S. Paolo fuori le Mura. Riapre l'area archeologica medievale

Articolo di: 
Nica Fiori
Area archeologica dell'Orto di San Paolo fuori le Mura

A cinque anni di distanza dalla prima inaugurazione, è stata riaperta al pubblico l’area archeologica dell’Orto dell’Abbazia benedettina di San Paolo fuori le Mura, con un nuovo suggestivo allestimento che è stato presentato nel Chiostro annesso alla Basilica l’11 luglio (festa di San Benedetto), con il titolo “Il Medioevo a San Paolo. Papi, monaci e pellegrini”.

In effetti quest’area archeologica, di circa 1200 mq, offre l’opportunità di visionare un piccolo pezzo dell’articolato insediamento che si era formato intorno al santuario paolino nei secoli della tarda antichità e del Medioevo. Costituito da monasteri, luoghi di accoglienza per i pellegrini, case e impianti produttivi, il borgo extraurbano venne fortificato da papa Giovanni VIII (872-882) per proteggerlo dalle incursioni saracene e fu denominato perciò Johannipolis.

Gli scavi che hanno restituito questo pezzo della Giovannipoli iniziarono nel 2007 quando, volendo dotare la basilica di un edificio con adeguati servizi di accoglienza, vennero ispezionate alcune strutture nell’Orto dei monaci a sud della basilica, che portarono all’individuazione di antichi muri. Procedendo con gli scavi, sono stati riportati alla luce la base di un piccolo campanile (il più antico esempio di questo tipo di costruzione conservato a Roma), strutture relative alle “case dei poveri” (fine V, inizio VI secolo) volute da papa Simmaco (498-514), con l’adiacente canaletta cui è pertinente una fistula di piombo iscritta, ambienti monastici dell’VIII secolo, i resti di un portico colonnato e perfino un dolio di epoca imperiale riutilizzato come vera di un pozzo.

Dopo anni di lavori l’area venne resa accessibile nel 2013 con una passerella di cantiere che permetteva di visionarne i resti, ma l’insieme era quasi sommerso dall’eccesso di cemento e acciaio dalla moderna costruzione soprastante, che ha reso necessario un ripensamento della sistemazione del sito. Indubbiamente la nuova illuminazione, la “smaterializzazione” del cemento, una pedana in parte trasparente, l’uso di ghiaia a più colori per individuare le diverse zone e il rinnovamento dell’insieme in senso museale hanno reso l’area più affascinante. Tutto ciò è stato possibile grazie a un lavoro portato avanti dall’Amministrazione della Basilica Papale, dai Musei Vaticani, dal Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana e dalla Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio della Sapienza Università di Roma.

I visitatori possono ora usufruire di un percorso sotterraneo (sotto l’edificio moderno con il bookshop e il bar) che rende fruibile un sito archeologico, sicuramente di non immediata comprensione per le diverse fasi costruttive interrotte e sovrapposte, ma agevolato dalla visione di pannelli esplicativi, di grandi disegni che rievocano l’atmosfera medievale del luogo e di una saletta didattica. Ci si rende conto, in particolare, di come lo spazio a cielo aperto compreso tra il complesso monastico, il portico e il lato sud della basilica fosse interessato, soprattutto nel corso dell’VIII secolo, dalle attività dei cantieri destinati alla costruzione degli stessi edifici.

Significative tracce di tali attività si sono riconosciute nei bacini per la miscelazione della malta, il legante utilizzato per l’assemblamento delle opere murarie, composto da calce, pozzolana e materiali inerti. Al ciclo di lavorazione della calce, ottenuta dalla cottura dei marmi antichi, si può riferire anche la presenza di due fusti di colonne di recupero con tracce di martellatura, abbandonati sul terreno. Il reimpiego generalizzato di materiali edili – marmi, tufi, mattoni – caratterizza in modo marcato le strutture altomedievali, che utilizzano pezzi di svariate dimensioni e provenienza, spesso lavorati. L’uso dell’area come spazio di lavorazione edilizia si protrasse per tutto il medioevo e fino alla fase di ricostruzione del monastero promossa da Ludovico Barbo nel XV secolo. A questo periodo va attribuita la calcara “a fossa” rinvenuta nello scavo.

Con un po’ di fantasia si può immaginare come dovevano svilupparsi alcuni ambienti monastici (una sala di 10 x 14 m, un vano di analoga larghezza a sud, che si estende oltre i limiti dell’area allestita, e un ambiente stretto e lungo, del quale pure non si è rintracciata la terminazione meridionale). Dalle fonti storiche sappiamo della presenza presso il santuario paolino di una comunità femminile (di Santo Stefano) e di una maschile (di San Cesario) a partire dal pontificato di Gregorio Magno (590-604). Le strutture portate alla luce, databili ai primi decenni dell’VIII secolo, sono però pertinenti a una fase successiva del monastero, che vide la fusione dei due cenobi in un unico maschile, sotto papa Gregorio II (715-731). I nuclei principali del complesso vanno ipotizzati a est, in parte anche sotto l’attuale Abbazia, che del monastero più antico costituì con molta probabilità la progressiva contrazione architettonica, in rapporto ai numerosi momenti d’incuria e di abbandono documentati dall’XI al XIV secolo.

