Maggio Musicale Fiorentino. Il pianeta Tristan. Seconda parte

Articolo di: 
Teo Orlando e Livia Bidoli
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Un’enorme sfera si illumina come a far presagire un altro mondo che verrà, mentre lenta cade la sabbia da una clessidra di un tempo vergine e caduco: sul palcoscenico la tragedia romantica dell'Azione “interiore” (Handlung, il sottotitolo originale) di Wagner irrompe per l'apertura del Maggio Musicale Fiorentino dal 30 aprile all'11 maggio, dopo 25 anni dall'ultima rappresentazione – era il 1999 –, ed ancora con Zubin Mehta alla bacchetta, insieme all'Orchestra del Maggio; Stefano Poda è alla regia di questa onirica rivisitazione magica, come se provenisse da un pianeta sconosciuto e avverso. Questa è la seconda parte dell'approfondimento che riguarda il Terzo Atto.

All’inizio del terzo atto troviamo Kurwenal, che ha riportato Tristano al castello di Kareol, dopo il ferimento da parte di Melot e la condanna di Re Marke contro i due amanti. Un pastore intona con la sua cornamusa (in realtà nell’orchestra si tratta del corno inglese) una melodia triste, chiedendo se Tristano è sveglio e cosciente. Kurwenal risponde che soltanto l’arrivo di Isotta potrà salvarlo; il pastore si offre di vegliare e intonerà una melodia gioiosa per segnalare l’arrivo di ogni nave.

Qui l’eroe nel delirio della febbre rivive le tappe della sua vita e il suo amore per Isotta; lamenta il suo destino, pensando di trovarsi nel falso regno della luce, e sentendosi in realtà sospinto da un desiderio incessante e inestinguibile: quello per la morte redentrice, che si fa sempre più ardente, al punto tale da sperare che essa gli venga portata da Isotta, che diventerebbe guaritrice e apportatrice di morte nello stesso tempo.

Più volte egli crede di riconoscere una nave (quella che Kurwenal aveva inviato a Isotta) ma è ingannato da allucinazioni, sicché maledice la pozione d'amore e il suo destino (“verflucht sei, furchtbarer Trank!” – “tu sia maledetta, terribile pozione!”): né riesce a vedere Isotta, né può morire. Quando meno se lo aspettava, è annunciato l'arrivo della nave di Isotta. Ma proprio mentre quest’ultima si precipita da lui, Tristano strappa le bende dalle sue ferite e muore tra le braccia di lei, con il suo nome sulle labbra.

Arriva una seconda nave da cui sbarcano Marke, Melot e Brangäne, con intenzioni palesemente ostili. Kurwenal si oppone ai presunti invasori ma viene ferito mortalmente nel corso della battaglia, dopo aver ucciso Melot. Marke deplora i morti, perché è venuto non per separare Tristano ed Isotta, bensì per unirli in un definitivo suggello d’amore, avendo saputo del filtro da Brangäne. Isotta precipita nell’abisso della morte con una visione in cui vede sé stessa privata dell’anima e riunita con Tristano, sul suo cadavere.

“In dem wogenden Schwall, in dem tönenden Schall, in des Welt-Atems wehendem All – „ertrinken, versinken, unbewusst – höchste Lust!“ “Nel flusso ondeggiante, nell'armonia risonante, nello spirante universo del respiro del mondo - annegare, inabissarmi, senza coscienza, suprema voluttà!”

Sono le ultime parole di Isotta, intonate su una musica che è stata composta “per il carro per il regno dei cieli”, come si espresse il pittore Franz von Lenbach. La melodia finale, che viene solitamente indicata come “La morte d'amore di Isotta” (Isoldes Liebestod), venne in realtà da Wagner stesso chiamata la “Trasfigurazione di Isotta” (Isoldes Verklärung). Come ha osservato Quirino Principe, “quando alla fine del III atto Isolde si estingue in musica, la musica si estingue in lei”.

