Roma. Artisti all'Opera a Palazzo Braschi

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Enrico Prampolini il castello nel bosco 1931

Il Museo di Roma a Palazzo Braschi ospiterà fino al all’11 marzo 2018 la mostra Artisti all’Opera Il Teatro dell’Opera di Roma sulla frontiera dell’arteda Picasso a Kentridge 1880-2017. Gian Luca Farinelli ne è il curatore con Antonio Bigini e Rosaria Gioia, con il contributo per la parte storico-scientifica di Francesco Reggiani e Alessandra Malusardi dell’Archivio storico e la collaborazione di Anna Biagiotti della Sartoria della Fondazione Teatro dell’Opera di Roma.

Il progetto del 1946 di dotare il teatro dell'Archivio storico si è concretizzato solo nel 2001 e custodisce oltre 60.000 costumi, 11.000 tra bozzetti e figurini di cui circa 1300 di famosi artisti quali Pablo Picasso, Renato Guttuso, Giorgio de Chirico, Afro, Alberto Burri, Giacomo Manzù, Mario Ceroli, Arnaldo Pomodoro, William Kentridge. Potrebbe sembrare singolare affidare la cura di una simile esposizione al direttore della Cineteca di Bologna, ideatore assieme a Nicola Mazzanti de Il Cinema Ritrovato, invece il legame c’è per due ragioni. La prima è che il melodramma nacque dalla fusione di diverse espressioni artistiche: poesia, teatro, arti figurative, musica, canto e danza, un aspetto condiviso dal cinema. Anche prima della sincronizzazione del suono, infatti, il “Cinema muto” non lo era perché aveva sempre una “colonna sonora” in sala da vivo, dall'orchestra nei cinema di lusso, al pianoforte in quelli popolari, la musica poteva essere anche composta da famosi musicisti, come fu per quella per Rapsodia satanica, film di Nino Oxilia del 1917composta da Mascagni. La seconda è perché alla nascita del cinema italiano contribuirono personalità artistiche geniali come Luigi Sapelli in arte Caramba (1865 – 1936) il cui nome ricorre nelle maggiori produzioni delle opere tra fine ‘800 e inizio del secolo successivo. Palazzo Braschi ha ospitato nel 2014 una splendida mostra con molti aspetti in comune con l'attuale I vestiti dei sogni. Un secolo di storia del cinema attraverso l'arte dei grandi costumisti italiani ideata e realizzata della Fondazione Cineteca di Bologna e Equa di Camilla Morabito, sempre a cura di Luca Farinelli con la collaborazione di Antonio Bigini e Rosaria Gioia.

Come premessa alla mostra aggiungiamo che il Teatro dell’Opera nato come Teatro Costanzi, per volontà di Domenico Costanzi (1820-1898), imprenditore edile, su progetto di Achille Sfondrini (1836-1900) e con la cupola affrescata dal Annibale Brugnoli (1843-1915), fu inaugurato nel 1881 con Semiramide di Gioachino Rossini (1792-1868). Fu edificato vicino alla Stazione Termini, una zona non centrale, a differenza dei Teatri storici: Valle, Argentina e Apollo, che nel 1888 venne demolito per la costruzione degli argini del Tevere. Il teatro rimase fra alti e bassi a gestione privata fino al 1926, anno in cui il Comune di Roma acquisì il Costanzi e il Teatro prese il nome di Regio Teatro dell'Opera e dopo la proclamazione della Repubblica quello di Teatro dell'Opera.

La mostra è ben articolata e con un allestimento ben riuscito sia nella disposizione che nell'illumminazione che permettono di ammirare pienamente la bellezza  dei costumi, dei bozzetti di scene, dei figurini dei costumi e dei costumi. I curatori hanno pensato di creare un affascinante viaggio nel backstage per scoprire cosa avviene e come si lavora per quello che riguarda scene, costumi e macchine teatrali. Dopo una sala che introduce il visitatore dietro le quinte la disposizione è in ordine cronologico cominciando da Pietro Mascagni (1863 – 1945) che colse il primo, più grande e duraturo successo proprio al Costanzi nel 1890 con la sua prima opera Cavalleria Rusticana. Basata sull’omonima novella di Giovanni Verga e vincitrice del Concorso per opere nuove, bandito dall’Editore musicale Sonzogno. Nello stesso teatro ci fu la prima assoluta di altre sue opere: L’amico Fritz (1891), Iris (1898), Le Maschere (1901), Lodoletta (1917), Il Piccolo Marat (1921). Tra i vari bozzetti e manifesti segnaliamo quello realizzati da Caramba e quello proprio per Cavalleria Rusticana di Camillo Parravicini (1902-1978), pittore e creatore di splendide scenografie, funzionali all'azione scenica di grande impatto visivo.

