Oper Frankfurt. Il nastro di Möbius di Schreker

Articolo di: 
Livia Bidoli
Der ferne Klang

Se pensiamo solo al titolo, Der ferne Klang, Il suono lontano, siamo già in un altro emisfero: la seconda opera di Franz Schreker vede di nuovo la luce, ed il suo “suono”, all'Opera di Francoforte dove c'è stata il 18 agosto del 1912, la sua prima assoluta. Quest'edizione è dedicata a Michael Gielen (1927- 8 marzo 2019), compositore oltreché direttore, ed all'epoca felice della sua conduzione del teatro d'Opera di Francoforte (1977-1987). Con la regia del veneto Damiano Michieletto, al suo debutto all'Opera sul Meno, e la direzione di Sebastian Weigle, e le due voci principali di Jennifer Holloway nel ruolo di Grete, e Ian Koziara in quello di Fritz, il 19 aprile scorso abbiamo assistito ad una versione raffinatissima dell'opera di cui Schreker scrisse anche il libretto. Der ferne Klang verrà replicata il 4 e l'11 maggio prossimi.

Se dovessimo riassumere con una parola sola l'opera di Schreker dovremmo usarne una che ha profondissimi accordi romantici e che viene ripetuta durante tutti e tre gli atti che la compongono: Sensucht, il languore per l'infinito, è questa parola magica e metafisica, lontana e vicina al cuore ed all'anima del massimo movimento romantico che nacque in Germania alla fine del '700. E non ha importanza se Franz Schereker, compositore austriaco nato a Monaco di Baviera, sia nato nel 1878 e morto nel 1934, dopo la presa di potere di Hitler, quando lui perse tutto, il suo posto di direttore alla Musikhochschule di Berlino nel 1932, e le sua prima di Der Schmied von Gent fu amareggiata dalle contestazioni del partito nazionalsocialista. Il suo spirito è un misto tra la vena romantica – anche riflessa nel gusto per la natura come fonte di ispirazione, evidente in questo lavoro – e la potente riflessione espressionista di fine secolo, pienamente Jugendstil come afferma Adorno, per quanto riguarda il décor, i suoi personaggi, la stessa rappresentazione di una Venezia decadente e libertina nel secondo atto nella “Casa di Maschere” (in italiano nel testo) insieme a quella Canzone della Fioraia di Sorrento, che racconta della depravazione assoluta del Cavaliere (Der Chevalier) del postribolo, un ossimoro per il suo nome.

L'opera costò a Schreker sette anni di composizione, dal 1903 al 1910, e gli assicurò il successo: con la scrittura canora che Alban Berg ultimò nel 1911, e la sua dedica a Bruno Walter, fu messa in scena all'Opera di Francoforte sul Meno con la direzione di Ludwig Rottenberg il il 18 agosto del 1912, e salutata come opera moderna che coniugava e profetizzava l'evoluzione della musica, ammirata da Schönberg, offre una tavolozza di colori incredibilmente affascinante e con un sottotono lugubre che presagisce una tragedia struggentemente sviluppata. Una vigorìa di suoni che uniscono il Puccini di Crisantemi, Elegia per quartetto d'archi alle sinuosità drammatiche di Berg, con una profonda influenza straussiana e wagneriana, li supera comprendendo lo spirito della Secessione in un'opera che drammaticamente si evolve intorno a sé stessa come un nastro di Möbius, da percorrere nei due sensi, proprio come l'allestimento ci ha mostrato.

La giovane Grete, fidanzata a Fritz, compositore alla ricerca del “suono perfetto e lontano”, per la sua opera L'Arpa (Die Harfe), che non riesce ad ultimare, viene abbandonata da lui affinché si dedichi solo ed unicamente alla ricerca di questo “ferne Klang”. Lei finirà in un bordello di lusso chiamato la Casa di Maschere a Venezia, condotta lì da una vecchia incontrata nel bosco quando è dovuta fuggire di casa perchè il padre l'aveva perduta al gioco e promessa all'oste (padre ubriacone e madre povera e anaffettiva). Qui incontrerà di nuovo Fritz mentre Il Conte le fa la corte e lei lo rifiuta proprio perchè le ricorda l'amato; dopo il rifiuto sprezzante di Fritz cadrà ancora piu' in basso per incontrarlo solo alla fine dell'opera, nel terzo atto, quello del celebre interludio scritto da Schreker nel 1909, Nachtstück (il Notturno), quando Fritz avrà compreso, troppo tardi, sulla soglia della morte, che quel “suono lontano” lo ispirava solo lei, Grete.

