Monaco. Gergiev Šostakovič. Il monolite della Rivoluzione

Articolo di: 
Livia Bidoli
Valerij Gergiev

Uno spettacolare risalto per Šostakovič, l’esecuzione tra 2011 e 2012, con Gergiev sul podio, delle sinfonie al completo del grande compositore russo del Novecento, ribelle censurato e allo stesso tempo grande idealista di una rivoluzione per cui lui stesso ha combattuto finché i germi del totalitarismo non la annichilirono del tutto. A Monaco di Baviera, con l’Orchestra ed il Coro del Teatro Marinskij, Valerij Gergiev, alla Philharmonie nel Gasteig, per dettare le note e instillare quel vigore tipicamente russo alla Seconda, alla Terza e alla Tredicesima Sinfonia, la dolente Babi Yar, lo scorso 24 marzo 2012.

Un’avventura iniziata il 2 novembre 2011 con i Münchner Philharmoniker che si alterneranno con l’Orchestra di Gergiev del Teatro Marinskij di San Pietroburgo fino al 19 luglio prossimo, per portare a termine un’opera che finalmente dà il giusto risalto ad uno dei più grandi sinfonici del secolo scorso, Dmitrij Dmitrievich Šostakovič. Un compositore che ha saputo infondere nella propria musica le avanguardie, lo sperimentalismo, la coscienza di una grande patria, che ha inondato la tessitura musicale delle sue composizioni, reclamandone l’augusta e universale portata.

Un progetto quindi che non ci limiteremo a lodare, ma sui cui ci soffermiamo con la riflessione sulla portata della partitura, a cominciare dal programma della serata, che coinvolge la Sinfonia n. 2 in si maggiore op.12, sottotitolata “A Ottobre” e dedicata alla Rivoluzione d’Ottobre: scritta nel 1927, incamera una potenza, tutta fondata sulle elaborazioni più recenti (Stravinskij, Hindemith, Berg), che noteremo anche nella sua opera tratta da Gogol’, Il Naso (1930).

All’attacco profondo, patetico, e sussurrato di Gergiev, si sente il suono come in lontananza: appare ai nostri occhi il monolito di Kubrick, la nascita del mondo da una materia oscura che smorza il vigore dell’Orchestra per trattenere il suono nelle profondità. Gli archi gravi, in un caos polifonico, si evidenziano a testimoniare con le loro flessioni l’estrema scrittura cui Šostakovič s’ispira, la biomeccanica di Meyerchol’d e le 13 voci polifoniche, la cluster composition (Klangflächenmusik), che nel primo movimento, il Largo, esplodono letteralmente  per sfociare poi nell’episodio meditativo seguente in semiminima, dedicato ad un bambino morto sulla Prospettiva Nevskij (nelle parole di Šostakovič). Il terzo movimento è Poco meno mosso, Allegro molto che sfocia, in grande enfasi, sul Coro del titolo, “A Ottobre”, con un testo di Alexander Bezymensky in lode di Lenin e della Rivoluzione, dalla trama espressionistica, che la direzione mette in risalto, anche attraverso effetti di suono particolarmente vitali.

Insieme alla Terza sinfonia che segue, la Seconda, essendo vicina allo spirito trotskysta della Rivoluzione Permanente, è stata ampiamente osteggiata dal regime stalinista, perché opposta ai bolscevichi, e nonostante sia stata commissionata proprio da un bolscevico, ovvero Lev Shuglin. L’altra sinfonia che Šostakovič dedicò a Lenin fu la Dodicesima, quella sottotitolata “L’anno 1917” (1961). Su SACD la registrazione di Gergiev con la sua orchestra del 2010.

La Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore sottotitolata “Il primo di maggio”, con première a Mosca nel 1930, è anch’essa fondata su sperimentazioni che Šostakovič conduceva con grande attenzione, e si compone di quattro movimenti come la seconda, durando poco di più (circa 25-30 minuti). Il finale si compone su un testo di Semyon Isaakovich Kirsanov in lode di maggio e della Rivoluzione. Qui però siamo in uno spirito di lenta e serena ricomposizione, nonostante le virate parodiche e sardoniche la immergano in un clima tutt’altro che tranquillo, escluso l’inizio, di cui l’Orchestra del Marinskij con Gergiev, esalta limpidezza e trasparenza. Accordi vivacemente esposti vengono poi stretti in vicoli di struggenti note che sferzano dagli archi, perfettamente calibrati nelle entrate e nei legati. Marcette sarcastiche – tipiche del maestro russo –, tra guizzi e lazzi, sono inclusi in una trama musicale che tende a divenire superbamente struggente, avanzando da lande desolate e materiale che riconosceremo poi nei celebri quartetti. Vocazioni mahleriane e venature da Bartòk rendono emozionante la coloritura, anche quando prevale il ritmo. Le percussioni ridestano insieme agli ottoni per una coda tragica con un Coro invece rivolto ad un orizzonte possibile. La scrittura orchestrale è diretta magistralmente da Gergiev e l’Orchestra eccelle in questa esecuzione che coglie esattamente lo spirito della composizione, che Šostakovič ha sensibilmente elaborato.