Una sala è stata giustamente riservata a Caramba e Mariano Fortuny, Luigi Sapelli in arte Caramba è il creatore dell’arte costumistica moderna, celeberrimi i suoi allestimenti e costumi per l’intero repertorio d’opera, per l'operetta, i balletti, la prosa e il cinema. Caramba utilizzò frequentemente i cangianti tessuti stampati realizzati dall’amico Mariano Fortuny che avevano il pregio esaltare l'impatto visivo delle stoffe sul palcoscenico. Mariano Fortuny (1871 – 1949), pittore, stilista, scenografo e designer spagnolo naturalizzato italiano lavorò per il teatro, per l’arredamento e per la moda. In mostra ci sono testimonianze dei I maestri cantori di Norimberga di Richard Wagner (1813 - 1883) del 1932 di cui Fortuny e Caramba firmarono scene e costumi. Il grande patrimonio di costumi alla morte di Sapelli nel 1936 fortunatamente fu acquistato “a peso” da Teatro Reale dell’Opera, allora diretto dal grande direttore d'orchestra Tullio Serafin, ed è ancora conservato con cura nei magazzini del teatro. In mostra ci sono oltre ad alcuni costumi anche figurini come quelli realizzati nel 1911 per Aida.

Non poteva mancare una sezione dedicata a Giacomo Puccini ( 1858- 1924) che per il teatro compose Tosca, dal dramma di Victorien Sardou ( 1831-1908) andata in scena per la prima volta al Costanzi il 14 gennaio 1900, con scene, costumi e il celeberrimo manifesto firmati da Adolf Hohenstein. Per la composizione Puccini studiò con cura non solo gli ambienti in cui si svolge il dramma ma anche il suono delle campane di Roma e imserì il testo di uno stornello di Giggi Zanazzo (1860-1911), celebre poeta romanesco, per l’aria del pastorello all'inizio del 3° atto. Questo allestimento è stato ripreso dal Teatro che lo metterà in scena anche nel prossimo anno

Cosa accadeva per la messa in scena ? Bene in genere era curata con attenzione dal compositore stesso, una tradizione risalente a Claudio Monteverdi, creatore del melodramma, lo dimostra quello che scrisse per Il combattimento di Tancredi e Clorinda. Una lettera di Mozart al padre chiarisce come fosse consapevole del suo duplice ruolo di compositore e drammaturgo, i libretti nel corso del tempo si arricchirono di indicazioni per il direttore di scena, che trovavano riscontro in partitura per gli effetti musicali legati all'azione scenica, Verdi, Puccini e Wagner sono esemplari per la cura meticolosa che pretendevano per gli allestimenti. Nella prima parte del '900 il direttore d'Orchestra assunse un ruolo sempre più importante nella direzione artistica e scenica. Un nome per tutti Arturo Toscanini, che per l'allestimento alla Scala di Tristano e Isotta di Wagner nel 1923 chiamò Adolphe Appia (1862-1928) le cui idee contribuirono alla nascita della regia moderna. Non poteva mancare uno spazio dedicato ai laboratori posti in via dei Cerchi nell'ex pastificio Pantanella ristrutturato dall’architetto Michele Busiri Vici (1894 - 1981) che ideò una sopraelevazione senza pilastri con vaste vetrate, una tra le prime sperimentazioni di capriate in cemento armato. Lo spazio all'ultimo piano è riservato alla realizzazione e alla pittura delle scene ancora con i sistemi dell'antica e preziosa tradizione, sotto la direzione di Maurizio Varamo.

Nel teatro arrivarono anche i Ballets Russes di Diaghilev, che innovarono profondamente non solo la danza ma tout court lo spettacolo dal vivo coinvolgendo scenografi-artisti come Braque, Picasso, Benois, Utrillo, compositori come Debussy, Poulenc, Prokofiev, Ravel, Satie, Respighi, Richard Strauss e Igor Stravinskij coreografi come Fokine, Vaclav Nijinski, Leonide Massine, Balanchine e intellettuali come Jean Cocteau. Il cappello a tre punte con musica di Manuel De Falla, coreografia di Léonide Massine e scene costumi di Picasso arrivò al Teatro Costanzi nel 1920, dopo il debutto a Londra, 
nella terza tournée della compagnia a Roma. I 29 lucidi realizzati con tecnica mista sono copie di lavoro dei figurini originali realizzati per il balletto del 1919, poi autorizzati da Picasso per la ripresa dello spettacolo del 1954. In occasione del centenario della nascita dei Ballets Russes (2009) nelle stagioni 2006, 2007 e nel 2009, quando il balletto del Teatro era sapientemente guidato da Carla Fracci, non solo quell'allestimento è stato nuovamente ripreso e ricostruito sotto la guida di Maurizio Varamo per le scenografie e di Anna Biagiotti per i costumi, ma questo è avvenuto per altre 12 coreografie del repertorio della mitica compagnia.