L’attenzione dei visitatori è colpita maggiormente, più che dai bassi muri rinvenuti nello scavo, dalla ricostruzione (in tende circolari a fili bianchi) delle colonne del portico dell’VIII secolo, del quale rimane il piano di appoggio delle colonne. Il porticato, che doveva estendersi a sud e a nord fino all’originario atrio della basilica, era dovuto forse a Gregorio II, o al successore Gregorio III (731-741), e venne risistemato alla fine dell’VIII secolo da Adriano I (772-795). La struttura colonnata costituiva un monumentale passaggio coperto per i pellegrini che si recavano nella basilica; essa si deve considerare il prolungamento altomedievale della lunga porticus tardoantica descritta per la prima volta dallo storico Procopio di Cesarea nella prima metà del VI secolo, analoga a quelle che segnavano il percorso dei pellegrini a San Pietro e a San Lorenzo.

Questo nuovo allestimento dell’area, che faceva parte dell’Orto abbaziale, rende ancora più interessante la visita del complesso di San Paolo fuori le Mura, che della stessa Abbazia conserva il pregevole Chiostro, considerato quasi gemello di quello di San Giovanni in Laterano. Opera in parte dei Vassalletto, celebre famiglia di marmorari romani del XIII secolo, presenta il solito schema dei chiostri romanici quadrati, ma dimensioni maggiori e una decorazione molto più ricca. Le colonnine, tutte binate, offrono varietà di forme: lisce, scanalate, tortili, rivestite da smaglianti tessere di mosaico. Il colore e l’oro delle colonnine è ripreso nel fregio soprastante, dove a dischi di porfido e serpentino si alternano mosaici e smalti.

Una galleria di passaggio tra il chiostro e l’area archeologica medievale è stata sistemata come antiquarium con l’esposizione dei reperti venuti alla luce nel corso dei lavori di scavo, tra cui ritrovamenti ceramici e monetari, frammenti di sarcofagi che erano usati nelle murature, una testina marmorea femminile e la copia del grandioso Sarcofago Dogmatico, rinvenuto durante i lavori di rifacimento ottocenteschi a San Paolo e conservato nei Musei Vaticani. Destinato ad una coppia, il sarcofago presenta su due livelli scene del Vecchio e del Nuovo Testamento ed è databile alla fine dell’età costantiniana (337-340).

Al chiostro si accede, a pagamento, dalla Basilica di San Paolo, che venne costruita sul luogo dove era stato deposto il corpo del Santo, dopo il suo martirio avvenuto nella località delle Tre Fontane. Fondata da Costantino sulla via Ostiense, la basilica è detta dei Tre Imperatori perché venne ampliata da Teodosio, Graziano e Valentiniano II, sul finire del IV secolo. L’imponente edificio a cinque navate con 80 colonne stupiva i visitatori per la ricchezza delle decorazioni interne e l’oro dei mosaici, tanto da essere considerata nei secoli la più bella chiesa romana, prima che l’incendio sviluppatosi tra il 15 e il 16 luglio del 1823 non la distruggesse quasi completamente (è sopravvissuto, per fortuna, il ciborio gotico di Arnolfo di Cambio).

Proprio in quei giorni Pio VII stava morendo e il suo Segretario di Stato cardinale Consalvi preferì risparmiargli la triste notizia. Il suo successore Leone XII diede subito inizio alla riedificazione diretta da Pasquale Belli, Pietro Bosio e Pietro Camporese jr., e completata poi da Luigi Poletti. La basilica fu quindi consacrata nel 1854 da Pio IX. Nel 1891 però l’esplosione della polveriera di Vigna Pia provocò nuovi danni distruggendo completamente le vetrate che ornavano i finestroni, poi rifatte sotto Pio X e Benedetto XV. A spese del governo italiano furono poi costruiti la facciata prospiciente il Tevere ed il quadriportico di granito rosa, nel cui centro è posta la colossale statua di San Paolo in marmo di Carrara, opera di Pietro Canonica.

Pubblicato in: 
GN34 Anno X 17 luglio 2018
Scheda
Titolo completo: 

Basilica papale di San Paolo fuori le Mura
Piazzale di San Paolo, 1 - Roma
Aperta tutti i giorni dalle 7 alle 18,30
Ingresso Chiostro, Pinacoteca e Sito archeologico (dalle 9 alle 16): 4€
Gratuito per i bambini da 0 a 5 anni e per i disabili e relativi accompagnatori