Nurse With Wound & friends. Lilith si manifesta a Torino

Articolo di: 
Alberto Balducci
Nurse With Wound - Soliloquy For Lilith

Il secondo atto dell’iniziativa Il canto del vuoto tagliente, andato in scena il 23 Settembre per la rassegna SettembreMusica al Teatro Alfieri di Torino, è stato sicuramente un’occasione inusuale: una rara esibizione di Nurse With Wound affiancata da Fabrizio Modonese Palumbo, Paul Beauchamp e Julia Kent, più l’illustre presenza di Z’EV e Larsen.

Lo spettacolo è suddiviso in due “atti”: il primo dedicato al lavoro In V.tro ad opera del progetto torinese Larsen e del pioniere Z’EV; il secondo ad un’inedita versione live del disco Soliloquy For Lilith di Nurse With Wound, “suonata” per l’occasione con una formazione allargata dalla collaborazione con il progetto Blind Cave Salamander.

La serata è aperta da una performance di Z’EV (con la sua immancabile sigaretta), nel suo classico stile percussivo: alcuni minuti di incessante fragoroso martellamento su un grosso rullante metallico del diametro di non meno di un metro, sospeso nel mezzo del palco; al posto dei normali martelli da timpani sono state usate altre percussioni, creando un suono vasto, sfaccettato e fragoroso.

C’è qualcosa di ancestrale nelle performance di questo scultore di suoni; una visceralità sciamanica che si riversa senza posa dalla sua verve improvvisatoria, conferendo un senso quasi sacrale all’esperienza creativa: una ricerca mistica nella quale l’individualità dell’uomo si perde nel mare della coscienza universale. Questo non è semplice “martellare” dei pezzi di metallo; c’è dell’ascesi in questo modo di suonare, una dedizione che va al di là della forma.

Dopo questa breve introduzione si passa al vivo della serata con l’anteprima della collaborazione tra Z’EV e Larsen, ancora work in progress, a nome In V.tro. Come si evince dal comunicato stampa, il lavoro è da considerarsi una soundtrack per dei filmati scientifici di vita cellulare microscopica realizzati dalla facoltà di Medicina e Chirurgia della città di Torino grazie alla guida e alle teorie del professor Giuseppe Levi negli anni ’30, che sfociarono nello sviluppo degli studi di tessuti organici in vitro.

Le proiezioni video che accompagnano la musica sono estratti dal documentario Lo sguardo attraverso l’obiettivo del professor Levi, dove possiamo assistere a svariati episodi di vita cellulare: il valore scientifico e storico di queste immagini è fuori di ogni dubbio, e alcuni estratti, come quello del processo di meiosi, sono assolutamente splendidi.

La musica in sé è in sostanza un live set di ambient music, molto profonda ed onirica, con un sostrato palpabile di improvvisazione, che comunque non altera il suo quieto mood di placide acque che scorrono. Lo show è suddiviso in sezioni, parti egualmente importanti di un intero senza soluzione di continuità; un’unica lode al processo della vita che si dipana, nudo e indifeso, sotto l’occhio del microscopio.

La strumentazione è variegata e unisce senza colpo ferire acustico con elettrico; abbiamo chitarra, viola elettrica, una fisarmonica, voce, elettroniche varie, le percussioni metalliche autocostruite di Z’EV, e persino una batteria. I suoni percussivi di sperdono nella densità sonora, e divengono parte del fluire della musica senza incidere un ritmo “matematico” all’insieme. In generale, tutti gli strumenti depongono la loro personalità al varco dello strato di elettronica, che li rende anonimi commentatori di fronte al mistero della vita; parti perfettamente armoniche del tutto.

La seconda metà della serata, il set di Nurse With Wound, non è quello che generalmente ci si aspetta da questo progetto. Me l’aveva anticipato anche Steven Stapleton, l’anti-musicista deus ex machina di questo gruppo che da trent’anni sforna dischi incatalogabili di surrealismo fatto nonmusica, dicendomi poco prima del concerto che quella sera non sarebbe stato come al solito, visto che avrebbero suonato “the Lilith album”. L’album in questione è Soliloquy for Lilith, registrato nel 1988 da Steven e sua moglie Diana Rogerson e dedicato alla figlioletta Lilith, nata quello stesso anno.

Il disco originale è un’opera senza tempo, un monumento monolitico di ambient music. Fu creato registrando il suono generato da una catena di effetti collegati insieme, senza alcun segnale in ingresso, il cui loop poteva essere alterato variando il campo magnetico attorno ai pedali, ad esempio con gesti delle mani.

Il concerto non è stato esattamente come il disco: ne ha conservato la struttura ripetitiva e (probabilmente) la stessa genesi dei drone principali, ma la sostanza sonora e il suo effetto psicologico sono stati molto differenti.

