Laterza. La tempesta di Cambiano tra Platone e Aristotele

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
Cambiano

I libri dei grandi pensatori incantano e esercitano una notevole influenza sul lettore quando sono scritti in modo chiaro e riescono a chiarire e a descrivere l'origine dei grandi temi della civiltà dell’uomo attraverso l’analisi delle opere immortali e dei testi, che appartengono alla cultura occidentale. È questo il caso del libro di cui è autore Giuseppe Cambiano, cattedratico della Normale di Pisa e studioso della filosofia antica, autore dello splendido saggio filosofico Come nave in tempesta. Il governo della città in Platone e Aristotele, edito dalla casa editrice Laterza.

Come nella sua introduzione ricorda lo studioso riferendosi al Contratto sociale di Jean-Jacques Rousseau, nella Grecia antica il popolo partecipava in modo attivo alle assemblee pubbliche, nelle quali si deliberavano le scelte fondamentali per garantire il governo della polis (πόλις). In realtà, come attestano le fonti storiografiche, la partecipazione alle deliberazioni collettive nell'assemblea della polis oscillava presumibilmente, tra il V e il IV secolo A. C., fra un quarto e un quinto della totalità dei cittadini.

Il termine "governare" era inizialmente usato nel gergo marinaro, come si può constatare leggendo il terzo libro dell'Odissea di Omero. Eschilo nella sua tragedia I sette contro Tebe paragona la polis ad una nave che si trovi in preda ai flutti agitati e impetuosi del mare e deve essere governata. Come Cambiano con la sua sapienza di grande studioso dimostra nei suoi saggi, il sistema politico dell'antica polis in Grecia aveva un'articolata e equilibrata struttura istituzionale, basata su di un sistema di regole che prevedeva la rotazione nelle cariche pubbliche tra i cittadini, che venivano prescelti e designati all’esercizio dell’arché (ἀρχή), del potere pubblico, mediante il sorteggio.

Nella prima parte di questo libro, Cambiano, con una sintesi ammirevole dei tanti temi e problemi posti dalla filosofia antica in riferimento al governo della polis, si sofferma ad analizzare i tre dialoghi di Platone, che considera fondamentali: La Repubblica, il Politico, le Leggi. Nel dialogo La Repubblica Platone sostiene che il filosofo, proprio perché conosce per la sua attività teoretica, legata alla sua indagine sul sapere, l'idea suprema del Bene, deve essere indotto a governare la città ideale.

Il governo della polis affidato ai filosofi, secondo questa concezione del rapporto tra governati e governanti presente nella Repubblica, è una necessità ineludibile sia per evitare il peggio sia per conseguire il buon governo della polis. Infatti, l’unico potere conforme alla natura è quello esercitato secondo la ragione umana, di cui sono degni rappresentanti i filosofi. L’obiettivo principale della polis è assicurare la felicità dei suoi cittadini, armonizzandoli tra loro grazie alla persuasione. Nella città ideale delineata da Platone vi sono tre categorie  e tipologie di persone e cittadini: gli amanti del sapere, quelli che adorano le vittorie, quelli che sono dediti al guadagno.

Nel dialogo Politico diventa fondamentale la formazione di un sapere specifico legato all'attività politica, vale a dire la politica viene dotata di una tecnica caratterizzata da una conoscenza fissata nei suoi caratteri fondamentali.

Nel dialogo sulle Leggi si parla di un consesso denominato Concilio Notturno, i cui membri sono animati dal proposito di assicurare la sicurezza e la salvezza della polis mediante la salvaguardia delle leggi vigenti. Le leggi sono il fondamento  su cui si basa l'organizzazione della polis e i membri di questo consesso mirano a favorire il predominio della virtù nella polis, per garantire un ordine incentrato  sulla giustizia.

Nel libro il capitolo intellettuale più bello è dedicato da Cambiano al pensiero politico esposto da Polibio nel VI libro dell'opera intitolata Storie. Polibio, in questa parte delle sue Storie, si schiera e prende posizione contro la tesi che vi siano tre costituzioni distinte e differenziate tra loro, la monarchia, l'aristocrazia, la democrazia. Egli è il pensatore che per primo nella storia del pensiero delineò il modello supremo della costituzione mista. Per farlo dovette tenere presente la costituzione disegnata e concepita da Licurgo, su cui si era retta la città di Sparta. Per Licurgo era fondamentale impedire l'espansione e dilatazione di una delle tre componenti del potere a danno delle altre. Questo rischio era scongiurato mediante un sistema di spinte e controspinte tra i tre poteri, che diede vita ad un sistema istituzionale equilibrato.