La Sinfonia n. 13 in si bemolle maggiore, op.113, ovvero “Babi Yar”, una tragica elegia per un massacro di ebrei vicino a Kiev, il nome proviene dal burrone in cui si è verificato, durante la seconda guerra mondiale, nel 1941. Terminata la scrittura nel 1962, all’inizio fu chiamata da Šostakovič una “sinfonia corale” o  “ciclo di canzoni”, composto da cinque poesie del poeta russo Yevgeny Yevtushenko (1933, vivente), in vernacolo su vari aspetti della vita russa, ed in collaborazione con Šostakovič, trasformò le poesie per poter conferire rilevanza alle sferzanti critiche verso il regime. Tollerato da Nikita Sergeyevich Khrushchev (1894-1971), nel primo movimento, l’Adagio di Babi Yar,  il testo sottolinea l’antisemitismo in tutte le sue forme (citando espressamente l’Affaire Dreyfus, il pogrom di Bialystok e la storia di Anna Franck): in forma d’opera, si snoda in interludi cui conduce la voce del basso Michail Petrenko, che nei primi movimenti è particolarmente coinvolgente per voce ed interpretazione.

La sinfonia è corale da subito, dal respiro sinfonico pieno, la marcia parodica prende ovviamente in giro il regime stalinista per sfociare nel raccoglimento corale della sofferenza del popolo russo. Cita quasi Mahler in taluni passaggi, la Quarta sinfonia, ma il respiro è tipico di Šostakovič, ed i bei passaggi recitativi di Petrenko lo rendono appieno.

Il secondo movimento è intitolato Humour, un Allegretto, che cita la poesia di Robert BurnsMacPherson before his Execution”, nel tema della continua uccisione seguita dalla resurrezione: terribilmente feroce, da confrontare le marcette sardoniche con quelle della Settima, la Leningrado.

La terza sezione, Nei negozi, di nuovo un Adagio, è il rimprovero delle donne sovietiche contro il regime che fa mancare tutto, dal cibo alle coperte, una sorta di “lamento” in cui il Coro per l’unica volta, non è all’unisono, terminando in cadenza plagale, come un Amen. Il Largo che segue, Angoscia, è il più vario dei cinque movimenti, un’alternanza di episodi dolci e violenti, con accenni alla Quarta sinfonia (primo movimento) e con rimandi all’arresto di Babi Yar nel primo movimento. Il Coro che intona i versi “Le paure stanno scomparendo in Russia”, insieme ad un’ambiguità armonica di fondo, instillano un angoscioso senso di inquietudine che condurrà all’Allegretto finale di Carriera. Quest’ultimo inizia con un duetto pastorale, attaccando i burocrati con ironia cinica e finale satirico, come in altre opere del compositore, i quartetti, le sinfonia ottava e la quarta. Coro e basso cantano insieme mentre il fagotto commenta sarcastico insieme ad altri fiati: questo momento è estremamente languido e cullato nella lettura di Gergiev, inducendo le poche note a stemperarsi poi ambiguamente nella sensibile partecipazione dell'Orchestra.

Pubblicato in: 
GN20 Anno IV 26 marzo 2012
Scheda
Titolo completo: 

Monaco di Baviera, Philarmonie am Gasteig
Valerij Gergiev dirige Dmitrij Dmitrievich Šostakovič
Gergiev-Shostakovich
Sabato 24 Marzo 2012

Dmitrij Dmitrievich Šostakovič

Symphonie Nr. 2 H-Dur op.14 „Dem Oktober gewidmet“
Symphonie Nr. 3 Es-Dur op. 20 „Der 1. Mai“
Symphonie Nr. 13 b-Moll op. 113 „Babi Yar“

Mikhail Petrenko, Basso
Coro e Orchestra del  Teatro Mariinskij di San Pietroburgo