Netflix. Emily in Paris, chick lit in salsa francese

Articolo di: 
Elena Romanello
emily

Il più grande successo di Netflix dell'ultimo mese ha suscitato anche qualche mugugno e critica, ed è l'ultima fatica del produttore Darren Star, già dietro a cult come Melrose Place e soprattutto Sex and the city: Emily in Paris, storia di una ragazza statunitense che arriva nella Ville Lumière in cerca di fortuna.

Emily è un'addetta social che non sa una parola della lingua di Molière, ma deve partire per Parigi per sostituire la sua capa, rimasta incinta quasi in menopausa, e cercare di barcamenarsi tra varie situazioni, da superiori snob che la chiamano pezzente e banale a una casa in una zona super chic senza ascensore e con le tubature della doccia risalenti all'epoca di Caterina de Medici.
I dieci episodi. che si guardano in un soffio, veloci e leggeri, hanno fatto infuriare non poco i francesi per alcuni stereotipi un po' troppo evidenti, tra uomini che ci provano con tutte le donne che incontrano anche se sono più o meno felicemente sposati, spot sessisti altrove ancora sdoganati sotto la Tour Eiffel, snobbismo nel correggere la pronuncia, poca abitudine alle docce, svogliatezza al lavoro e altro decisamente poco realistico, oltre che un'immagine di Parigi, la grande protagonista, più della deliziosa Lily Collins, decisamente troppo idilliaca e lontana da come è oggi.

Certo, Darren Star ha avuto momenti migliori: le avventure del quartetto di amiche emancipate ma in realtà in cerca del grande amore di Sex and the city, pur superficiali tra moda e glamour, avevano momenti anche di riflessione, spesso affidati alla voce della giornalista Carrie Bradshaw, che in ogni episodio aveva il suo momento di Grillo parlante, con considerazioni su vita, amore, sesso, ruolo delle donne, anni che passano e molto altro ancora, senza dimenticare lo struggente episodio post 11 settembre, senz'altro il migliore di sempre.

Qui è tutto molto più superficiale, invece, con comunque un buon cast, con Emily che non impara mai bene il francese ma riesce comunque a diventare una influencer molto seguita con i suoi post su Instagram, a far concludere dei super contratti ai suoi saccenti superiori, a far innamorare di sé vari esponenti decisamente avvenenti dell'altro sesso, come il cuoco Gabriel, l'attore Lucas Bravo, vera rivelazione del serial, ad ottenere successi con i suoi abiti stravaganti ma sempre azzeccati.
Emily in Paris è senz'altro una serie che si rivolge innanzitutto ad un target più giovane rispetto a Sex and the city, semplificando la vita in tutti i suoi aspetti, con un finale comunque aperto che farebbe presagire nuove avventure dell'influencer di Chicago nella Ville Lumière, ma che ha comunque alcune frecce al suo arco che la rendono comunque gradevole, certo, rimanendo nella pura evasione e a patto di non aspettarsi troppo e di saper sorridere di alcune forzature.

Parigi è la grande protagonista della serie, ripresa in alcuni luoghi topici e con alcune carrellate, ignorando completamente problemi come traffico, degrado e ordine pubblico, ma comunque è sempre Parigi, e vederla in questi momenti in cui non si può viaggiare, e chissà ancora per tanto, e dove la Francia inoltre è sotto attacco da parte del terrorismo islamista, non può che fare piacere e suscitare un po' di nostalgia per tempi in cui si poteva passeggiare a volto scoperto, sedersi nei caffé, baciare e abbracciare il prossimo, andare a feste, vivere insomma.
Inoltre, c'è bisogno di leggerezza e evasione, e Emily in Paris offre entrambe le cose, forse in maniera troppo stucchevole, ma dato il momento non fa male, e la speranza comunque di vedere un giorno nuove avventure dell'americana a Parigi tra carriera e amore fa pensare a tempi migliori, una cosa di cui oggi si ha un gran bisogno, oltre gli stereotipi e le caricature.

Pubblicato in: 
GN1 Anno XIII 6 novembre 2020
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Anno: 
2020