Mettendo insieme e combinando i migliori elementi presenti nelle tre diverse forme costituzionali, secondo Polibio, si aveva la costituzione mista, capace per la sua intrinseca coerenza e razionalità di assicurare la stabilità e la durata di un assetto istituzionale posto alla base del governo della polis. In questo modo, grazie alla costituzione mista, teorizzata da Polibio, si aveva la possibilità di contemperare l’elemento dispotico con quello della libertà, impedendo l’esercizio arbitrario e violento dell'arché, del potere pubblico.

Nel libro di Aristotele denominato Politica, Cambiano, da grande studioso che conosce il pensiero antico come pochi intellettuali, ravvisa e coglie  le differenze esistenti  tra il pensiero di Platone e quello di Aristotele. In primo luogo per Aristotele il potere pubblico nella polis viene esercitato su uomini  che sono liberi ed uguali. Per Aristotele il fine che la polis deve perseguire consiste nel garantire la felicità dei suoi cittadini.

L’uguaglianza tra i cittadini della polis deve essere rispettata anche e soprattutto nella distribuzione del potere, impedendo in tal modo che esso sia concentrato in poche mani per un lungo periodo. Pertanto le cariche vengono assegnate in fasi alterne tra i cittadini mediante il sorteggio e in base alla procedura della rotazione. Solo la democrazia, così intesa, in base alla conclusione di Aristotele nel libro sulla Politica, consente ai cittadini di godere di una reale ed effettiva libertà. Il buon cittadino deve essere in grado sia di governare sia di essere governato.  

A differenza di Platone, per Aristotele occorre che vi sia una sintesi perfetta tra la teoria e la prassi, tra la filosofia e il piano dell'esperienza. L’uomo virtuoso non è colui che in modo astratto coltiva il pensiero e la riflessione filosofica, ma chi è capace di compiere azioni volte a fare trionfare ciò che è utile, bello e buono nell’ordinamento della città.

Il cittadino, proprio perché è nato libero ed è uguale ai suoi simili, è abilitato a partecipare alle assemblee in cui si assumono le decisioni che riguardano il destino e la sorte della polis. Mentre per Platone era fondamentale affidare il governo della polis ai filosofi e prevedere la comunanza dei beni e dei figli, per Aristotele è la paideia (παιδεία), vale a dire l'educazione, che deve mirare a formare i cittadini virtuosi.  

Il conflitto è una presenza costante nel mondo umano. I conflitti più aspri nascono e sorgono dal giudizio divergente su ciò che è giusto e ingiusto, bello e brutto, utile e dannoso. Platone nel Fedone osserva che l’animo umano è fonte di desideri e di passioni, circostanza questa che spiega l'origine dei conflitti, la stasis, che dividono e lacerano le persone.

Le guerre possono essere causate sia dalla scarsità dei beni sia  da un eccesso di ricchezze di alcuni, a fronte della povertà diffusa nell’ordinamento economico della polis. Per Aristotele bisogna imputare e attribuire alla cattiveria umana la responsabilità dei conflitti che sorgono nei rapporti tra i cittadini all’interno dei confini della polis. Per il filosofo di Stagira, solo l’educazione del cittadino a coltivare le virtù tradizionali, come sono classificate e designate nel suo libro fondamentale l’Etica Nicomachea  il coraggio, la fortezza, la saggezza e la giustizia –, è capace di assicurare la coesione e l’unità della polis.

Nel saggi finali del libro Cambiano tratta gli argomenti fondamentali della schiavitù, della differenza tra legge scritta e legge naturale, della forma di sussistenza e di alimentazione nell'antica città greca. Un libro indimenticabile che gronda erudizione e sapienza stilistica in ogni sua pagina.

Pubblicato in: 
GN26 Anno VIII 12 maggio 2016
Scheda
Autore: 
Giuseppe Cambiano
Titolo completo: 

Come nave in tempesta. Il governo della città in Platone e Aristotele, Roma-Bari, Laterza, 2015. Pp. 270. Euro 24,00.