Monaco. Crippled Black Phoenix tra echi prog e post-rock

Articolo di: 
Teo Orlando
Crippled Black Phoenix

In un complesso edilizio destinato in gran parte ai reparti dei vigili del fuoco, il Feierwerk di Monaco di Baviera, si annida un locale stile pub fumoso, dove si avvicendano gruppi indie-rock, cantautori di culto e band innovative e sperimentali. Tra queste, il 21 ottobre 2012 si sono esibiti i Crippled Black Phoenix, uno dei più significativi gruppi della galassia neoprogressive e post rock degli ultimi anni.

Fondati a Bristol nel 2004, la critica li considera una sorta di “supergruppo”, intendendo con ciò il fatto che molti dei membri – cambiati spesso nel corso degli anni  - provengono da altre bands, come i Mogwai, gli Iron Monkey, gli Electric Wizard e i Portishead. Il vero mastermind del gruppo rimane Justin Greaves, polistrumentista e creatore, con Dominic Aitchison, del peculiare sound, da lui stesso definito come tendente alle endtime ballads, intendendo con quest’espressione sia la natura un po’ lugubre e spettrale di molti pezzi, sia il fatto che si pongano come una sorta di stadio finale dell’evoluzione del rock. E in effetti, come questo tour (denominato Long Live Independence Tour, nel quale presentano ben due dischi usciti nel 2012, ossia [Mankind] The Crafty Ape e No Sadness Or Farewell) ha dimostrato, i Crippled Black Phoenix si pongono all’intersezione di vari stili, dal progressive classico al doom metal, dallo stoner prog al post rock, dalla psichedelia al freak folk.

Già, il primo pezzo, "Jonestown Martin", conferma le aspettative: comincia con degli epici riff metallici di chitarra che ricordano un po’ gli Opeth nella loro forma migliore, mentre si libra la voce di John E. Vistic, nuovo vocalist della band, con un look e uno stile del canto che ricordano irresistibilmente Nick Cave.

Segue "Troublemaker", da quello che a nostro parere rimane il loro capolavoro, I Vigilante (2007): le atmosfere si fanno sempre di più floydiane, e a tratti sembra di sentire David Gilmour cesellare la chitarra con il suo ineguagliabile tocco, mentre il canto diventa corale, simile a quello dei Pink Floyd del Live at Pompeii.

Nel pezzo successivo, "Fantastic Justice", le chitarre mordono con una diversa intensità e le tastiere, quasi neoclassiche, si uniscono a formare un ben diverso impasto sonoro, con echi sempre più evidenti dai Porcupine Tree e dal meglio dei Dream Theater. Anche la voce si avvicina di più a quella a cui siamo abituati ascoltando Steven Wilson, benché Vistic sembri avere come punti di riferimento, nel tenere la scena, dei vocalists di band post rock come Efrim Menuck dei Thee Silver Mt. Zion: del resto, l’ispirazione politica, come in questi ultimi, di molti dei loro brani è evidente; le copertine stesse, con la continua presenza di teste di lupo e di cani pastore tedeschi, evocano scontri sanguinosi tra i rappresentanti del genere umano e ricordano gli scenari dei film di Lars von Trier (eloquenti i seguenti versi: Truth's the first virtue in systems/Justice is trickery in my head./A terrible past situation, I never took heed of your leading mind – La verità è la prima virtù nei sistemi/La giustizia è una mistificazione nella mia testa/Una terribile situazione del passato, non ho mai prestato attenzione alla tua mente dominante).

The Heart of Every Country” è forse il brano più pinklfloydiano e neoprog dell’intera scaletta: comincia con accordi di tastiera ed effetti speciali che ricordano "A Saucerful of Secrets" (da Ummagumma), prosegue poi con arpeggi di chitarra che si inarcano sinuosamente e con episodi corali a metà tra gli ultimi Pink Floyd di The Division Bell e i Porcupine Tree di Fear of a Blank Planet: e dobbiamo dire che Greaves e soci non mostrano alcun complesso di inferiorità rispetto a tali mostri sacri, riuscendo perfettamente a cogliere lo spirito liricheggiante ed epico dei loro modelli.

Laying Traps” evoca insieme toni grunge e tocchi doom delle chitarre, con un incalzare rapido e combattivo, scandito dal potente lavoro delle batterie: potrebbe essere un mini-manifesto di una rinascita insieme del punk e del grunge nel XXI secolo. “Born In A Hurricane” si propone come un brano di stile molto diverso, quasi new wave, dove le chitarre si alternano ai fiati (qui il trombone suonato da Vistic), per suggerire effetti stranianti e dissonanze con i tempi dispari. In  “Release The Clowns” sono invece più evidenti gli echi dell’hard rock più classico, dai Led Zeppelin ai Deep Purple, ma reinterpretato con un piglio che richiama atmosfere da rock-blues anch’esso classico, dai Cream ai Blind Faith.

Segue una mirabile cover di "The Weeping Song" di Nick Cave, dove Vistic si mostra degno emulo del maestro, benché la canti con una voce stralunata che ricorda a tratti lo stile di David Tibet dei Current 93.

Nei pezzi successivi si assiste a una più netta virata post rock, con il tipico wall of sound che connota quel genere, a nostro parere una sorta di subgenere del progressive, con l'uso simultaneo di più strumenti che assumono quasi dimensioni da crescendo orchestrale. Lo si nota soprattutto in brani come "We Forgotten Who We Are" e "Burnt Reynolds".

Assolutamente sorprendente, tra i bis, una sorta di medley politicamente impegnato: si comincia con la mitica "The Partisan" di Anna Marly e Emmanuel d'Astier de la Vigerie, diventata celebre grazie all’ineguagliabile interpretazione di Leonard Cohen, si prosegue con "Bella Ciao" e si conclude con "El Pueblo Unido" degli Inti Illimani.

Il tempo ci dirà se i Crippled Black Phoenix diventeranno i Pink Floyd del XXI secolo: per ora siamo di fronte a una realtà potentemente innovativa e musicalmente convincente, dove le disparate influenze si traducono in un eclettismo creativo che non teme confronti neppure di fronte a blasonate band che riempiono gli stadi, mentre il gruppo di Greaves riesce, purtroppo, a convogliare non più di 200 ascoltatori a serata.

Pubblicato in: 
GN1 Anno V 3 novembre 2012
Scheda
Titolo completo: 

Crippled Black Phoenix
domenica 21 ottobre 2012
Monaco di Baviera (Germania) - Feierwerk
Hansastraße 39

Setlist
Jonestown Martin
Troublemaker
Fantastic Justice
The Heart of Every Country
The Brain / Poznan
Laying Traps
Born in a Hurricane
Release the Clowns
Hold on (So Goodbye To All of That)
The Weeping Song (Nick Cave cover)
Onward Ever Downwards
Human Nature Dictates the Downfall of Humans
Long Live Independence
444
How We Rock
Rise Up and Fight
We Forgotten Who We Are
Burnt Reynolds

Encore
Burnt Reynolds / Reprise
The Partisan/Bella Ciao/El Pueblo Unido
Maniac Beast