobel per la letteratura nel 2009 - è intitolato L’altalena del respiro, uscito in traduzione italiana per i tipi di Feltrinelli, descrive e racconta con una straordinaria e inarrivabile eleganza letteraria l’orrore del Gulag e dei campi di lavoro creati in Unione Sovietica, dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale.

Come l’autrice ammette nella postfazione che conclude il suo splendido ed importante libro, l’idea di scriverlo le è stata suggerita dal poeta rumeno di lingua tedesca Oskar Pastior, che visse una terribile esperienza esistenziale in un campo di lavoro, e con cui Herta Müller ebbe frequenti dialoghi e scambi di opinione.

Il personaggio principale del romanzo, la cui bellezza risiede nella scrittura raffinata e  colma di folgoranti immagini poetiche, volte a rappresentare e raccontare la sofferenza di quanti vennero rinchiusi nei campi di lavoro forzato in Unione Sovietica, si chiama Leopold Auberg. Nel 1945, all'età di diciassette anni, Leopold, soltanto perché appartiene alla minoranza tedesca che vive in Romania, ritenuta responsabile ingiustamente delle efferatezze compiute dai nazisti, viene internato in un campo di lavoro in Ucraina, dopo che il dittatore fascista Ion Antonescu è stato condannato a morte.

Prima che sia portato via dalla sua casa e dalla sua famiglia, la nonna, sopraffatta dalla paura e dall’angoscia, pronuncia una frase di conforto e consolazione: "sono sicura che ritornerai". Questa frase risuonerà nella mente di Leopold durante i lunghi anni in cui vivrà internato nel campo di lavoro.  In questo terriibile ambiente di reclusione, dove si trova a vivere insieme ad altre persone provenienti dalla minoranza tedesca che viveva in Romania prima della fine della guerra, Leopold conoscerà la fame, la sofferenza, la fatica del lavoro compiuto in condizioni di sottomissione ai capi del campo, la morte dei suoi compagni, il dolore provocato dalla mancanza di libertà e dall'assenza di umanità.

Pur essendo denutrito ed esposto al rigido clima invernale, Leopold è costretto a caricare ed a trasportare cemento, carbone e mattoni costruiti con le scorie; con il tempo scopre di essere tormentato e perseguitato nell’intimo della coscienza dall’angelo della fame, una figura immaginaria che evoca il dolore provocato dalle privazioni fisiche. Durante le notti, lunghe e terribili condivise nel lager con i suoi compagni, sogna di uscire dal luogo orribile in cui si trova e di sorvolare il cielo al di sopra di un animale bianco per raggiungere la casa dei suoi genitori, da cui è stato separato ingiustamente.

Ripensa, quando avverte il peso della stanchezza dopo avere trascorso l’intera giornata a compiere lavori manuali durissimi e  faticosi, ad una scritta che compariva nella nicchia della chiesa della sua città, secondo la quale il cielo mette in moto il tempo. Anche se non viene nominato mai nel libro, questo riferimento metafisico a Dio si spiega con la difficoltà di giustificare la presenza del male nella storia, di cui si considera una vittima innocente.

Che cosa rende possibile la continuazione della vita in un luogo dominato dalla paura, dalla morte, dalla sofferenza, dalla prevaricazione e dalla sopraffazione dei capi del lager sulle persone internate per motivi di natura ideologica e politica? Leopold, quando di notte si trova immerso nel gelo notturno, denutrito e solo, ed è costretto a rimanere in piedi in fila accanto ai suoi compagni prigionieri, osservando il cielo cupo e oscuro, si abbandona ad una sorta di viaggio interiore, sicché la sua mente per non soccombere al dolore si distacca dal corpo. Con l’aiuto della sua immaginazione, che gli consente di allontanarsi mentalmente dal luogo orribile in cui è costretto a vivere, si accorge e scopre di poter trasformare le ore di lavoro, durante le quali assolve a compiti gravosi, in opere d’arte. Le poche volte in cui gli accade di uscire dal lager, per visitare il mercato russo ed il villaggio, tenta di realizzare degli scambi al fine di procacciarsi gli alimenti di cui ha bisogno per non morire denutrito.

Spesso viene denigrato e offeso dai cittadini russi del villaggio, i quali ostentano nei suoi riguardi disprezzo e indifferenza. Soltanto una donna, alla cui porta Leopold aveva bussato, lo riceve e gli offre del cibo, poiché ammette che anche suo figlio si trova rinchiuso in un lager. Prima di uscire dalla casa della donna, Leopold riceve un fazzoletto bianco, che conserverà nella sua valigia, poiché evoca e simboleggia la purezza morale e la bellezza artistica. Nel lager - e questo è l’aspetto antropologico della narrazione che colpisce il lettore - le persone tentano di vivere un'esistenza normale, concedendosi momenti di evasione, quali canti, balli, storie d’amore, nei limiti in cui ciò è possibile in un luogo di costrizione e di sofferenza.

Nel libro viene raccontato l’orrore quotidiano con crudo realismo, ma è assente ogni forma di odio e di risentimento da parte del protagonista nei riguardi dei responsabili e degli aguzzini del lager, che pure si rendono responsabili di azioni abiette e riprovevoli. In seguito ad un lungo periodo di detenzione, cinque lunghi anni scanditi dalla sofferenza e dalle privazioni, Leopold lascia il lager, poiché i russi gli restituiscono la libertà e la dignità. Arrivato a casa, dopo avere rivisto i genitori e la nonna, scopre che il nonno è morto e che la madre ha avuto un altro figlio. Lentamente ritorna alla vita normale, riprende a lavorare e a studiare. Tuttavia, riflettendo sul periodo terribile trascorso nel lager, si accorge, durante lunghe meditazioni che gli capita di fare, che per lui il lager non è un luogo del passato da cui si è separato per sempre. Infatti scopre, sgomento ed addolorato, che l’orrore del campo di detenzione, malgrado sia libero, gli ha occupato ed invaso l’animo, estendendosi fino a somigliare ad una ossessione interiore da cui non potrà mai redimersi.

Malgrado abbia acquisito questa dolorosa consapevolezza e sappia che il trauma interiore che gli è stato inflitto è irredimibile ed incancellabile, confessa di non nutrire propositi di vendetta verso i responsabili del luogo di prigionia. Il lager viene presentato nel libro come un luogo orribile, la cui creazione dipende da una ideologia aberrante, tesa a creare un uomo nuovo in nome di un folle e violento disegno politico. La narrazione poetica e filosofica del libro pone l’opera della Müller accanto ai grandi capolavori letterari che su questo tema, il gulag, sono stati scritti da autori di straordinaria grandezza quali Šalamov, Solženicyn, Vasilij Grossman. Un libro indimenticabile e imperdibile.

Pubblicato in: 
GN21 Anno II 18 settembre 2010
Scheda
Autore: 
Herta Müller
Titolo completo: 

Herta Müller
L'altalena del respiro
Milano, Feltrinelli, 2010
Collana "I narratori"
251 p. - 18 euro

Anno: 
2010
Voto: 
9