Opera di Roma. Calibano allo specchio

Articolo di: 
Livia Bidoli
Calibano

Una sontuosa rivista nasce all'interno della Fondazione Teatro dell'Opera di Roma, si chiama Calibano e rimanda immediatamente alla Tempesta di Shakespeare, pubblicata nel 1611, agli albori del colonialismo e della nuova America anglosassone. Dedicata ogni semestre ad un tema diverso, seguendo la programmazione lirica del Costanzi, il numero Zero apre con Aida - in scena al Costanzi dal 31 gennaio prossimo - e la blackface, scritta in caratteri minuscoli, che appare primo tema dominante. Pubblicata dalla casa editrice fiorentina effequ, raffinata ed indipendente, diretta da  Francesco Quatraro e Silvia Costantino, il magazine dell'Opera è inteso come: "mezzo di diffusione della lirica all'interno della sua comunità, uno spazio di democrazia", nelle parole del Sovrintendente Francesco Giambrone.

Il nome della rivista scelto dall'Opera di Roma è di matrice chiaramente anglistica, e non solo per il nome risalente al'opera del Bardo, difatti una delle piu' importanti riviste di ricerca universitaria negli ambiti della letteratura inglese e americana nata nel 1977 e pubblicata da Savelli si chiama Calibano. Al Calibano precedente hanno collaborato, solo per fare qualche nome, Benedetta Bini (mia professoressa durante gli anni universitari, N.d.R.); Nadia Fusini e Barbara Lanati: l'attuale Calibano dell'Opera si avvale di studiosi dello stesso rango in ambiti che vanno da Neelam Srivastava, che è una ricercatrice di Post-colonial Studies alll'Università di Newcastle, autrice del primo saggio sulla blackface in uso nell'opera, ovvero il saggio "Pelle bianca, maschere nere", fino agli studenti del master di giornalismo della LUISS, ovvero Alissa Balocco, Caterina di Terlizzi Benassati e Mattia Giusto Zanon. Naturalmente gli articoli centrali sono scritti dal direttore Paolo Cairoli come dal critico musicale Sandro Portelli, solo per citarne due.

Il nucleo fondativo della rivista è composto dal Direttore Paolo Cairoli, e nella redazione abbiamo in primis Cosimo Manicone, sono entrambi uffici stampa operistici, ed il secondo, che conosciamo bene da anni, è l'editor in chief che si è sempre occupato dei libretti del Costanzi, da piu' di due decenni; quindi una garanzia per critici e studiosi. A fianco a loro, notiamo Christian Raimo e Giuliano Danieli, e Cairoli ci informa che la rivista si edita in collaborazione con il master di giornalismo dell’Università LUISS di Roma diretto da Gianni Riotta, si avvale di "molti spirit nuovi, ovvero dei giovanissimi collaboratori".

Il nome, secondo il Direttore Paolo Cairoli, si riferisce a "Calibano come vittima discriminata nella Tempesta di Shakespeare", però sappiamo bene che questa "vittima" è in realtà un "mostro deforme", perlomeno come è descritto da Shakespeare, e che è simbolo del male e reso schiavo da Prospero, - che gli insegnerà la "sua" lingua colonialista facendogli dimenticare quella materna - dopo aver ucciso la madre strega Sycorax, quindi riassume Rebecca Milanesi dell'Alma Mater Studiorum dell'Università di Bologna:

"Prospero esercita il suo potere incontrollato su tutto nell’isola e appena sconfigge Sycorax insegna a Caliban la sua lingua. Caliban impara a parlare come Prospero e Miranda e smette di usare la sua lingua, che muore nell’oblio causato troppo spesso dalla pulizia culturale esercitata dagli oppressori. Leggere di questa vicenda ricorda al lettore della pulizia etnica e culturale effettuata in Nord America durante la conquista delle prime colonie e, successivamente, dei territori più a ovest. The Tempest avverte lo spettatore riguardo i pericolosi confini tra l’etica e la sete di conquista e di scoperta."

Riportando anche Agostino Lombardo (Lombardo, Agostino; Prefazione a La Tempesta (2014); Feltrinelli, Milano), che è citato da Rebecca Milanesi, - naturalmente il topos è amplissimo - la questione su Calibano è controversa, poichè nell'arte di Shakespeare, la cui posizione non è chiara come nell'ambito di qualsiasi genio, il rischio è la prospettiva colonialista, nonostante, ricito Milanesi:

"Prospero, con il suo celeberrimo monologo, rinuncia finalmente alle arti magiche, che ha utilizzato numerose volte per indispettire e tenere schiavi Ariel e Caliban. Osservando il mondo reale, giù dal palcoscenico e al di là del sipario, la situazione dei nativi, degli immigrati e dei loro figli in Nord-America rimane tragica, intrisa di razzismo strutturale, vittima di una continua e violenta oppressione economica e sociale che prosegue da secoli e non mostra cenni di progresso."

Tornando all'opera lirica ed all'uso del blackface, ovvero di dipingere il volto dei bianchi per fargli interpretare i personaggi di colore come Otello, la questione è da indagare da punti di vista opposti, poichè anche la scelta di farli interpretare da neri oppure da bianchi "non colorati" può essere letta in termini "discriminatori", e qui rimando, per un approfondimento, al saggio di Andrea Peghinelli "Tutto è segno". Per tirare le somme, si dovrà approfondire l'intera rivista che dedica anche spazio alla questione dello "sbiancamento" di Michael Jackson ed agli sportivi di colore, nonchè una silloge poetica di autori vari ed un'apertura conclsuiva alle recensione di libri.

Come ci informa il nuovo Sovrintendente del Teatro dell'Opera di Roma, Francesco Giambrone: "La rivista è semestrale ed i prossimi due numeri saranno dedicati rispettivamente: a giugno col numero uno a Madama Butterfly ed allla questione gender; a novembre col numero due al postumano con Mefistofele." In proposito, l'editore Francesco Quatraro, sottolinea come: "La composizione delle illustrazioni di Simone Ferrini si è avvalsa delle potenzialità del programma text-to-image di Intelligenza Artificiale, quindi inserendo testi sono state create delle immagini che hanno illustrato il magazine. L'immagine di copertina invece è una libera creazione dell'artista Marinella Senatore."

Concludo con la celebre prefazione al Ritratto di Dorian Gray (1890) di Oscar Wilde, che si compone di due aforismi proprio su Calibano, che rimangono tuttora un enigma a seconda di come li si vuole intepretare:

"L’avversione del diciannovesimo secolo per il realismo è la rabbia di Calibano che vede il proprio volto riflesso nello specchio.
L’avversione del diciannovesimo secolo per il romanticismo è la rabbia di Calibano che non vede il proprio volto riflesso nello specchio."

Pubblicato in: 
GN12 Anno XV 25 gennaio 2023
Scheda
Titolo completo: 

CALIBANO

Numero Zero: AIDA/blackface
Rivista semestrale del Teatro dell'Opera di Roma

Casa editrice effequ Francesco Quatraro e Silvia Costantino

Direttore Paolo Cairoli
Redazione Cosimo Manicone, Christian Raimo, Giuliano Danieli

La rivista sarà disponibile in tutte le librerie ed online sul sito della casa editrice effequ dal prossimo 2 febbraio al costo di € 15