Napoli Mercadante. Tennessee Williams o della violenza circolare

Articolo di: 
Pietro Puca
Un tram che si chiama desiderio

La stagione teatrale del Teatro Stabile/Mercadante di Napoli ha proseguito col suo terzo appuntamento fino all'11 dicembre 2016 con Un tram che si chiama desiderio, un titolo imponente sia per l’argomento trattato (o, meglio, per il coacervo che in esso si ritrovano) che per la fama del suo autore, Tennessee Williams, il quale, unitamente al grande Arthur Miller si contende il podio di uno dei maggiori drammaturghi statunitensi del dopoguerra.

Ebbene, Un Tram chiamato Desiderio non è altro che l’indicazione di una sineddoche, di quella specifica figura retorica che identifica una parte con il tutto, e che in realtà molto di sfuggita, nelle velocissime battute di Blanche, indica il celeberrimo e popolare mezzo pubblico di trasporto destinato a condurre la protagonista a casa della sorella Stella; un mezzo popolare per gente umile in un povero quartiere che, per ironia della sorte è denominato “Campi Elisi” ma che in realtà nasconde un agglomerato di fatiscenti e buie stanze prese in affitto, simili a topaie ove si consumano i drammi infinitesimali dei loro occupanti: tradimenti coniugali, partite a poker con compagni di bisboccia, violenza domestica ed attaccamento sessuale all’istintività della violenza interpretata come forma distorta di affetto.

Il dramma si rivela una fucina ribollente di emozioni che emergono dal forsennato ritmo su cui l’intera vicenda è imperniata, una storia che può essere definita circolare, perché finisce allo stesso punto in cui è iniziata: la visita di Blanche (Mascia Musy) alla sorella Stella (Giovanna Di Rauso) sposata con il rude Stanley (Massimiliano Gallo) nel buio e lurido monolocale di New York il cui tragico epilogo (allontanamento forzato di Blanche, alcolizzata e ninfomane, ad opera di un addetto di un centro psichiatrico) disvela gli psicodrammi di tutti i protagonisti e la tragedia di un tenebroso anonimato della società di massa dalla quale l’unica opportunità di evincersi risulta una violenza cieca e bruta, accompagnata da una ancora più brutale sessualità, effimero legame di rapporti umani inesistenti.

L’arrivo di Blanche, raffinata ed altezzosa ragazza di provincia giudicata troppo “con la puzza sotto al naso”, in casa della sorella getta nello scompiglio il precario equilibrio della coppia formata dalla moglie sottomessa e vittima (Stella) di un marito brutale, volgare e dai tratti bestiali, troppo abituato dalle distorte convenzioni sociali di cui è imbevuto a risolvere con le sue performance sessuali il totale vuoto affettivo e la mancanza di ogni valore etico; ma sarà proprio quel marito violento e dal tratto scimmiesco, irritato dal senso di inferiorità che la femme supérieure gli ispira, ad indagare sul passato misterioso della cognata scoprendo circostanze inaccettabili alla società puritana che può permettersi di compiere ogni sorta di nefandezza a patto che essa sia nascosta dalla foglia di fico della conformista discrezione.
Blanche è solo una donna, agli occhi della superficie, dedita ad avere rapporti sessuali occasionali in alberghi di infima categoria e la cui fama comincia a spandersi per la città; un’ex insegnante, per giunta alcolizzata, licenziata per una torbida storia carnale con un suo allievo diciassettenne; ma ad una visione ben più attenta il Drammaturgo delinea la personalità dell’Eroina con una delicatissima velatura malinconica.

Una personalità che non è riuscita a “bastare più a se stessa” proprio dal momento in cui ha assistito al suicidio del giovane fidanzato durante una festa allorché ella apprese, per puro caso, le sue tendenze omosessuali, lo aveva apostrofato sulla pista di ballo con la più classica delle sprezzanti espressioni “mi fai schifo!”. Una donna con un buco nero nell’anima – e tormentata dal ritmo incessante della musica di quella maledetta festa tragicamente finita con il suicidio del giovane innamorato –  fagocitante qualunque capacità di affetto che, tuttavia, erroneamente, ha cercato di recuperare nella spasmodica e vacua ricerca del sesso occasionale.
Blanche è quindi la “sporca”, la “contaminata” rejetta respinta dall’unico “amico” della volgare banda di amici di gioco al poker cui prende parte Stanley, che non esita a vendicarsi dello snobismo dell’incomoda visitatrice ponendola in pessima luce nei confronti dell’unico uomo, Mitch (Antonello Cossia), disposto a provare un sentimento “pulito” e che, non a caso sarà l’unico cui la Nostra rifiuterà i suoi favori. Blanche la “contaminata” cerca un riscatto sociale (ma soprattutto interiore) con un uomo che la rispetta ma che la rifiuterà con sdegno appresa la verità suo torbido passato.

