Nomachi. La potenza viatica del sacro

Articolo di: 
Marianna Dell'Aversana
Le vie del sacro

Gli spazi sconfinati del deserto del Sahara, quelli affollati della città di Medina, dove una schiera di pellegrini interrompe il digiuno del Ramadan, luoghi remoti, impervi e duri sono stati immortalati in circa 200 scatti dal fotografo documentarista Kazyoshi Nomachi e sono stati raccolti in una mostra antologica dal suggestivo titolo “Le vie del sacro”.

Tale evento fotografico è la prima volta che viene realizzato in Occidente ed è stato organizzato proprio a Roma nello spazio espositivo della Pelanda al Macro di Testaccio, dove sarà visitabile fino al 4 maggio 2014.

Il percorso, articolato in sette sezioni - Sahara, Sudan- Etipia, Islam, Gange, Ande e Tibet-  conduce il visitatore a cogliere la sacralità dell’esistenza quotidiana, attraverso ritratti e figure umane, che pur nell’asprezza dei luoghi, assurgono ad una posa quasi ieratica. È un’umanità solenne, quella su cui Nomachi indugia, la cui dignità è simbolicamente enfatizzata da una luce abbagliante che la valorizza maggiormente. In ogni foto si percepisce una costante sacralità, che funge da antidoto contro condizioni di vita complesse. Al di là delle diverse tradizioni, delle differenti credenze, Nomachi, tuttavia, vuole sottolineare come i diversi popoli siano fondamentalmente accomunati da un medesimo sentimento religioso, il quale nell’atto della preghiera trova la sua manifestazione più compiuta e il quale emerge, in maniera ancor più preponderante, nel rapporto tra l’uomo e l’ambiente.

È proprio nei paesaggi più inospitali che si percepisce meglio un senso di trascendenza che travalica i limiti terreni e dinanzi a cui l’umanità è costretta a ridimensionarsi.  Non è casuale che lo stesso Nomachi abbia ammesso di aver scoperto per la prima volta il sacro proprio durante uno dei suoi primi viaggi nel  Sahara. Nel 1972, infatti, ha conosciuto il deserto e “ha sentito di aver percepito la sua vera natura, poco visibile, quasi fosse nascosta da un velo”. Tale suggestione del fotografo si comprende pienamente nella sinuosità delle dune di sabbia, che sembrano allargare lo spazio naturale riducendo quello umano: è come se gli esseri umani fossero sovrastati dal deserto. 

L’umanità ritratta dal fotografo è, tuttavia, conscia della propria piccolezza infinitesimale dinanzi alla potenza della natura e, per questo, si prostra riverentemente dinanzi ad essa, pregando prima di affrontarla, come mostra il ritratto dei cammellieri libici in preghiera prima della partenza della carovana. E gli esseri umani sembrano perdere la propria consistenza, dissolvendosi in ombre che si stagliano dal rosso del tramonto, diventando semplici sagome avvolte dalla coltre di sabbia; una tale fusione trapela efficacemente nello sguardo penetrante di un giovane Tuareg, nei cui occhi scintillanti sembra riflettersi l’immensità del deserto, un’immensità eterna.

La sacralità si materializza anche nel silenzio di una natura irraggiungibile, in monasteri che sorgono in luoghi inaccessibili, scavati magari in una falesia. Ci si addentra, pertanto, nel mistero della religiosità di alcune zone dell’Etiopia, in cui si pratica, lontano dai clamori della civiltà occidentale, un cristianesimo più autentico, come sottolinea la calda luce che si posa sui volti dei sacerdoti illuminandoli significativamente o la commozione di alcuni mentre leggono la Bibbia.

È un cristianesimo, quello colto da Nomachi, che si apre anche ad altre credenze del posto, mescolandosi con riti quasi tribali.

Il sacro riesce ad inverarsi in maniera più icastica e a risuonare in modo ancor più vibrante nell’ambito di una dimensione collettiva, tipica del mondo islamico, come si evince dalla foto che, attraverso una lunga esposizione, coglie i musulmani mentre girano intorno alla Kaaba in senso antiorario, abbracciando l’oggetto di culto, confondendosi l’un con l’altro. Il sacro manifesta la propria potenza, se diventa un’esperienza profondamente condivisa.

Dalla ritualità dell’Induismo lo sguardo scivola alla mescolanza tra il cristianesimo dei conquistatori e le credenze degli Incas presso i popoli delle Ande, soffermandosi sull’ immagine dei pellegrini inginocchiati dinanzi alla roccia sacra in Perù.

Il sentimento religioso, infine, assume i contorni di una dimensione che può essere scoperta e conquistata solo rapportandosi con l’onnipotenza della natura, attraverso dure e faticose prove, come quelle affrontate dai buddisti tibetani: i pellegrini, infatti, si prostrano completamente a terra sulla strada per Lhasa. In questo modo è, tuttavia, possibile raggiungere una serenità interiore che si diffonde tutto intorno.

Una forte spiritualità, che sembrava assopita, riemerge ad irrorare anche i nostri animi, rivendicando la propria esistenza, relegando a lieve sottofondo i rumori della città.

Pubblicato in: 
GN22 Anno VI Numero doppio 10-17 aprile 2014
Scheda
Titolo completo: 

Nomachi. Le vie del sacro
Roma, La Pelanda - Centro di Produzione Culturale
Piazza O. Giustiniani, 4

Orari
da martedì a venerdì h 16:00 - 22:00
sabato e domenica h 11:00 - 22:00
l'ingresso è consentito fino alle ore 21:00
chiuso il lunedì, 24, 25, 31 dicembre 2013, 1 gennaio e 1 maggio 2014

Biglietti
Intero: €10,00
Ridotto: €8,00 per minori di 18 e maggiori di 65 anni, gruppi di oltre 15 persone, universitari con tesserino e titolari di apposite convenzioni
Ridotto speciale: €4,00 per gruppi di studenti delle scuole elementari, medie e superiori
Gratuito: per minori di 6 anni, due insegnanti accompagnatori per classe, giornalisti con tesserino, disabili con un accompagnatore.