Quando il Teatro Costanzi venne acquistato da Comune di Roma cambiò nome divenendo il Teatro Reale dell'Opera e furono intrapresi lavori di ristrutturazione che riguardarono tutte le parti del teatro su progetto di Marcello Piacentini (1891- 1960). L'inaugurazione avvenne il 27 febbraio 1928 con l’allestimento del Nerone di Arrigo Boito (1842-1918), scene e costumi di Duilio Cambellotti (1876–1960), la collaborazione di questo prolifico artista non fu limitata solo a questa occasione ma anche ad altri titoli come il Lohengrin di Wagner (1929) e il Macbeth di Giuseppe Verdi (1813-1901)  nel 1933, di tutti alcuni bozzetti sono in mostra. Tra gli importanti artisti che collaborarono con il Teatro dell'Opera in esposizione i bozzetti di alcune produzioni: di Felice Casorati (1886 – 1963) nel 1941 per l'Orfeo  opera di Claudio Monteverdi (1567-1643) , di Cipriano Efisio Oppo (1891-1962) nel 1932 per La donna serpente opera di Alfredo Casella (1883 – 1947) e per il balletto La rosa del sogno sempre di Casella con la coreografia di Aurel Millos (1906 –1988) quelli di Filippo De Pisis ( 1896 – 1956). La collaborazione di questi artisti con il mondo teatrale nella produzione di opere a loro contemporanee e le coreografie di Milloss è, a nostro avviso, la testimonianza di come anche in Italia, nonostante il Fascismo imperante, si recepissero gli influssi del nuovo modo di concepire la messa in scena e la drammaturgia che ebbe come massimo esponente Max Reinhardt (1873- 1943).

La reinterpretazione della tradizione con attenzione alla verosimiglianza storica ma in una dimensione di realismo fantastico realizzato con splendida magnificenza e grandiosità è rappresentata da Nicola Benois (1901 – 1988) ultimo magistrale pittore scenografo dei fondali dipinti, figlio di Alexander, che ideò le mitiche scenografie di alcuni dei balletti di Stravinskji, come Petruška, di cui è anche coautore del libretto. Di come concepisse il suo lavoro scrisse: “Quello dello scenografo è un lavoro di fantasia e deve essere sempre collegato intimamente alla musica ed esprimerla, ma è anche un lavoro di calcolo, un continuo ragionamento sulla trasformazione del dato musicale in immagine, in un ambiente a tre dimensioni”. Dei ventisei allestimenti realizzati per Roma in mostra c'è solo l'Aida a Caracalla del 1938.

Non sempre le raccomandazioni sono negative, nel caso di un artista geniale come Enrico Prampolini (1894 – 1956), uno dei maggiori esponenti del Futurismo sono un'opportunità. Fu una lettera di raccomandazione infatti , ancora conservata in archivio, come ci ha rivelato Francesco Reggiani, che permise a Prampolini, che aveva bisogno di lavorare, di creare scene e costumi. L'artista trasferì il dinamismo e gli sfolgoranti colori della pittura futurista nella scenografia ideando una scena dinamica, con giochi di luce e rumori e con i costumi che diventano elementi scenici e rispecchiano la psicologia dei personaggi, tra le sue creazioni Il castello nel bosco (1931) un balletto su musiche di Franco Casavola (1891 – 1955), I capricci di Callot (1942) opera di Gian Francesco Malipiero (1882 – 1973) che curò anche la regia, un'opera Salambò (1948) e un balletto Operazione aritmetica (1953) di Casavola. Il linguaggio astratto di Afro – Libio Basaldella (1912 – 1976) è presente nel bozzetto e nei figurini di Memorie dall'ignoto (1959) balletto su musica di Bela Bartók (1881-1945) e coregrafia di Milloss. Di Mirko Basaldella (1910 – 1969), fratello di Afro e scultore, si possono ammrare le splendide maschere create per la Création du monde (1955) un balletto ideato da Miloss su musiche di Darius Milhaud.