L’inabissarsi “senza coscienza” di Isotta trova perfettamente riscontro nella tessitura sonora, come aveva acutamente intuito Friedrich Nietzsche, per il quale i personaggi qui sono costantemente accompagnati da “relazioni musicali inconsce”. Il filosofo tedesco, nella Nascita della tragedia, si domanda, retoricamente, se sia possibile immaginare “un uomo che sia in grado di ascoltare il terzo atto di Tristano e Isotta privo dei sussidi di parole e immagini, puramente come un immenso movimento sinfonico, senza esalare l'ultimo respiro sotto la spasmodica tensione di tutte le ali dell'anima”.

Ascoltare la musica wagneriana equivale ad  avvicinare “l'orecchio, per così dire, al ventricolo del cuore della volontà universale”; ma l’effetto potrebbe essere deleterio, perché chi sentisse riversarsi “in tutte le vene del mondo, come un fiume fragoroso o come un delicatissimo ruscello spruzzante, la furiosa brama d'esistenza, non si spezzerebbe forse immediatamente? Sopporterebbe di percepire nel misero involucro vitreo dell'individualità umana l'eco degli innumerevoli gridi di gioia e di dolore che provengono dall'«ampio spazio della notte dei mondi», senza rifugiarsi inarrestabilmente, in questa danza pastorale della metafisica, nella sua patria originaria?” (Ibid).

Si tratta di temi di origine schopenhaueriana, autore caro sia a Wagner, sia allo stesso Nietzsche. E del resto Wagner aveva letto con entusiasmo Die Welt als Wille und Vorstellung (Il mondo come volontà e rappresentazione), il capolavoro schopenhaueriano, dietro consiglio dell’amico Georg Herwegh, nel 1854. L’influenza delle idee di Schopenhauer è particolarmente evidente nel secondo atto, dove Wagner usa la metafora del giorno e della notte per designare i mondi abitati da Tristano ed Isotta (il primo corrisponde in realtà alla falsità e all’apparenza del mondo fenomenico, il velo di Maya della tradizione orientale; il secondo corrisponde alla realtà autentica, al mondo noumenico, in cui i due amanti potranno rimanere uniti per l’eternità e i loro desideri potranno essere appagati per sempre, ma che potrà essere attinto solo dopo la loro morte).

E nel terzo atto, Tristano spesso si scaglia contro la luce del giorno, anelando alla liberazione dai suoi desideri: per Schopenhauer, infatti, una delle maniere per raggiungere la pace interiore, coincidente con la liberazione dalla volontà, è rinunciare ai propri desideri, come lo stesso Wagner metterà ancora più in luce nel Parsifal (al punto che avrebbe voluto che l’atto terzo si concludesse con l’incontro fra Tristano e Parsifal, idea che però rigettò nella redazione finale dell’opera).

Lo schopenhauerismo di Wagner, secondo Nietzsche, qui trova un perfetto compimento per il fatto che la totalità dell’opera riesce ad attingere l’universale senza negare l'esistenza individuale, e senza che la creazione rischi di distruggere il suo creatore. La musica non si limita a rappresentare i due amanti, ma diventa loro stessi. La musica è qui simbolo dell’universalità, non del principio di individuazione che ci consegna a un’esistenza di dolore e sofferenza.

Il mito e l'eroe tragici, in quanto simboli dei fatti più universali, di cui solo la musica può parlare direttamente, riescono a fondere mirabilmente lo spirito apollineo e quello dionisiaco, categorie con cui Nietzsche interpretava l’essenza della tragedia, non solo di quella greca: la forza apollinea, volta a ripristinare l'individuo quasi frantumato dall’ebbrezza dionisiaca, funge quasi da balsamo salutare che ci immerge in un inganno estatico nel quale vediamo Tristano, ferito a morte con il suo grido pieno di disperazione: “Anelare, anelare! Morendo anelare, di non morire di struggimento!” (“Sehnen! Sehnen!/Im Sterben mich zu sehnen,/vor Sehnsucht nicht zu sterben!”).

