L'uomo del labirinto. Incubi in un film tra Kafka e Borges

Articolo di: 
Teo Orlando
L'uomo del labirinto

«Questo è un gioco, vero?»
Samantha Andretti è stata rapita una mattina d’inverno mentre andava a scuola. Quindici anni dopo, si risveglia in una stanza d’ospedale senza ricordare dove è stata né che cosa le sia accaduto durante un tempo interminabile. Accanto a lei c’è un «profiler», il dottor Green: è un investigatore "speciale" che si pone l’obiettivo di determinare le condizioni psicologiche dell’autore del reato, l’analisi delle cause remote e le strategie investigative più utili da applicarsi nel caso in esame. Green promette alla ragazza di aiutarla a recuperare la memoria e di assicurare il mostro alla giustizia. Ma si premura anche di avvertirla che la caccia non avverrà là fuori, ossia nel mondo reale, bensì nella sua mente. È l'incipit del film L'uomo del labirinto, scritto, sceneggiato e diretto dal regista scrittore Donato Carrisi, con un cast maschile di prima grandezza (Toni Servillo e Dustin Hoffman), di fronte a cui pure le due donne protagonista e deuteragonista (Valentina Bellè e Caterina Shulha) non sfigurano.

Il film racconta la storia di Samantha (Valentina Bellè) che viene rapita sulla strada per andare a scuola da un coniglio gigante. Il profiler (Dustin Hoffman) riesce a far riaffiorare i ricordi che Samantha ha accumulato durante la sua detenzione in quello che chiama il labirinto, una prigione sotterranea, apparentemente senza via d'uscita, in cui qualcuno ha costretto la giovane donna a giocare e risolvere enigmi su enigmi, premiando i suoi successi e punendo i suoi fallimenti. Ma c'è un'altra persona che tenta di risolvere il mistero: si tratta di Bruno Genko (Toni Servillo), un investigatore privato dal talento sorprendente e che quindici anni prima era stato ingaggiato dai genitori di Samantha perché ritrovasse la figlia. Non gli resta però molto tempo da vivere, a causa di una rara malattia giunta al suo stadio terminale, sicché quello di Samantha potrebbe essere l'ultimo caso su cui lavorerà.

Adesso che la ragazza è riapparsa, sente di avere un debito con lei e proverà a catturare l’uomo senza volto che l’ha rapita, in una quasi impossibile lotta contro il tempo. Chi giungerà prima alla verità: l’investigatore o il profiler? Ma siamo sicuri che, alla fine di tutto, ci sia un’unica verità, oppure potrebbero aprirsi più finali, e, conseguentemente, più verità, in un plot che è esso stesso un labirinto? Lo stesso spettaroe viene quasi invitato a partecipare al gioco, dato che, in fondo, il labirinto che imprigiona la protagonista è dentro la sua mente.

Carrisi, nelle note di regia e nella conferenza stampa, ha evidenziato che, fin dai tempi di Agatha Christie, l’autore di un thriller ingaggia una sfida con il lettore: sarà in grado di celare fino all’ultima pagina il colpo di scena che risolve il mistero? Egli, però, dovrà fornire al lettore tutti gli elementi per giungere da solo alla soluzione, anche prima del tempo. Potrà usare inganni o sotterfugi, ma la verità dovrà essere sempre davanti agli occhi di chi legge – opportunamente occultata, si intende. Ed essendo Carrisi contemporaneamente regista e scrittore, ha ammesso che il suo scopo è sempre stato quello di scrivere romanzi che sembrano dei film e, insieme, realizzare film che assomiglino a romanzi.

Ne «L’uomo del Labirinto» l’invisibile è importante almeno quanto ciò che si vede. Questa dimensione del racconto è costituita di linguaggi subliminali e di trappole per l’inconscio, in cui il pubblico non sarà semplicemente “spettatore”: verrà coinvolto, compromesso e, a volte, sarà anche complice.

All'investigatore Genko mancavano due mesi di vita: ma sono scaduti proprio nel momento in cui è riapparsa la ragazza, sicché in questo supplemento di vita – che non sa se sia un regalo o un dispetto – decide di indagare proprio un vecchio caso che non ha mai portato a termine. La sua è una discesa agli inferi, dove si scorgono molti richiami all’opera di Dante Alighieri.

Ad esempio l'Ufficio persone scomparse della città indeterminata in cui è ambientato il film (girato a Roma, ma con ben pochi squarci che lascino indovinare la città) si chiama Limbo: gli scomparsi sono sospesi fra la vita e la morte: non sapendo dove sono e che cosa gli è accaduto, le loro anime rimangono prigioniere del dubbio. Non hanno diritto al Paradiso e nemmeno all’Inferno o al Purgatorio.