È così che il dramma si avvia alla catastrofe facendo sprofondare Blanche nella pazzia, il giorno del suo compleanno in cui il regalo del cognato sarà un biglietto di sola andata in corriera là da dove ella era venuta e che con quell’atteggiamento inconsapevolmente proteso a ristabilire il fasullo equilibrio precario di coppia basato sugli schiaffi e gli improperi alla moglie Stella (la quale nel frattempo ha avuto un figlio da Stanley), mercè l’allontanamento dell’impura che con la sua contaminazione aveva svelato il laido aspetto di una società degradata ed impura essa stessa ma timorosa del disvelamento del suo reale essere.
Dramma di cocente e mai superata attualità ove i temi dell’intolleranza, della violenza, dell’antivalore che si trasforma in valore sociale, in ragione di una mistificazione culturale in germe contenuto nelle società di massa – di cui Williams si professa indiscusso vate –, esplodono e si intrecciano tra loro nel gorgo disperato di chi ha smarrito la bussola dell’etica e della speranza di riscatto.

Mascia Musy è una Blanche di prim’ordine, credibilissima nella partecipata recitazione, il cui talento rivela le sue capacità di unire il dramma più profondo ed interiore a parti ironiche, ad una personalità fondamentalmente buona, innamorata, curiosa, nostalgica; ma l’intera compagnia era di prim’ordine. Massimiliano Gallo aveva recitato in precedenza nella parte di “Liolà” ma la sua versatilità da palcoscenico gli ha fatto indossare in modo credibile i panni di Stanley, il marito brutale e scimmiesco, in una parte che nel 1947 era stata interpretata da Marlon Brando.
Giovanna Di Rauso
è una Stella dai tratti infantili con caratterizzazione della inconsapevolezza di chi consapevolmente sceglie di chiudere gli occhi dinanzi ad una realtà invivibile che solo la sorella Blanche sarà in grado di rivelare in tutta la sua brutale volgarità; e Antonello Cossia interpreta Mitch conferendo al personaggio quella tensione verso la civiltà che funge da pantano di sabbie mobili che finiscono col risucchiarlo nel baratro per quanto egli si sforzi di evincersene facendo affidamento ad un sentimento che egli stesso ripudierà nel ritenere impediente ogni relazione con l’impura Blanche, l’unica che aveva acceso un faro di luce su un coacervo sociale primitivo e scaduto.
Indubbiamente uno spettacolo che merita di essere visto più di una volta per poterne percepire tutte le numerosissime sfumature ma che si conferma una scelta di prim’ordine e dal sicuro interesse culturale.

Pubblicato in: 
GN8 Anno IX 23 dicembre 2016
Scheda
Titolo completo: 

NAPOLI TEATRO STABILE MERCADANTE

30 novembre 2016   11 dicembre 2016

UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO
di Tennessee Williams

traduzione Masolino d’Amico
regia Cristián Plana
con Mascia Musy, Massimiliano Gallo,
Giovanna Di Rauso, Antonello Cossia,
Mario Autore, Antonio De Rosa, Antonella Romano
scene e costumi Angela Gaviraghi
disegno luci Cesare Accetta

interprete di scena Patricia Pribanic
assistente alle scene Marco Di Napoli
assistente ai costumi Alessandra Gaudioso
direttore di scena Antonio Gatto
capo elettricista Peppe Cino
capo macchinista Enzo Palmieri
fonico Stefano Cammarota
collaborazione organizzativa Aldo Miguel Grompone d.i.
foto di scena Marco Ghidelli

produzione Teatro Stabile di Napoli, Fundación Teatro a Mil – Cile