Nicola Lagioia ed il tempo presente feroce e cinico

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
Nicola La Gioia

Una narrazione, quando ha l'ambizione di cogliere e rappresentare lo spirito del tempo, pone il lettore di fronte a domande fondamentali. Per quale motivo nel meridione d'Italia non si è sviluppata una borghesia in grado di favorirne la modernizzazione? Quale rapporto vi è tra la natura e la civiltà? È possibile rappresentare l'Italia del nostro tempo con il linguaggio della finzione letteraria? Il libro di Nicola Lagioia, intitolato La ferocia ed edito dalla casa editrice Einaudi, per la sua bellezza e profonditα suscita nell'animo del lettore questi cruciali e fondamentali interrogativi.

La narrazione, coinvolgente e con un stile letterario elegante e assai raffinato, si apre con la descrizione di un evento luttuoso. Un giovane donna, piena di lividi e per questo motivo insanguinata, cammina di notte, durante una sera di primavera, al centro di una strada. Viene investita da un mezzo di trasporto e in seguito a questo incidente muore. La donna è Clara Salvemini, la secondogenita di una ricca e potente famiglia di imprenditori. Il padre di Clara, Vittorio Salvemini, è un costruttore ricco e inserito nel sistema di potere esistente a Bari e in Puglia.

Il delitto, in realtà un incidente colposo di cui è responsabile Orazio Basile, alla guida del mezzo che ha investito la giovane donna provocandone il decesso, viene per oscure ragioni tenuto nascosto ed occultato. La versione ufficiale, confermata dalle perizie medico legali, archivia il caso, classificandolo come un suicidio. Infatti il corpo di Clara Salvemini viene trovato, di mattina dalle autorità di pubblica sicurezza, privo di vita al di sotto di un autosilo, dal quale, secondo la versione ufficiale, la donna si sarebbe lanciata nel vuoto, per suicidarsi. Questo è l'evento da cui trae origine il racconto nel libro di Nicola Lagioia.

Presto il lettore comprende che il romanzo non è altro che un meraviglioso e prodigioso caleidoscopio che restituisce l'immagine multiforme di un meridione in cui il potere del denaro e la corruzione della politica hanno dato vita ad un sistema oscuro e opaco, su cui si basa l'intera economia del Sud Italia. Durante il funerale di Clara, infatti, sono presenti tutte le autorità. Politici, magistrati, imprenditori, legati per ragioni oscure con il padre della donna morta giovane, Vittorio Salvemini, a capo di una imprese di costruzioni. Orazio Basile, che in seguito all'incidente ha perduto una gamba, riceve in dono un lussuoso appartamento, in cambio del suo silenzio.

Nella prima parte della narrazione è molto bella la descrizione dell'ascesa sociale di Vittorio Salvemini, il quale ha potuto svolgere le sue attività, grazie alla protezione di cui ha sempre goduto sia da parte del potere politico sia da parte del potere economico. Il libro è stratificato e costruito stilisticamente su diversi livelli linguistici e mescola in modo mirabile i generi letterari: a volte sembra un noir, in altri momenti ha la forma del romanzo minimalista che indaga le relazioni dei membri della famiglia Salvemini, mentre durante lo sviluppo del racconto la narrazione  assume il carattere di una penetrante analisi sociale, volta a rappresentare le devastazioni prodotte al sud dal sistema di potere basato sulle relazioni di affari tra le potenti famiglie meridionali.

Vittorio Salvemini è un uomo spregiudicato e cinico, che, pur di concludere i suoi affari, è capace di violare qualsiasi codice etico e morale. Al suo primo  figlio, Ruggero, divenuto un medico specializzato in oncologia, Vittorio Salvemini chiede informazioni preziose per i suoi affari, a cui solo un medico di un certo livello può avere accesso. Nella sua villa con piscina, situata nella periferia residenziale di Bari, dove vive la ricca borghesia della città, avida e priva di senso civico, Vittorio e sua moglie Annamaria ricevono le visiti di ospiti illustri, come quella del presidente del tribunale e del ex sottosegretario Buffante, divenuto presidente di una fondazione per lo sviluppo del Sud.

