Santa Cecilia. Nagano esalta il côté wagneriano di Bruckner

Articolo di: 
Teo Orlando
Nagano

Martedì 3 dicembre 2013 l’Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha visto salire sul podio un direttore ricco di molteplici esperienze, il nippo-americano Kent Nagano, che ha da poco concluso un’esaltante esperienza come direttore dell’Opera nazionale bavarese di Monaco; a lui si è affiancato il il giovane pianista polacco Rafal Blechacz, noto per aver vinto il prestigioso Concorso Chopin di Varsavia nel 2005. Il programma prevedeva il Concerto per pianoforte e orchestra K 491 di Wolfgang Amadeus Mozart e la Terza sinfonia di Anton Bruckner.

Meno noto dei celeberrimi Klavierkonzerte  K 467 e K 488, anche il Concerto n. 24 K 491 in do minore rientra comunque tra i più eseguiti di Mozart, con una partitura complessa che valorizza sia il pianista, sia l’orchestra. Del resto, lo stesso compositore salisburghese ebbe a scrivere in una lettera al padre Leopold: "C'è una conversazione appassionata tra il solista del concerto e l'orchestra che lo affianca".

Il concerto risale al marzo del 1786, quando Mozart era precipuamente impegnato nella stesura delle Nozze di Figaro, e fu scritto quasi contemporaneamente al Concerto K 488 in la maggiore. Ma il K 491 apre già al futuro beethoveniano, dal momento che si connota come qualcosa di alieno dal puro virtuosismo di intrattenimento, denotando già un approccio pre-romantico e presinfonico, con l’impiego di una tonalità in minore, una tendenza al tragico e una scrittura strumentale che riesce a combinare la massima varietà di idee con la massima economia di materiali, pur non rinunciando a una notevole complessità armonica.

Del resto, già il grande scrittore e critico E. T. A. Hoffmann aveva sottolineato come questo Mozart si muovesse in un clima romantico: “Negli abissi del regno degli spiriti ci conduce Mozart. Il timore ci avvolge; ma, senza tormento, è come un presentimento dell'infinito. Amore e malinconia risuonano con voci leggiadre, la notte del regno degli spiriti si dissolve nel chiaro bagliore purpureo, e in uno struggimento indicibile inseguiamo le forme che, volteggiando tra le nuvole nell'eterna danza delle sfere, ci fanno cenno amichevolmente di unirci alle loro file”.

Nagano e l’Orchestra di Santa Cecilia sono ben consapevoli della peculiarità di questa partitura mozartiana, e sanno mirabilmente servirsi delle textures contrappuntistiche create soprattutto dalla sezione dei fiati, tra cui spiccano i clarinetti, gli oboi e le trombe. Dal canto suo, Blechacz non esita a interpretare il primo movimento, l’Allegro, in modo impetuoso e travolgente, piegando la tastiera del pianoforte a quel movimento ternario che è la cifra stilistica di quest’insolita composizione mozartiana. Con mirabile contrappunto, si inserisce poi il flauto, il quale crea una scala discendente che dialoga perfettamente con il pianoforte, prima che quest'ultimo riemerga con due motivi che poi si scontrano più vigorosamente con i materiali orchestrali.

Nel secondo tempo, il Larghetto, sembra di udire certi tempi “calmi” del repertorio sinfonico dell’Ottocento, con una distensione che però ha ancora saldi radice settecentesche, alludendo alle forme del rondò e della serenata.

Nel terzo e conclusivo tempo, Mozart ritorna all’atmosfera più ricca di pathos del primo movimento. È un Allegretto costruito però con una sequenza di otto variazioni su un tema, che si dipanano come una suite senza soluzione di continuità: assolutamente mirabile è la padronanza dello strumento a tastiera raggiunta dal giovane polacco, il quale prima accompagna la sezione degli archi, poi alterna il pianoforte con i legni o con l’intera orchestra, e infine riesce perfettamente a integrare i cromatismi pianistici con i ritmi incalzanti creati dai fiati, dagli archi e dai timpani, in un caleidoscopio sonoro di notevole impatto.

La Sinfonia n. 3 in re minore di Anton Bruckner è detta anche “Wagner-Symphonie”, perché il compositore austriaco aveva dedicato l’opera al venerato Maestro di Lipsia (da lui definito “l’irraggiungibile celebre nobile maestro di poesia e musica”), al punto che in origine, ossia nel 1873, anno della sua prima stesura, la partitura conteneva alcune citazioni di temi tratti da varie opere wagneriane, segnatamente il Tristan und Isolde, Die Walküre e Die Meistersinger von Nürnberg, poi espunte dalle successive versioni, tra cui l’ultima, quella del 1889, che è stata eseguita a Santa Cecilia.

