Santa Cecilia. Lo struggente valzer delle ore

Articolo di: 
Livia Bidoli
Danza delle ore

L’evento di chiusura dell’anno a Santa Cecilia riprende il tema di Cronos con la suite di musiche intitolata La danza delle ore diretta da Antonio Pappano e con il virtuoso Leonidas Kavakos al violino solista.

Dal Valse triste di Jean Sibelius alla conclusiva La Valse di Maurice Ravel, si giunge attraverso Ponchielli con il vivace valzer La danza delle ore da cui è tratto il titolo della serata, ed il luccicante Gold und Silber Waltz (il valzer d’oro e d’argento) di Franz Lehàr.

Il tema macabro nel Valse Triste (1903) di Jean Sibelius (compositore finlandese 1865-1957) compone la sua stessa struggenza, avviluppando in un vortice di mestizia fin dalle prime note. La prima ispirazione dell’opera, il brano è stato scritto insieme ad altri sei, è stata il dramma del cognato Arvid Järnefelt Kuolema (La Morte, 1903). La storia di una madre che sul letto di morte immagina un ultimo ballo in cui incontra la glaciale donna con la falce. Qualche tempo dopo, la matrigna della sposa di Paavali, il figlio della madre morta, appicca il fuoco alla casa della coppia uccidendo incidentalmente se stessa ed il genero. La narrazione viene splendidamente ripresa da Bruno Bozzetto nel 1976 nel lungometraggio animato ad episodi Allegro non troppo (episodio spesso attribuito a Fantasia di Walt Disney, prima edizione nel 1940 e riedita nel 2000), insieme ad altri pezzi famosi come la suite dal Bolero di Ravel .

Antonio Pappano alla direzione svela un valzer che s’inebria di tristezza con gli archi che flessuosamente riportano alla nostalgia di un quadro familiare che presto si disperde in una nuvola assopita dall'amarezza che si tratti di un sogno. La melanconia del gatto si rinnova, come nell’animazione di Allegro non troppo, riscoprendo nella casa una vitalità lontana, un tepore obnubilato dal rullare dei tamburi che ridestano dall'inebriamento onirico, assalendoci con lo sconforto dei fantasmi. Questi sei minuti di Sibelius sono uno dei brani più commoventi nella storia della musica e ci guidano in quei meandri del ricordo che, non appena affievolito, si riaccende in un miraggio iridescente.

Ancora Sibelius nella prima parte del concerto, con Leonidas Kavakos che ci dona un’esecuzione virtuosa al violino per il Concerto in Re minore per violino e orchestra op. 47 (1903-1904), per circa trenta minuti. Al termine, dopo un’ovazione, due bis, il primo da un altro virtuoso par excellence, Paganini, l’altro da Eugène Isaye (1858-1931), anche questa esecuzione “blessed with merit” (benedetta dal merito) come vuole il significato del nome del compositore belga.

Il Concerto 47 è un pezzo ostico sia per l’orchestra sia per il solista tantoché, la prima esecuzione in assoluto con Nováček al violino si trasformò in un insuccesso tale da condurre Sibelius a semplificarla. Nonostante ciò rimane comunque un concerto cui dedicare prove lungimiranti. Dopo la parte virtuosistica e la singolare apertura del violino solista, l’orchestra interviene con i fiati inanenllandosi al suoni tzigani del violino che fa ardere le corde e flettere l’arco in sincronia con la vigorìa di Pappano alla direzione. Il passo lirico è più intenso nel climax del primo movimento, un Andante moderato, dove le ragioni "nazionali" di Sibelius sono più evidenti. Nell’Adagio seguente il suono si trasforma in un lento affiorare che termina in lancinante tragedia acquistando la dimensione ritmica nel finale Allegro ma non tanto. Qui ricorda quasi le danze ungheresi di Brahms per l’afflato, e la precisa scansione in velocità lo rende il più ardito dei tre movimenti.

La seconda parte del concerto incalza con Il Gold und Silber Waltz (il valzer d’oro e d’argento, 1901) di Lehàr che è una stoccata di vitalità per il cuore. Capitombolano pietre colorate di suoni che rendono l’atmosfera fatata, introducendo una danza i cui arpeggi sorridono su note pizzicate. Un valzer perfetto alchenicamente per il Natale in un rullìo di cromie sfavillanti.

Segue l’allegro valzer di La danza delle ore di Amilcare Ponchielli tratto da La Gioconda (1876), di cui ricorderemo gli ironici struzzi chic al femminile dell’animazione di Fantasia del 1940 di Walt Disney, nondimeno l’aerea versione pittorica e omonima di Gaetano Previati del 1899. L’arpa da il via alla rincorsa delle ore e immaginiamo fate e ruscelli in paesaggi silvestri in un leggiadro divampare di musicalità di nuovo pizzicate, Sissi saluta in un’Austria moralmente ancora felix

La Valse di Ravel narra di una Vienna che permane, languida fra i suoi passi di valzer, quasi un malore di sottofondo si astrae dai fuorvianti aspetti musicali che si colgono facilmente in questo valzer. Si è inquieti e lo schema classico vira altrove attraverso le percussioni, stemperandosi in brevi cenni che finiscono per assomigliare ad uccelli che friniscono impazziti per un finale improvviso e ad effetto.

Un concerto splendido per esecuzione e ideale per salutare le festività ed augurare la fine dell’anno oltreché l’inizio del nuovo, in particolare al percussionista Giorgio Angelini che dopo trentacinque anni lascia l’Orchestra di Santa Cecilia per un meritato riposo.

Pubblicato in: 
GN4/ 18 dicembre 2008 1° gennaio 2009
Scheda
Titolo completo: 

Concerto di Lunedì 22 dicembre - ore 21.00
Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Antonio Pappano direttore
Leonidas Kavakos violino

Jean Sibelius Valse triste
Jean Sibelius Concerto per violino e orchestra op. 47
Franz Lehàr Gold und Silber Waltz
Amilcare Ponchielli La Gioconda: Danza delle Ore
Maurice Ravel La valse

Auditorium Parco della Musica di Roma
Sala Santa Cecilia

Anno: 
2008
Voto: 
9
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