Man in the Dark. Un thriller all'ultimo respiro

Articolo di: 
Dario Pisano
Man in the Dark

Nell'estate ormai declinante, ho il grande piacere di segnalare agli amanti del genere thriller un film verso il quale il primo – unico – aggettivo che sale alle labbra è questo: perfetto. Si tratta di Man in the Dark (curiosamente la versione italiana ha un titolo in inglese diverso da quello originale, Don’t Breathe), prodotto da Sam Raimi e diretto da Fede Alvarez.

Mi trovo così a dover gestire il felice imbarazzo di commentare un film di assoluta perfezione, che lascia nel critico la soddisfazione di un amante di tessuti che si trovi a maneggiare un tessuto di altissima qualità sartoriale, di taglio ineccepibile, che ovunque lo si rigiri mostra cuciture di perfezione millimetrica.

La storia è questa: nella sonnolente Detroit tre giovani (Jane Levy, Dylan Minnette e Daniel Zovatto) – più annoiati che avidi – passano il tempo a svaligiare appartamenti e a dividersi il bottino. Visitati dal desiderio di fare un colpo memorabile, puntano un anonimo villino abitato da un veterano della Guerra del golfo particolarmente vulnerabile (Stephen Lang). Costui è non vedente e condivide la sua dimora con un cane piuttosto aggressivo.

L'appetibilità di quella casa è legata al fatto che in essa è custodito un tesoro in contanti: si tratta della cifra, estremamente cospicua, che la famiglia della ragazza che ha investito e ucciso la figlia dell'inaccostabile proprietario gli ha versato come risarcimento danni.

I tre giovani pianificano la rapina e decidono, una notte, di introdursi nella casa (debitamente equipaggiati di strumenti scassaserrature). Purtroppo la fortuna volge loro le spalle e li lascia in balìa di un pericoloso criminale che, pur non vedente, è molto ben armato.

Il regista, Fede Alvarez, dopo aver girato qualche anno fa il remake (deludente) de La casa ci consegna un prodotto che dimostra ancora una volta quanto il soggetto e la qualità della sceneggiatura siano più importanti del budget investito. Il rapporto tra l'impegno economico profuso e le percentuali di successo non è sempre direttamente proporzionale, anzi. Se mi è consentita un'umile metafora culinaria, una cucina arredata di forni, pentole e padelle ultrasofisticati non redime l'infima qualità degli ingredienti impiegati. Ci sono cose che non si possono comprare: per esempio saper scrivere un film.

La narrazione incalzante non sbaglia un colpo, riuscendo così a rigenerare continuamente la tensione nello spettatore. Il dosaggio delle scene cruente è tutto sommato parsimonioso, nella consapevolezza che la paura è un'emozione che va indotta per vie subliminali.

Certo è che la qualità del film è il prodotto non solo di un'ottima sceneggiatura, ma, come è ovvio, in larga percentuale della buonissima interpretazione della vittima (vittima che si trasforma in carnefice) della rapina, interpretato da Stephen Lang.

Costui è quasi taciturno (ottima la scelta di fargli pronunciare poche battute in tutto il film, quasi fosse l'incarnazione di un'ira muta, oltreché cieca), che insegue i malcapitati intrappolati nella sua casa–labirinto degli orrori.

Niente derive sentimentalistiche (troppo spesso le riscontriamo in film di questo genere), niente eufemismi, niente moralismi, niente divagazioni; al contrario, pochissimi personaggi, pochi ambienti, dialoghi ridotti al minimo. Per fare un gran film bastano pochi ingredienti, quelli giusti.
 

Pubblicato in: 
GN38 Anno VIII 2-9 settembre 2016
Scheda
Titolo completo: 

Man in the Dark (originale: Don't Breathe)
Regia:    Fede Alvarez
Produttori: Sam Raimi, Robert Tapert, Fede Alvarez
Sceneggiatura: Fede Alvarez, Rodo Sayagues
Attori: Jane Levy, Dylan Minnette, Daniel Zovatto, Stephen Lang
Musica: Roque Baños

Uscita nelle sale in Italia: 8 settembre 2016

Distribuzione: Warner Bros Italia

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