Maurizio Molinari. L'Italia tra populismo e globalizzazione

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
Maurizio Molinari

Nel linguaggio politico contemporaneo vi sono termini che con grande frequenza vengono adoperati per descrivere un cambiamento profondo che vivono i sistemi politici europei e di altre parti del mondo, quali populismo e sovranismo. Maurizio Molinari, già in passato corrispondente per la Stampa dagli Stati Uniti, e oggi autorevole direttore del medesimo quotidiano di Torino, per capire in quale misura il fenomeno del populismo abbia attecchito in Italia, portando i suoi esponenti al governo del  Paese, ha scritto un saggio bello e denso di analisi acute intitolato Perché è successo qui, edito dalla casa editrice la Nave di Teseo.

Il libro è il risultato di un lungo viaggio che l’autore ha compiuto nel nostro Paese, per raccontare le posizioni politiche maturate nella maggioranza della pubblica opinione, per effetto delle quali gli italiani hanno consegnato la sorte della nostra nazione al primo governo populista dell’Europa occidentale. Il processo della globalizzazione, ineluttabile e inarrestabile, ha generato conflitti e ferite. Con il voto del 4 marzo del 2018 gli italiani non hanno esitato a travolgere i leader e i partiti della prima e della seconda repubblica.

Questo voto, di rivolta verso l’establishment, ha dimostrato che i partiti tradizionali di centro, di destra e sinistra in Italia non sono riusciti a capire e a comprendere quanto diffuso e ramificato fosse il sentimento di disagio, che ha investito il ceto medio e parte della borghesia italiana. All’autore, che nel suo libro racconta quanto ha visto e constatato di persona ed è animato dal proposito di svelare le verità scomode, appare evidente che vi sono alcune ferite che hanno indebolito il nostro Paese e la maggioranza dei suoi cittadini.

Le ferite per Maurizio Molinari – e a ciascuna di esse nel libro è dedicata un'analisi precisa e puntuale – sono le gravi e intollerabili diseguaglianze economiche, la diffusa e tollerata corruzione ad ogni livello della vita pubblica, i problemi di sicurezza provocati dal fenomeno nuovo ed impetuoso per il nostro Paese connesso agli arrivi in massa degli immigrati. Queste tre ferite, descritte in modo accurato nel saggio, sono all’origine di un'ondata di disagio e malcontento che i partiti tradizionali non hanno saputo né cogliere né individuare con lucidità e capacità di giudizio. Vi  è una singolare forma di affinità tra la rivolta contro l’establishment, ritenuto responsabile della perdita di fiducia nel futuro e dei problemi irrisolti, e la fascinazione inquietante verso leadership autoritarie come quella incarnata dal presidente Putin in Russia e da Erdogan in Turchia.

A proposito dei caratteri  e dell'essenza del sovranismo, in nome del quale alcuni leader sono convinti che sia possibile restaurare la sovranità delle piccole patrie su base etnica per proteggere i cittadini dai conflitti e dalla competizione generati dalla globalizzazione, Molinari lucidamente delinea una distinzione tra il nazionalismo e quanto accade nel nostro tempo. Alla fine dell’Ottocento, in Europa, il culto quasi religioso del nazionalismo portò alla nascita della maggioranza degli stati contemporanei, mentre il sovranismo odierno, che vuole restaurare la sovranità perduta a causa della globalizzazione, con i dazi e l'idea di edificare confini e muri, rischia di produrre l'eclisse del multilateralismo, che ha garantito un equilibrio geopolitico irrinunciabile.

Per l’autore di questo importante saggio nel nostro tempo sta prevalendo l'idea distruttiva della disgregazione, che rischia di minare e annientare la concezione politica si cui si basa l’Unione Europea. Occorre ricordare che il primo leader occidentale ad aver parlato con accenti di verità delle diseguaglianze e del dolore del popolo nel 2012 fu Barack Obama. Diversamente la rivolta del popolo, oppresso dal disagio economico ed impaurito dal futuro, premiò Donald Trump, nel corso delle primarie e prima che uscisse vittorioso dalle elezioni presidenziali degli Usa, poiché con un linguaggio semplice e diretto seppe incarnare l'idea del rigetto dell’establishment del suo Paese. Sia il crollo del muro di Berlino, sia la vittoria delle democrazie occidentali, a conclusione della guerra fredda, hanno permesso con l’abbattimento della barriere commerciali la delocalizzazione delle piccole e medie imprese in estremo oriente, in sud America, in Asia e nel Baltico.

Con la globalizzazione muta la struttura profonda della economia occidentale e del lavoro. Per l’economista Swati Dhingra, della London School of Economics, per scongiurare l’impoverimento del ceto medio, alla origine della rivolta contro l’establishment, bisogna adattare la forza lavoro nelle manifatture alle nuove tecnologie. In particolare l’autore con grande intelligenza nota che le diseguaglianze hanno caratteri differenti e volti geograficamente diversi in Italia.

Al sud gli abitanti pensano che la disoccupazione e la povertà dipendano dalla mafia, dalla corruzione e dallo sfruttamento della forza lavoro. Al nord, diversamente, la pubblica opinione più avvertita ritiene che le debolezze strutturali del nostro Paese siano dovute alle tasse troppo alte, alla burocrazia inefficiente e oppressiva, ai servizi pubblici insufficienti. Questo libro, un saggio di grande rilievo intellettuale, aiuta a capire quanto sta accadendo nella vita pubblica italiana e quali sono le sfide che la classe dirigente dovrà affrontare nei prossimi anni.

Pubblicato in: 
GN16 Anno IX 25 febbraio - 4 marzo 2019
Scheda
Autore: 
Maurizio Molinari
Titolo completo: 

Perché è successo qui. Viaggio all'origine del populismo italiano che scuote l'Europa, Milano, La Nave di Teseo, 2018. Pp. 122. Euro 17,00.