Il grande salone delle feste è stato riservato a Giorgio de Chirico (1888-1978) e contiene il magnifico sipario per l'Otello di Rossini (1792-1868) dipinto dall'artista (1964) , oltre ai bozzetti sono presenti anche gli  incantevoli costumi realizzati non solo per quello spettacolo, ma anche uno per il Un ballo in maschera di Verdi e quello del Duca di Mantova (Rigoletto) che fu indossato da Beniamino Gigli (1890-1957). Una sala è anche dedicata a Renato Guttuso (1912- 1987) tra le creazioni per il Teatro dell'Opera ci sono ampie testimonianze di scene e costumi soprattutto di Carmen (1970) ma anche di Pulcinella (1950-51) e della Sagra della Primavera (1967) entrambe su musica di Stravinskji e coreografie di Milloss e di Aladino e la lampada magica (1976) opera di Nino Rota (1911-1979). Ricordiamo poi i bozzetti di Emanuele Luzzati (1921-2007) per I 7 peccati capitali (1967) su musica di Antonio Veretti (1900-1978), quelli di Toti Scialoja (1914-1988) per Rapsodia in Blu di George Gershwin (1898-1937) entrambi i balletti su coreografia di Milloss. Un'altra sala è dedicata a Le nozze di Figaro di Mozart e al Don Carlo di Verdi (1965) di Luchino Visconti (1906 - 1976) spettacoli di fascino straordinario, ripresi anche successivamente e al  Falstaff di Verdi (1963) di Franco Zeffirelli, straordinari spettacoli che abbiamo avuto la fortuna di vedere dal vivo.

In una piccola sala c'è uno spazio tutto dedicato ad una grande artista svizzera italiana,Lila De Nobili (1916 - 2002), pittrice ideatrice di scenografie e costumi di raffinata bellezza e curati nei minimi particolari ci sono i bozzetti, figurini e i costumi per  Le Roi des gourmets (1965) su musica di Rossini una coreografia di Jean Babilée (1923-2014) dedicata al gastronomo Jean Anthelme BrillatSavarin (1755-1826). Nel 1993 abbiamo potuto ammirare al Opera di Roma la magnificenza delle sue scene e costumi realizzati per l'Aida del 1963 al Teatro alla Scala con la regia di Zeffirelli . Delle sale successive ricordiamo l' Oedipus Rex di Stravinskij, con scene e costumi di Giacomo Manzù (1908 – 1991) suo primo impegno teatrale, riproposto pochi anni fa è uno spettacolo ancora di grande impatto ed efficacia drammaturgica, la scena evoca in modo essenziale e onirico una epoca arcaica e mitica. Una sala è ancora dedicata ai costumi e tra questi segnaliamo quelli realizzati per Alzira di Verdi da Danilo Donati (1926 -2001), la sua abilità di evocare civiltà mitiche o scomparse è ben nota anche al cinema, sono suoi i costumi per Edipo Re di Pasolini, (1922 -1975), nel caso di Alzira si tratta del Perù conquistato dagli spagnoli nel 1500.

Nelle ultime sale dedicate ad anni più recenti ricordiamo quella dedicata a Mario Ceroli (1938) che realizzò le scene e costumi della Sancta Susanna di Paul Hindemith (1895 - 1963) nel 1977 e de La fanciulla del West di Puccini (1983), l'artista ideò le pareti con frammenti di rami e fondali di paglia, un richiamo poetico al selvaggio West. Ci furono prestigiose collaborazioni anche con artisti trai quali ricordiamo Alberto Burri ( 1915- 1995), Arnaldo Pomodoro (1926) per la Semiramide di Rossini (1982), Umbero Mastroianni (1910-1989) per Il coro dei morti di Goffredo Petrassi (1942), Domenico Purificato (1915-1984) per il Petruška di Stravinskji. C'è anche una sala dedicata agli stilisti di moda che hanno creato costumi per l'Opera quali Balestra, Valentino, Ungaro e Capucci che, a nostro avviso, è il più affascinante per la sua peculiare creatività che è un'arma vincente nella messa in scena. Dalla seconda metà del secolo scorso la figura del regista ha sempre più acquistato peso fino a prevalere sulla parte musicale, The Bassarids di Hans Werner Henze (1926-2012), che ha inaugurato la passata stagione, per la prima volta in scena a Roma, con la regia di Mario Martone, a nostro parere, è stato un esempio positivo di collaborazione tra la parte musicale e quella scenica e ancora di più uno spettacolo della stagione scorsa che dopo New York, Amsterdam e Londra è approdato a Roma, la Lulu di Alban Berg (1885-1935) diretta da William Kentridge (1955), con la proiezione di oltre cinquecento disegni da lui realizzati è stata una riuscita e seducente interpretazione dell'opera di Berg. 
 

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GN6 Anno X 8 dicembre 2017
Scheda
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Artisti all’Opera
Il Teatro dell’Opera di Roma sulla frontiera dell’arte da Picasso a Kentridge 1880-2017
Museo di Roma
Nuovo Spazio Espositivo al I piano
dal 17 novembre 2017 all'11 marzo 2018