Se prendiamo i versi di Ode to a Nightingale (1819) di John Keats, scopriamo che il passaggio nella natura dove si rifugia Grete, è perfettamente sincronico oltrechè etimolgicamente vicino: “Fade far away, dissolve, and quite forget/ What thou among the leaves hast never known” (Scompari lontano, dissolviti, e quasi dimentica/Ciò che mai tu hai conosciuto fra le foglie, trad.mia), infatti in tedesco l'ode inizia con “weit”, che vuol dire lontano, sinonimo di “ferne” e ripetuto durante tutta l'opera. Un “lontano” che si materializza con i due futuri anziani che compaiono sul palco per tutta la durata dell'opera come correlativi oggettivi di un'occasione mancata, di un talento perduto, di un “suono” e di una voce, quella tutta femminile dell'Arpa, mai ascoltata se non negli attimi prima della fine. I due anziani che dall'inizio si siedono sulle poltroncine al lato destro del palco, come se i tempi fossero paralleli, borgesianamente parlando, ed il presente sussistesse nel futuro, si abbracceranno verso la fine e nei momenti piu' tremebondi, in quella decomposizione dei sentimenti che dà luogo al mancato incastro tra i suoni, che solo alla riunione con Grete compariranno tutti in alto, sulle loro teste, tramite gli strumenti musicali in una danza armonica per il “suono lontano” di cui l'arpa è voce privilegiata e struggente.

Una lettura, quella dell'allestimento di Michieletto insieme allo scenografo Paolo Fantin, al costumista Klaus Bruns, ed al light designer Alessandro Carletti, che riesce a rendere una delle opere piu' interessanti di inizio Novecento, intensamente legate al travalicare di un'epoca ed allo scioglimento di enigmi, come quello del sogno freudianoDas Traumdeutung data 1899, L'interpretazione dei sogni è il libro che corrobora ed esaudisce l'ambigua essenza dell'inconscio -, che permangono fittamente intrecciati nell'opera di Schreker. Dal testo del primo atto, quando lei si slancia nel bosco per salvarsi dal matrimonio, “sposa venduta” all'oste, leggiamo:

Ancor più lontano talvolta,
Sogno nel sogno
Risuona dall’alto
Dalle cime della foresta
Credevo di svegliarmi allora,
mi sollevo, velata dalle lacrime,
le palpebre stanche di sonno.

(Orig.: Fernher doch manchmal, ein Traum im Traumtönt es herübervon Waldeswipfeln.Glaub’ zu erwachen ich dann,hebe, von Tränen verschleiert, die schlafmüden Lider.)

Legato a quel Dream within a Dream di Poe, il sogno dentro il sogno che non distingue tra realtà e immaginario: “All that we see or seem is but a Dream within a Dream”, il suono è un sogno rimandato finché non sarà richiamato dalla presenza di un'unione animica tra Fritz e Grete aldilà del tempo.

I video realizzati da Roland Horvath e da Carmen Zimmermann riportano all'enigma dell'infinito come scorrere del tempo nell''una e nell'altra direzione – come mostrano i doppi di Grete e Fritz costantmente sul palco – e quell'elica del DNA che costruisce e determina i geni delle nostre vite, assolutamente legate le une alla altre come in un gigantesco nastro di Möbius tra parole e suoni.

L'ultimo bacio tra la ritrovata Grete e Fritz, dopo che lui avrà compreso che quel “suono lontano” dipendeva da lei: “Da che la vidi per l’ultima volta, mi struggo in un tormento terribile, in un folle desiderio e in un amaro pentimento.– Tu sai adesso – perché mi riuscì il canto del bisogno e del desiderio –ma non quello della felicità.”, che racconta al suo amico Rudolf prima di incontrare il Dr. Vigelius che gli racconterà tutta la storia della sua Grete caduta dopo il suo abbandono e la sua vigliaccheria. Le liriche finali sono di massimo struggimento e levatura:

Non senti il suono – –?
Com’è santo – trasfigurato
[...]
Cantano gli uccelli –
–suonano le campane –
–rumoreggiano ardenti nel più nobile splendore
–non è la primavera
–un inizio di estate sta facendo la sua entrata festiva
–l’arpa ha suonato per me –
come se risuonassero le sfere –
potente e inebriante –.

