Netflix. Bridgerton, pastiche in costume

Articolo di: 
Elena Romanello
Bridgerton

L'Inghilterra della Reggenza è oggi di nuovo di gran moda, anche se in realtà piace sempre da molto: merito di Bridgerton, una delle serie più viste e discusse di questo inizio d'anno, Bridgerton, sull'ormai essenziale Netflix. Con Bridgerton inizia la collaborazione, si spera proficua, e le premesse ci sono tutte, tra la piattaforma e la produttrice Shonda Rhimes, la mente dietro a Grey's Anathomy e Scandal: ad ideare la serie è Chris Van Dusen, ispirata al primo della serie di romanzi storico sentimentali di Julia Quinn, in corso di pubblicazione anche nel nostro Paese.

Romanzi storico sentimentali o se si vuole dire meglio romance storici: qualcuno può storcere il naso, e magari a ragione, anche se non mancano gli stimatori di un filone proficuo e poliedrico, basti vedere le proposte ogni mese in edicola e libreria.
Ma Bridgerton non è solo ascrivibile al romance, e la serie televisiva colpisce per alcune peculiarietà, oltre all'intreccio romantico che non mancherà di soddisfare le appassionate (e perché no anche gli appassionati) del genere.
Certo, una serie così o la si ama o la si odia, ma si può anche esserne comunque incuriositi e apprezzare scelte un po' ardite, come quella di creare una sorta di ucronia, Storia inventata e alternativa, con un'Inghilterra del 1812 multietnica, pro gay e molto disinvolta sul piano sessuale, anche se non mancano i riferimenti precisi alla situazione di quel periodo, soprattutto per quello che riguarda il ruolo delle donne.

Bridgerton colpisce per i colorati costumi, che mescolano barocco, Impero e Belle Epoque, per la bella fotografia che privilegia le tinte pastello, per la colonna sonora composta da varie sonorità anche opposte, da Mozart a Ariana Grande, per l'ironia di fondo, affidata alla voce irriverente di Lady Whistledown, in originale Julie Andrews.
Non è sbagliato il paragone con le atmosfere di Marie Antoinette di Sofia Coppola, con cui la serie televisiva condivide la visione psichedelica e affascinante di un'epoca passata.
Certo, se si guarda la verosimiglianza storica non funzionano molte cose, la società multietnica, pare irrinunciabile ultimamente in ogni fiction, non esisteva nemmeno in sogno, la regina Carlotta è davvero esistita ma era una principessa tedesca, non una donna di colore che in quel mondo alternativo ha sdoganato un'etnia nell'alta società, permettendo un protagonista afrobritannico come il duca di Hastings. L'omosessualità c'era ma era nascosta, non presente in circoli culturali e artistici, e la libertà sessuale sfrenata presente nel serial era ben lontana dalla verità, anche se ci sono comunque precisi riferimenti alla realtà, tipo l'assoluta ignoranza in tema in cui era tenute le ragazze e i guai di un mondo senza contraccettivi. Il coito interrotto, a proposito, non è un efficace metodo anticoncezionale come viene presentato.

Detto questo, premettendo che Bridgerton non è né Barry Lindon di Kubrick, né un qualsiasi adattamento d'autore di Jane Austen o delle sorelle Bronte, e nemmeno l'ottimo e impeccabile Downton Abbey, la serie è piacevole e divertente, sia che la si guardi con animo romantico, con tanto di storia d'amore e sesso tra due belli, soprattutto lui, Simon e Daphne, sia che si guardi il contesto, la realizzazione, le tante altre vicende che ci sono, l'ironia di fondo, i colpi di scena, una rilettura del XXI secolo di un'epoca che continua a piacere, con una strizzata d'occhio al mondo di oggi.

Dato il successo del primo capitolo, dovrebbero arrivare quanto prima le stagioni tratte dai romanzi successivi, ognuno incentrato su uno dei fratelli e sorelle, sette per l'esattezza, della protagonista Daphne, la giovanissima Phoebe Dyvenor, con un volto che ricorda non poco quello di Kate Winslet da giovane. Daphne e Simon dovrebbero forse riapparire accanto ai loro parenti, anche se si spera che venga dato spazio anche alle fondamentali sorelle Featherington, a cominciare dalla rossa Penelope. D'altro canto, il bel duca Simon, anacronistico e irreale ma funziona, interpretato dall'afrobritannico Regé Jean Page, potrebbe andare verso nuovi lidi, visto che si parla di lui come prossimo James Bond.

Pubblicato in: 
GN12 Anno XIII 26 gennaio 2021
Scheda
Anno: 
2021