Ma nella famiglia Salvemini, oltre a Ruggero e a sua sorella Gaia, studentessa di filosofia, c'è anche un quarto figlio, Michele, avuto da Vittorio grazie a una relazione extraconiugale con una donna morta al momento del parto. Se nella prima parte della narrazione vi è la descrizione della famiglia Salvemini e del sistema di potere esistente a Bari, nella seconda parte prevale il racconto sulla vita di Michele, giornalista che vive e lavora a Roma, e della sorella morta tragicamente, Clara.

Michele rientra da Roma, dopo molti anni, nella villa del padre a Bari, proprio in seguito alla scomparsa di Clara. Si capisce subito che Michele odia la villa e la famiglia, da cui pure è stato accolto al momento della sua nascita. Proprio perché orfano di madre, Michele ha sviluppato un sentimento di affetto profondo verso Clara, con cui ha condiviso i momenti più belli della sua vita. Michele, pur essendo un giornalista colto e un intellettuale, ha avuto, nella prima parte della sua vita, enormi problemi mentali. A Roma, dove ha vissuto da solo ed è guarito, ritrovando il suo equilibrio mentale, è divenuto un giornalista. Appena mette piede nella casa dei Salvemini, Michele intuisce che il padre è alle prese con un problema di grande rilievo.

Infatti il giudice della indagini preliminari ha avanzato la richiesta di sequestrare il complesso turistico, nel quale Vittorio sta costruendo delle ville di lusso nel Gargano a Porto Allegro. Michele, grazie alla sua professione di giornalista, intuisce, con l'aiuto di un collega di Mola di Bari, Sangirardi, che il padre sta ricattando politici e magistrati, coinvolti nella morte di sua sorella Clara, per ottenere la possibilitα di completare la costruzione del complesso turistico situato a Porto Allegro.

Nella parte finale del libro, il racconto diviene un vero noir. Michele, grazie agli elementi che gli offre Sangirardi, riesce a stabilire la verità intorno alla morte di sua sorella Clara. Proprio il modo in cui è avvenuta la morte di Clara dimostra come nell'uomo l'istinto primordiale incline alla violenza solo in parte è stato estirpato dal processo di civilizzazione dalla natura umana, che tuttavia si differenzia da quella delle bestie. In questa parte del romanzo viene esemplificata molto bene la  disputa sul rapporto intricato esistente fra la civiltà umana e la natura con le sue leggi che ne governano le intime e immodificabili dinamiche.

Sono belle e indimenticabili le pagine che mostrano come gli uccelli, durante la trasmigrazione, muoiono in volo, dopo avere bevuto le acque contaminate della terre in Puglia. Infatti spesso le costruzioni delle abitazioni, con il silenzio e la complicità delle autoritα preposte ai controlli, corrotte dagli imprenditori, vengono erette al disopra di terreni sotto i quali sono stati seppelliti rifiuti tossici. In questa parte del libro Nicola Lagioia mostra come la borghesia meridionale, una classe dirigente, cinica spregiudicata e avida di denaro, ha prodotto una catastrofe ambientale, mettendo a rischio la salute dei cittadini. La conclusione della storia sorprenderà il lettore.

Comunque Michele, il giornalista che si impegna a fare emergere la verità intorno alla morte oscura e misteriosa di sua sorella Clara e a svelare il meccanismo di potere fatto di relazioni inconfessabili tra diversi uomini influenti e potenti, di cui ha beneficiato suo padre Vittorio, è un simbolo di onestà morale e intellettuale con cui è inevitabile identificarsi. Il libro in più parti ricorda i grandi racconti filosofici e illuministi di Leonardo Sciascia, per lo sguardo lucido con cui lo scrittore Lagioia ha rappresentato la tragica condizione del meridione d'Italia nel nostro tempo. Ci si chiede, dopo la conclusione di questo romanzo bellissimo, se sia  possibile sperare nel cambiamento del nostro meridione. Libro potente e indimenticabile.

Pubblicato in: 
GN26 Anno VII 21 maggio 2015
Scheda
Autore: 
Nicola Lagioia
Titolo completo: 

La ferocia, Torino, Einaudi, 2014

Collezione Supercoralli. Pp. 418 

€ 19,50.