Innanzitutto, due parole sulla formazione: lo show è stato annunciato come collaborazione tra Nurse With Wound e Blind Cave Salamander, quest’ultimo progetto una collaborazione tra Fabrizio Modonese Palumbo (di Larsen, che calca di nuovo il palco), Paul Beauchamp (che per questa sera ha suonato elettroniche e una sega da legno) e Julia Kent (nota per essere attualmente la violoncellista dei Johnsons, la band di Antony). Nurse With Wound è rappresentato stavolta da Stapleton e Andrew Liles (facente parte adesso anche della live band dei Current 93, che si erano esibiti sullo stesso palco la sera precedente).

Il concerto è in sostanza una monolitica variazione sul tema di Lilith. L’incipit è un drone abissale che lentamente mutando in tono, intensità e colore, instaura il mood del set che verrà mantenuto sino alla fine. Liles e Beauchamp forniscono la base elettronica del magma sonoro, mentre Modonese Palumbo aggiunge alcune sonorità che arricchiscono il carnet, tramite chitarra e viola elettrica. Stapleton è particolarmente in disparte, limitandosi ad accarezzare di tanto in tanto placidamente le corde alla propria chitarra; la Kent invece ha un ruolo di primissimo piano.

Nel denso strato sonoro lentamente il violoncello inizia a sollevarsi dall’oscurità, e usando l’archetto come una lama, lunghe note tentano di fendere la coltre di nebbia. Nel frattempo sullo schermo buio comincia a serpeggiare una scritta in spagnolo, cui poi si uniscono traduzioni in inglese, tedesco e francese della stessa sentenza, in un serpeggiare indefinito che intrecciandosi riempie pian piano tutto il telo della proiezione.

Si tratta di una frase estratta dall’incipit del primo dei Septem sermones ad mortuos, la poco conosciuta opera di Carl G. Jung stampata intorno al 1925 per una cerchia di persone selezionate, e redatta in uno stile che richiama, in concetti e terminologia, gli scritti degli gnostici del secondo secolo della nostra era: «Nothingness is the same as fullness. Nothingness is both empty and full. A thing that is infinite and eternal has no qualities, since it has all qualities».

Nada, néant, Nichts, nothingness... lo schermo si riempie di copie della frase sino a che niente è più discernibile. Quando queste svaniscono, un’immagine come d’abisso marino insondabile si presenta ai nostri occhi; nel frattempo la musica avvolge tutto il teatro, con le lame di violoncello che tentano di penetrare la materia dei drone e dell’elettronica.

L’effetto è mirabile: questa è l’abissalità dell’infinito, o dell’assoluto. Tutta la performance sembra richiamarsi a concetti ancestrali, difficilmente esprimibili se non in negativo. Poco più avanti, una nuova frase che tornerà più volte, estratta dal secondo dei sermoni junghiani, recita: «Everthing which we do not distinguish falls into the Pleroma and is made void by its opposite». Il Pleroma è il Niente assoluto che tutto contiene, coincidentia oppositorum, in quanto infinito, eterno e comprensivo di tutte le possibilità, manifestate o meno. Lilith in questa performance diviene ipostasi della Madre universale, l’abissalità da cui tutto scaturisce.

Man mano che la musica si dipana, sempre uguale a se stessa ma sempre più vertiginosa nella forza evocativa che riesce a richiamare, il filmato propone svariate serie di immagini, nonché altri testi che, purtroppo, vanno a cadere nella parte bassa della proiezione e non sono intelligibili dal pubblico, perché nascosti dai corpi dei musicisti; è comunque probabile che siano altri estratti dalla medesima opera.

Del disco originale si mantiene l’idea formale di base, anche se a livello di performance le tracce del disco sono ben più piatte e monolitiche, quando la musica che scaturisce da questa versione live sonda profondità concettuali sconosciute alla registrazione in studio.

Alla fine del concerto, i musicisti lasciano il palco uno alla volta, ed il primo a farlo è Stapleton. Infine, il drone si spegne e muore, e di nuovo regna il silenzio. Ma questa musica è stata ben più profonda del sottile silenzio torinese, squarciato da un lungo applauso di approvazione.

Pubblicato in: 
GN23/ 5 ottobre - 2 novembre 2009
Scheda
Autore: 
Nurse With Wound / Blind Cave Salamander / Larsen / Z'EV
Titolo completo: 

Il canto del vuoto tagliente, seconda serata
Iniziativa inaugurale del Festival Internazionale "il sacro attraverso l'ordinario" (22 Settembre - 4 Ottobre 2009, Torino)

Presso Teatro Alfieri, Torino, 23 Settembre 2009

Nurse With Wound & Blind Cave Salamander:
Andrew Liles, sintetizzatore, percussioni
Fabrizio Modonese Palumbo, chitarra, viola elettrica
Julia Kent, violoncello
Paul Beauchamp, elettronica, sega musicale, armonica
Steven Stapleton, chitarra

Larsen & Z'EV:
Fabrizio Modonese Palumbo, chitarra, voce, viola elettrica
Marco “il Bue” Schiavo, batteria, glockenspiel
Paolo Della Piana, elettronica, fisarmonica
Roberto Maria Clemente, chitarra
Z'EV, percussioni metalliche

Anno: 
2009
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