(Orig.: Hörst Du den Ton –? Wie selig – verklärt. [...] Es singen Vögel – –es läuten Glocken – –glutvoll erbraust es in hehrster Pracht –das ist nicht Frühling –ein früher Sommer hält festlichen Einzug –die Harfe erklingt mir –als klängen die Sphären –machtvoll und rauschend).

L'opera è commovente ed il pubblico ha reagito con molta espressione e vivace calore alla straordinaria coerenza dell'allestimento coerente con la partitura eseguita dall'Orchestra dell'Opera di Francoforte perfettamente guidata dal Maestro Sebastian Weigle, il cui tocco è di una particolare delicatezza e sensibilità; il Coro è stato guidato da Tilman Michael in modo accurato. Le voci principali: il soprano americano Jennifer Holloway con Grete è stata una ragazza, una donna, un'anziana, sempre pronta a rivestire i diversi ruoli nelle sfaccettature della voce e nei comportamenti sul palco, romantica ed ingenua all'inizio quanto lasciva e amara come donna; sofferente e triste da anziana, le sue doti canore hanno superato tutte le prove, le variazioni di timbro e la mobilità della sua voce sopranile sono eccezionali. Il tenore americano Ian Koziara al debutto europeo come Fritz, specialista di opere del Novecento e contemporanee come The Exterminating Angel di Thomas Ades, lo conducono a provare tutte le affinità canore con suoni dall'oscillare vago, come in quest'opera in cui il baritono canadese Gordon Bintner, ha dato di nuovo prova di eccezionale presenza vocale ed espressione attoriale dopo aver interpretato a marzo Re Ladislav in Dalibor. Notevole la voce della maitresse (l'anziana che conduce Grete alla Casa di Maschere), Nadine Secunde, soprano americana wagneriana dalla lunga carriera.

Grandissimo successo di pubblico ed applausi lunghi a tutto il cast ed al direttore Sebastian Weigle: trascinato ed appassionato soprattutto il gentil sesso che lo ha dimostrato già con la commozione al termine del primo atto.

Pubblicato in: 
GN22 Anno IX 29 aprile 2019
Scheda
Titolo completo: 

Oper Frankfurt
Der ferne Klang

Musica e libretto di Franz Schreker (1878-1934)
Prima assoluta Opera di Francoforte 18 agosto del 1912

In Memoriam Michael Gielen (1927-2019)

Karfreitag Venerdì santo 19 aprile 2019
Prossime recite: 4 e 11 maggio 2019

Direttore d'orchestra Sebastian Weigle
Regia Damiano Michieletto
Scenografo Paolo Fantin
Costumi Klaus Bruns
Video Roland Horvath, Carmen Zimmermann.
Luci Alessandro Carletti
Maestro del coro Tilman Michael
Drammaturga Norbert Abels

Cast
Grete Graumann Jennifer Holloway
Fritz Ian Koziara
Oste di "The Swan" Anthony Robin Schneider.
Un giocatore Iurii Samoilov
Il Vecchio Graumann / 2° corista Magnús Baldvinsson
Sua moglie Barbara Zechmeister
Dr. Vigelius Dietrich Volle
Una vecchia signora Nadine Secunde
Mizi Julia Dawson
Milli / Barista Bianca Andrew *
Maria Julia Moorman.
Donna spagnola Kelsey Lauritano *
Il Conte Gordon Bintner
Il Barone Iain MacNeil *
Il Cavaliere / 1° corista Theo Lebow
Rudolf Sebastian Geyer
Un individuo Hans-Jürgen Lazar
Un poliziotto/servizio Anatolii Suprun *
Grete, da anziana Steffie Sehling
Fritz da vecchio Martin Georgi

Coro dell'Oper Frankfurt
Frankfurter Opern- und Museumsorchester

*Membro dell'Opera Studio

Vedi anche: