Quirino. Falcone e Borsellino. Il metodo che sconfisse la Mafia

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
Chi ha paura muore ogni giorno

Il teatro è un luogo dove, grazie alla parola letteraria e al racconto, diviene possibile rappresentare sia le creazioni artistiche degli scrittori sia i racconti sulla storia civile di un Paese. Appartiene a questo secondo ambito lo spettacolo Chi Ha Paura Muore Ogni Giorno di Giuseppe Ayala, che è stato portato in scena al Teatro Quirino il 17 ed il 18 marzo 2012.

Lo spettacolo, tratto dal libro che Ayala ha scritto sugli anni in cui ha come magistrato partecipato insieme a Falcone e Borsellino all'istruzione del maxi processo contro la mafia, è stato emozionante e molto importante storicamente. Il lungo monologo letterario, intervallato ed accompagnato dai brani recitati con grande bravura da Francesca Ceci volti  a delineare il contesto storico delle vicende storiche descritte, è basato sui ricordi personali di Giuseppe Ayala, che è stato Pubblico Ministero a Palermo, in anni decisivi per la lotta contro la mafia, ed in seguito parlamentare nazionale.

Lo spettacolo inizia con il ricordo doloroso della strage di Capaci, in seguito alla quale Ayala si trovò dinanzi il corpo senza vita del suo amico Falcone, di cui con struggente nostalgia ha ricordato le grandi  capacità umane e professionali. Questo spettacolo, con rara e grande efficacia, ricostruisce un ampio periodo della storia Italiana, durante il quale venne non solo celebrato il maxi processo e dimostrato che il mito dell'invincibilità della mafia poteva essere infranto, ma furono, grazie alle inchieste di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, svelati i segreti ed i meccanismi di potere di Cosa Nostra.

Questo fu possibile, come ha sostenuto Ayala, perché Falcone ebbe la straordinaria intuizione di inventare un nuovo metodo di indagine, la cui peculiarità essenziale consistette nel dare vita al Pool antimafia, in modo da creare un coordinamento con il quale indagare intorno ai delitti di mafia in modo unitario, riconducendoli ad un'unica matrice investigativa.

In più Falcone comprese che, se il traffico della droga non lasciava tracce, era possibile seguire i movimenti del denaro, ed iniziò a indagare nel mondo delle banche siciliane, raccogliendo prove decisive a sostegno delle accuse. Inoltre, per rendere più efficaci e penetranti le inchieste penali, decise di compiere personalmente le rogatorie internazionali e di viaggiare in tutto il mondo, perché aveva compreso la natura internazionale e globale del fenomeno mafioso.

Per questo motivo, alcuni lo definirono lo sceriffo planetario, nel periodo in cui Giovanni Falcone venne ingiustamente criticato per le modalità investigative seguite. In particolare, il metodo d'indagine legato alla stagione del Pool antimafia venne aspramente contestato sul piano giuridico, poiché, essendo all’epoca il giudice istruttore monocratico, si riteneva che le indagini coordinate fra diversi magistrati fossero un'anomalia, che si discostava dalla procedura penale.

Come con accenti dolenti e intrisi di amarezza sincera ha ricordato Ayala in questo bellissimo ed intenso spettacolo, negli anni Ottanta accaddero alcuni fatti storici importanti, che non possono essere ignorati, se si vuole capire l'implicazione culturale e politica delle inchieste realizzate dal pool antimafia. In primo luogo vi fu la famosa e feroce lotta fra i Corleonesi e i Palermitani, a causa della quale a Palermo vennero uccise trecento persone in un anno.

In più negli anni Ottanta vennero eliminati dalla mafia, con attentati sanguinosi e di rara efferatezza, il generale Dalla Chiesa, Pio La Torre, autore della legge che prevedeva il sequestro dei beni appartenenti ai mafiosi, Rocco Chinnici, capo dell’ufficio istruzione di Palermo, che aveva  condiviso ed approvato il metodo investigativo dovuto ad una felice intuizione di Giovanni Falcone.

In ogni caso è grazie ai collaboratori di Giustizia, come Tommaso Buscetta ed altri, che divenne  possibile squarciare il velo che impediva di conoscere il mondo oscuro e torbido di Cosa Nostra e di penetrare nei segreti inesplorati di questa organizzazione criminale. Grazie al grande lavoro investigativo del Pool, i cui magistrati più autorevoli e capaci furono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, si arrivò alla celebrazione del Maxiprocesso, alla conclusione del quale vennero inflitte condanne severe, poi confermate dalla Corte Suprema di Cassazione, ai più pericolosi ed abili capi mafia, un fatto storico fondamentale nell’azione di contrasto della Stato contro la mafia.

A questo proposito, Ayala ha polemicamente ricordato che il Pool antimafia non venne fermato nel 1992 con l’uccisione di Falcone e Borsellino, poiché già alla fine degli anni ottanta erano avvenuti alcuni fatti, che dimostrano, a distanza di anni, che vi era la volontà di una parte delle istituzioni di impedire lo sviluppo e la prosecuzione dell'attività investigativa contro la mafia, che pure aveva dato grandi risultati.

Infatti nel 1988 il Csm, dopo le brutte vicende legate alle lettere anonime del Corvo e ad una campagna infame volta a delegittimare Giovanni Falcone, designò come capo dell’ufficio istruzione di Palermo Antonino Meli, che decise improvvidamente di separare le inchieste e accantonare la stagione del Pool antimafia.

Per Ayala non si può avere una corretta ed esatta percezione del fenomeno mafioso e delle sue implicazioni culturali ed antropologiche, se si trascura la circostanza che alla base di questo fenomeno terribile vi è un nodo politico irrisolto. Lo stato ha saputo sgominare il terrorismo con gli strumenti dello stato di diritto, ma, secondo l’autorevole collega di Borsellino e Falcone, non ha seguito la stessa strategia verso la mafia, poiché la mafia ha i suoi rappresentanti dentro le istituzioni repubblicane.

Nella prima parte degli anni novanta, mentre Ayala divenne parlamentare repubblicano e lasciò Palermo, il ministro socialista Claudio Martelli, un politico colto ed avveduto, affidò a Giovanni Falcone la direzione generale degli affari penali del ministero di grazia e giustizia, incarico che non potette svolgere fino in fondo, perché venne ucciso nel 1992.

Che cosa rimane della stagione del Pool antimafia? In primo luogo l’esempio di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, che seppero incarnare i valori dell’impegno a favore dello stato di diritto e della legalità, senza essere paralizzati dalla paura nella loro attività giurisdizionale. In secondo luogo, come ha riconosciuto Ayala, il contributo di conoscenza fornito da questi due straordinari magistrati alla cultura del nostro paese, per cogliere i caratteri essenziali che definiscono il profilo e l’ideologia di Cosa Nostra e della mafia, fenomeno storico che dura e si perpetua da oltre centocinquant'anni.

Alla fine di questo spettacolo, in preda alla commozione, come tutti quelli che  erano presenti nel teatro, è riaffiorata nella mia mente la frase di Leonardo Sciascia, secondo la quale la Sicilia è una terra di sconfitti, eppure non bisogna rinunciare alla lotta per liberare l’Italia dalla criminalità declinata nelle sue svariate forme.

Pubblicato in: 
GN20 Anno IV 26 marzo 2012
Scheda
Titolo completo: 

Teatro Quirino di Roma

Chi Ha Paura Muore Ogni Giorno
In scena Giuseppe Ayala, Francesca Ceci.
Testi di Giuseppe Ayala, con la collaborazione di Ennio Speranza. Musiche di Roberto Colavalle e Matteo Cremolini. Regia di Gabriele Guidi

17 e 18 marzo 2012