La maschera dell'Africa di V.S. Naipaul. Il richiamo atavico della natura

Articolo di: 
Emanuele Amoroso
Naipaul

Nei sei, asciutti ma articolati capitoli de La maschera dell'Africa (Milano, Adelphi, 2010), Vidiadhar Surajprasad Naipaul attraversa il continente africano alla ricerca delle origini di quei culti che per millenni hanno caratterizzato e segnato i popoli e le tribù locali.

Non è il classico libro dedicato alle sensazioni indelebili lasciate da un lungo soggiorno in mezzo a terre che altri scrittori ci hanno descritto come indimenticabili e che segnano per sempre. Qui c'è un'angosciata, affannosa, dubbiosa, perplessa ricerca, sorretta da una spinta culturale ed antropologica incessante, la cui volontà è di riuscire a scavare in quello zoccolo duro di religiosità ancestrale che ancora oggi innerva la vita quotidiana del cittadino africano.

Accanto ad essa si sviluppano le chiese di derivazione europea, suddivise però in altrettante sette, quasi a poter coprire quel coacervo di credenze popolari cui molti ancor oggi non riescono a sottrarsi. Vi è così la descrizione delle lunghe strade polverose che collegano città costruite a ridosso delle immense foreste o in mezzo a quegli spazi boscosi visti ancor oggi come ambito privilegiato per la residenza di forze, di energie cui rivolgersi in ogni istante della propria esistenza.

Non è solo un rincorrere quindi quel richiamo atavico della natura e delle sue straordinarie e spesso sconcertanti manifestazioni, ma anche un delineare quanto di macabro, agli occhi nostri, è insito in quel complesso rituale di offerte e sacrifici animali mai del tutto distaccato dall'essere abitante del continente Africa. E parimenti le abitazioni dei vari stregoni o le regge dei monarchi o dei primi ministri sono avvolte in un clima di sogno e di sberleffo che, in pochi brevi tratti, riesce a rendere chiaro di quanta suggestione della ricchezza o della potenza ci si cibi ancor oggi.

Cercando di ricollegare tutti i fili di un discorso molto più ampio, spesso sin troppo privato ed intimo, Naipaul si interroga su quale possa essere il futuro non solo di quanti vivono nei centri più sviluppati, o vogliosi di sviluppo, ma soprattutto di quanti vedono le contraddizioni insite in una vita che strizza l'occhio, forse con minor convinzione di quanto si voglia pensare, agli emblemi ed agi occidentali, pur essendo ancora adagiata sul cuscino ampio, morbido e inebriante della tradizione atavica.

Come da copione, è il Sudafrica a scuotere con vigore l'animo dello scrittore, attento a non lasciarsi coinvolgere in eccesso dal mito, peraltro giustificatissimo, di Nelson Mandela, ma curioso nel voler intrecciare a tale straordinaria forza umana l'incipit del percorso di Gandhi.

L'Africa di Naipaul è così un continente in perenne ricerca di figure dalle quali promanano un'energia devastante, strabordante, alle quali affidare i propri avvenimenti quotidiani e dalle quali trarre sostegno nell'affrontare un'esistenza sin troppo segnata dagli eccessi dei capovolgimenti politici e sociali cui, spesso, siamo solo muti ed indifferenti testimoni.

Pubblicato in: 
GN40 Anno III 21 febbraio 2011
Scheda
Autore: 
Vidiadhar Surajprasad Naipaul
Titolo completo: 

La maschera dell'Africa: immagini della religiosita africana, traduzione di Adriana Bottini, Milano, Adelphi, 2010, pp. 289.

Titolo originale: The Masque of Africa: Glimpses of African Belief, London, Picador, 2010, pp. 256.

Anno: 
2010