C’è il girone dei Lussuriosi: l’unico affetto di Genko è una prostituta albina, Linda (Caterina Shulha), un demone gentile predestinato a essere una vittima innocente. Cerbero è la vecchia custode di una casa famiglia abbandonata nel cui sotterraneo si nasconde un terribile segreto.

C’è una palude – lo Stige – e uno strano locale in cui Genko si addentra fra iracondi e accidiosi per incontrare un giovane che porta su di sé i segni del fuoco sotto forma di cicatrici deturpanti: un novello Flegias. La casa di Genko stesso è un girone infernale: quello degli avari. L’investigatore privato non possiede nulla: non ci sono mobili, né fotografie, nessun ricordo della vita che sta per abbandonare. In fondo Genko si è sempre occupato di “recupero crediti”: il solo scopo della sua esistenza è stato la meschina ricerca del denaro altrui.

Nel sesto cerchio – quello degli eretici – c’è un uomo con una benda su un occhio: un esperto di fumetti, un adoratore di falsi idoli – supereroi e affini. C’è anche un Minotauro: la creatura zoomorfa però è un uomo con la testa di coniglio e gli occhi rossi a forma di cuore. Egli è uscito dal settimo cerchio, quello dei violenti: la tana nauseabonda di un vecchio e, apparentemente innocuo, sacrestano.

Infine, l’ottavo cerchio è quello dei fraudolenti. Il Labirinto. Un luogo pieno di trappole e di inganni, abitato dal peggiore dei mostri: quello che vive nella nostra mente: infatti è soprattutto un thriller psicologico: Samantha Andretti, per sopravvivere, è chiamata ad affrontare tutta una serie di prove durante il suo rapimento. Ed è costretta a vivere in un luogo buio privo di specchi.

Lo stesso regista confessa che l’idea gli è stata data da un caso di cronaca avvenuto in Argentina. Anche allora il rapitore aveva tolto gli specchi dal luogo dove era segregata la sua vittima. Il tribunale lo ha considerato un'aggravante, una sorta di tortura. E l'Argentina richiama irresistibilmente Jorge Luis Borges, che ai temi del labirinto e degli specchi ha dedicato innumerevoli racconti e poesie. E oltre a Borges è ovviamente presente pure Franz Kafka: al giorno d’oggi possiamo sopravvivere senza specchi, noi che siamo vittime di una società dove tutto è riflesso ed è il riflesso di qualcosa? Ma non sono gli unici riferimenti: le citazioni e le allusioni abbondano: da David Lynch ai grandi thriller degli anni ‘90 come The Game, Seven, I soliti sospetti o Il silenzio degli innocenti, tutti film presenti sottotraccia.

L'idea dell’uomo con la maschera da coniglio dipende dal fatto che durante la sua infanzia, era terrorizzato dal coniglio di Alice nel Paese delle Meraviglie nella trasposizione di Disney: «Un horror che mi ha rovinato l’infanzia». È nata così una figura inquietante, che ricorda un po’ Donnie Darko. Alice in fondo è un vero e proprio horror che oggi la Disney non farebbe più, e anche da un film come Harvey, che era molto inquietante». Anche il nome dell'investigatore potrebbe per taluni rimandare all'ispettore Ginko del fumetto Diabolik. Né si può trascurare un'allusione a una scena di Batman. The Dark Knight, quando l'ispettore tenta di risalire da una trappola sotterranea, simile alla grotta in cui era imprigionato il supereroe con il costume da pipistrello e che a sua volta ricordava la caverna platonica.

Pubblicato in: 
GN1 Anno XII 3 novembre 2019
Scheda
Titolo completo: 

L'uomo del labirinto

Lingua originale:   italiano
Paese di produzione: Italia
Anno:    2019
Durata:    130 minuti
Genere:    thriller
Regia:    Donato Carrisi
Soggetto:    Donato Carrisi
Sceneggiatura:    Donato Carrisi
Produttore:    Maurizio Totti, Alessandro Usai
Casa di produzione:   Gavila, Colorado Film
Distribuzione in italiano:    Medusa Distribuzione
Musiche:   Vito Lo Re
 

Interpreti e personaggi

Toni Servillo: Bruno Genko
Dustin Hoffman: dottor Green
Valentina Bellè: Samantha Andretti
Vinicio Marchioni: Simon Berish
Luis Gnecco: Mordecai Lumann
Stefano Rossi Giordani: ragazzo cicatrice
Riccardo Cicogna: Paul Macinsky
Caterina Shulha: Linda
Orlando Cinque: Bauer