Si tratta di un’opera appartenente a un grande repertorio sinfonico, che costituisce l’ideale trait-d’union, più di quello brahmsiano, tra il sinfonismo beethoveniano e la rivoluzione della sinfonia attuata da Mahler (debitore a Bruckner, ma legato a lui da un rapporto di amore/odio che lo portò a definire il suo più anziano collega „Halb ein Gott, halb ein Trottel“ – metà un dio e metà un babbeo). Ha nuociuto a Bruckner, tuttavia, il fatto che le sue sinfonie spesso inseguono un gigantismo orchestrale e una polimorfica scrittura timbrica ed armonica, senza mai blandire i gusti del pubblico con melodie ad effetto o con motivi facilmente riconoscibili. Come ha scritto Theodor W. Adorno, “l’inclinazione del sinfonismo bruckneriano è opposta alla fede nella composizione intesa come atto soggettivo di creazione”. In lui, il materiale esercita una sorta di tirannia dogmatica sulla libertà creatrice del compositore.

Nagano riesce perfettamente a condurre l’orchestra in modo da rendere lo stile ipertrofico e monumentale della sinfonia, caratterizzato da un’intonazione eroica, enfatica e magniloquente con una plasticità quasi “muscolosa”, e forti antitesi, sia sonore, sia stilistiche. Prevale comunque la tonalità del re minore, di solito connessa con meditazioni di spessore metafisico e di umore malinconico, tranne nell’Adagio, in mi bemolle maggiore.

Il primo movimento (Mehr langsam. Misterioso), comincia con un intreccio strumentale che carica l’ascoltatore di tensione e di sospensione misteriosa, creato da una serie di arpeggi che si innestano su una triade di tonica. Il nucleo tematico principale emerge dopo pochi minuti, e accompagna poi l’intera sinfonia, in questo davvero simile alle ouvertures wagneriane, dove progressivamente emergono i Leitmotive che poi connoteranno i vari personaggi dell’opera. Il primo affacciarsi del tema è affidato alla tromba, che viene modulata quasi a creare un’atmosfera sacrale; si innestano poi altri ottoni, in particolare il corno, finché non esplode l’intera orchestra creando un fortissimo deciso, con quella massa sonora e quella sorta di “wall of sound” che tanto accomuna Bruckner a Richard Strauss e ai compositori russi a cavallo tra Ottocento e Novecento. Gi stessi ottoni e gli archi danno poi vita a un secondo tema, sinuoso e ritmicamente più instabile, a cui si aggiunge un terzo tema quasi in forma di inno. Il lungo primo tempo si conclude con un’elaborazione del primo tema, anche in forma inversa.

Il secondo tempo si basa anch’esso su tre temi distinti: il primo, l’Adagio, è affidato ai violini e ricorda da un lato l’ariosità dei concerti mozartiani, dall’altro la cantabilità delle arie di Wagner. Il secondo si basa su una melodia delle viole che lo trasformano quasi in un allegretto. Il terzo invece assume una tonalità quasi da canto salmodico, con gli archi in primo piano che lo fa assomigliare quasi a una parte di una messa da requiem.

Nel terzo tempo (Scherzo. Ziemlich schnell), la parte del leone la fanno i secondi violini. Qui sembra di ascoltare una sinfonia di Schubert (di cui Bruckner era stato allievo), arricchita con toni mozartiani.  I violini si alternano ai violoncelli e ai contrabbassi, suonati in pizzicato, che generano una sorta di danza fantastica con un contrappunto in stile valzer. Si inserisce a questo punto il Trio, che assomiglia a un Ländler, ossia a una danza popolare in 3/4 tipica del folklore austriaco e piena di connotazioni umoristiche: non dimentichiamo che una simile scelta stilistica era già stata fatta da Beethoven e Schubert e venne più volte ripresa da Mahler nelle sue sinfonie.

Il grandioso Finale (Allegro) ha anch’esso un’architettura tritematica (Allegro): il primo tema, introdotto dagli archi, vede poi inserirsi tutti i fiati, con una ripresa ritmica del primo movimento. Il secondo tema, in fa diesis maggiore, riprende anch’esso una danza popolare, ossia la polka (che per Bruckner esprime il piacere e la gioia del mondo), associata a un motivo corale che invece, per antitesi, richiama la tristezza delle cerimonie religiose. L’ultimo e conclusivo tema (in re bemolle) richiama in causa l’intera orchestra, che riprende infine gli altri tre temi e fa riecheggiare altresì il primo movimento, conferendo un’insolita allegria alla tonalità di re maggiore.

Pubblicato in: 
GN6 Anno VI 10 dicembre 2013
Scheda
Titolo completo: 

Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Stagione Sinfonica 2013-2014
Martedì 3 dicembre 2013

Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Kent Nagano direttore
Rafal Blechacz pianoforte

Wolfgang Amadeus Mozart
Concerto n. 24 in do minore per pianoforte e orchestra K 491
Allegro (cadenza di Johann Nepomuk Hummel)
Larghetto
Allegretto

Anton Bruckner
Sinfonia n. 3 in re minore "Wagner-Symphonie"
(versione del 1889)
Mehr langsam. Misterioso
Adagio, bewegt, quasi Andante
Scherzo: Ziemlich schnell
Finale: Allegro

Voto: 
8.5