Noi ascoltatori siamo messi al riparo dalla forza irrefrenabile della volontà inconscia grazie all’inganno apollineo, che si esprime sia attraverso la musica, sia attraverso il pensiero e la parola. Un altro tema schopenhaueriano è quello della compassione, espresso all’inizio del Terzo atto dal suono tripudiante del corno, che, dopo l’eccesso e la sovrabbondanza dei tormenti, ci salva dal dolore primordiale del mondo, ponendosi “sopra il limite tra il nulla e il qualcosa”, come dirà efficacemente Theodor W. Adorno.

Marcel Proust, in un episodio de La recherche du temps perdu, La prisonnière, evoca il Tristan und Isolde, alludendo alle inesauribili ripetizioni da cui è caratterizzato. Oltre che al Preludio, descritto come uno dei più grandi e distintivi ornamenti dell’anima umana che tende al futuro, si sofferma altresì sul lamento del pastore con il corno inglese del terzo atto. Per Proust, la musica di Wagner lo aiutava a “discendere in sé stesso, a scoprirvi quel che c’è di nuovo: la varietà che avevo invano cercata nella vita, nel viaggio, di cui tuttavia mi era data la nostalgia attraverso questo flusso sonoro che faceva morire queste onde soleggiate accanto a me”. Echi simili si riscontrano – ha osservato Quirino Principe – in The Fall of the House of Usher di Edgar Allan Poe, dove uno dei libri prediletti da Roderick Usher è un poema, forse immaginario, The Mad Trist (La follia di Tristano). E parimenti Thomas Mann, nel romanzo breve Tristano, pur rileggendo quasi in chiave parodistica il mito caro a Wagner, stigmatizzando il culto estetizzante e decadente per il compositore tedesco e per il binomio amore e morte, distingue il vero significato estetico dall’estetismo amorale che spesso viene connesso all’opera.

La regia, a cura di Stefano Poda, si è distinta soprattutto per il sapiente gioco delle luci, al punto tale che in alcuni casi esse sovrastavano gli stessi attori/cantanti, rimasti nella penombra e in una immobilità a cui faceva riscontro la pioggia di riso che calava dal soffitto, quasi una sorta di clessidra che inesorabile scandiva lo scorrere del tempo (e che evoca anche i famosi versi pronunciati da Prospero in The Tempest di William Shakespeare: "What sees thou else / In the dark backward and abyss of time?" - "Che cos'altro vedi/Nella nera schiena e abisso del tempo?").

Nel terzo atto l'effetto è particolarmente cupo e macabro, perché la sabbia/riso si sparge su una desolata landa coperta di cadaveri quasi alla deriva. Notevole anche la pedana che ondeggia come se fosse una vera nave e che ben si sposa con l'ascesi mistico-erotica di Isotta che si annulla nella sua passione d'amore.

Una Isotta ben interpretata da Lioba Braun nello splendido finale, anche se il Terzo atto vede al centro Tristano, con un convincente Torsten Kerl che dà fondo a tutte le sue risorse vocali, ben accompagnato da un'orchestra smagliante, diretta da Zubin Mehta, a cui il pubblico tributa quasi una standing ovation.

Pubblicato in: 
GN27 Anno VI 22 maggio 2014
Scheda
Titolo completo: 

Festival del Maggio Musicale Fiorentino
Inaugurazione 30 aprile 2014
fino all'11 maggio 
Firenze - Teatro Comunale

Tristan und Isolde
Azione in tre atti - Handlung
Musica e libretto di RICHARD WAGNER
Edizione: Edwin F. Kalmus & Co. Inc., Boca Raton, Florida
dal 30 aprile all'11 maggio 2014
Nuovo allestimento

Direttore ZUBIN MEHTA
Regia, scene, costumi, luci, coreografia STEFANO PODA
Drammaturgo e assistente regia, scene, costumi, luci, coreografia
PAOLO GIANI
Maestro del coro Lorenzo Fratini

ORCHESTRA E CORO DEL MAGGIO MUSICALE FIORENTINO

Tristan Torsten Kerl
Isolde Lioba Braun
Kurwenal Martin Gantner /Juha Uusitalo (7,11)
König Marke Stephen Milling
Brangäne Julia Rutigliano
Melot Kurt Azesberger
Ein Hirt / Ein Junger Seemann Gregory Warren
Ein Steuermann Italo Proferisce