Shakespeare raccontato da Nadia Fusini. Un excursus tra i capolavori del Bardo

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
Sargent

Le opere letterarie dei grandi geni, come Omero, Platone, Dante Alighieri, William Shakespeare, Miguel de Cervantes, hanno favorito e reso possibile la comprensione di ciò che definisce lo specifico della condizione umana ed esistenziale di ciascuna persona, oltre la dimensione del tempo  e dello spazio. Per averne conferma basta leggere l'approfondimento critico di Nadia Fusini, intitolato Di vita si muore (Milano, Mondadori, 2010) con il quale la grande studiosa di letteratura inglese spiega e commenta con notevole acume e con metodologia critica ammirevole, per chiarezza e profondità, i grandi drammi di Shakespeare, il sommo poeta e drammaturgo britannico.

Nel libro, all’inizio di una rivisitazione critica dei temi che attraversano i testi del grande Bardo, Nadia Fusini descrive e indica con molta precisione il contesto storico e culturale in cui il drammaturgo concepì le sue immortali opere. Tra la fine del Cinquecento e la metà del Seicento, epoca in cui si passa in Gran Bretagna dal regno di Elisabetta I a quello di Giacomo I, la sensibilità umana conobbe uno sviluppo notevole e fondamentale. In questo periodo storico il teatro ed il dramma divengono il medium ed il linguaggio che dimostrano e rivelano il passaggio tra una concezione della vita fondata e basata sul rito e sul cerimoniale ad un’altra per capire e definire la quale occorre evocare la psicologia umana. Infatti con Shakespeare, per alcuni studiosi di letteratura siamo in presenza, grazie alla sua enorme opera di poeta e drammaturgo, dell’invenzione dell’umano.

Al centro dei suoi drammi principali vi è un'indagine inimitabile e straordinaria per acutezza e capacità di comprensione della vita interiore dell’uomo, la cui esistenza viene analizzata e vista in rapporto alle passioni: l’ambizione, l’avidità, l’odio, l’amore, la bramosia di ricchezza e di potere, la paura e l’angoscia. Il momento shakesperiano, secondo Nadia Fusini, si situa culturalmente e storicamente in un periodo storico compreso tra la Riforma protestante, che segna la fine dell’unità dei cattolici e la ribellione verso la chiesa di Roma, e l’inizio della guerra civile, che avrà conseguenze enormi sulla vita spirituale e culturale inglese.

Per rendere possibile la piena e completa interpretazione ed assimilazione dei temi e delle problematiche contemplate e rappresentate nei drammi di Shakespeare, è necessario tenere presente che l’ordine spirituale su cui si basava la società medievale, in cui la relazione tra l’umano ed il divino era priva di dubbi ed incertezze, si è incrinato definitivamente. Con la scoperta delle macchie individuate da Galileo Galilei nei vasti orizzonti infiniti e l’opera  filosofica di René Descartes e Michel de Montaigne insieme a quella di Giordano Bruno, l’uomo del Seicento, contemporaneo di Shakespeare, scopre di essere in un mondo privo di centro, nel quale le certezze metafisiche si infrangono. In quegli stessi anni, il grande poeta metafisico John Donne ebbe a scrivere:

"And new Philosophy calls all in doubt,/The Element of fire is quite put out,/The Sunne is lost, and th'earth, and no man's wit/Can well direct him, where to look for it." (E la nuova filosofia mette tutto in dubbio,/l'elemento del fuoco è affatto estinto,/il sole è perduto, e la terra; e nessun ingegno umano/può indicare all'uomo dove andarlo a cercare, An Anatomy of the World, tr. it. di Giorgio Melchiori, vv. 205-208).

In più parti del suo profondo saggio critico la Fusini pone l’accento sul rapporto tra l’opera del grande drammaturgo e la temperie culturale che caratterizzava la società inglese del suo tempo. Il mondo viene concepito come un vasto teatro, sul quale ogni uomo recita una parte, il cui regista è un Dio invisibile, nella cui esistenza affiorano, secondo la sensibilità del tempo in cui visse il grande Bardo, grazie alle opere dei grandi ingegni e dei grandi pensatori, i primi dubbi e le inevitabili inquietudini esistenziali che ne derivano. Come ci ricordano gli immortali versi di Come vi piace (As You Like It):

"All the world's a stage,/And all the men and women merely players./They have their exits and their entrances;/And one man in his time plays many parts,/His acts being seven ages". (Tutto il mondo è teatro. E gli uomini e le donne puri istrioni tutti: hanno le loro entrate e le loro uscite di scena, e ognuno fa diverse parti nella vita, che è un dramma in sette atti, II, 7, vv. 142-146, tr. it. di C. V. Lodovici).

Per spiegare quest'idea del mondo inteso come un Teatro, che ricorre spesso nel suo libro, la Fusini menziona e cita, commentandolo con grande profondità, un dipinto celeberrimo di Matthias Grünewald: Cristo Che Porta La Croce. In questo dipinto compare una folla che, in preda all’eccitazione ed incapace di trattenere la propria aggressività e perfidia, umilia e deride il figlio dell’uomo, destinato da Dio al supremo sacrificio per la salvezza dell'umanità. Per capire in che senso Shakespeare può, a giusto titolo, essere considerato il genio capace di inventare un nuovo linguaggio umano, non bisogna dimenticare che, mentre la tragedia antica è nata in Grecia dalla conversione del rito di Dioniso, nel quinto e quarto secolo a. C., il dramma moderno deriva dalla riproduzione e dall’imitazione della passione di Cristo.

Nei drammi principali di Shakespeare viene sempre tragicamente raffigurata e rappresentata la catastrofe che si abbatte ineluttabilmente sul destino dell’Eroe, devastandone la serenità e la vita. Nel Giulio Cesare (Julius Caesar), Bruto, prima di commettere l’assassinio di Cesare, vive un grande tormento interiore, generato e causato da un conflitto insanabile che è provocato nella sua mente tra ragione e passione. A causa di una convinzione, che insorge nella sua mente in virtù di un’immaginazione visionaria ed illusoria, decide di partecipare alla congiura, poiché ritiene di dover eliminare il tiranno per garantire la salvezza della Repubblica Romana. Sarà Marco Antonio nella tragedia a pronunciare, dopo la morte di  Cesare, un grandioso discorso, per dimostrare che con l’uccisione di Cesare Roma precipiterà nella guerra civile, rischio non valutato da Bruto, la cui mente è stata offuscata dalla passione politica ed influenzata da pensieri aberranti e funesti.

Nell'Amleto (Hamlet), il protagonista, dopo che è ritornato nella corte danese, in seguito all’uccisione del padre, scopre che lo zio Claudio, che ha sposato sua madre Gertrude, è il responsabile della morte del padre, che gli compare in forma di spettro, per fargli sapere in che modo è avvenuta la sua morte. Amleto, dopo che ha scoperto che suo zio è regicida e per questo ha usurpato la corona a lui destinata, agirà per vendicare il padre, e per questo, a causa del dolore e della sofferenza, non riuscirà ad amare Ofelia. In uno dei suoi soliloqui, tra i più celebri della tragedia, Amleto, in preda ai dubbi ed ai tormenti, si chiede chi sia l’uomo, quale sia la sua natura ed il suo ruolo nell’ambito della creazione e del mondo. Al cospetto della madre, che è dominata dalla lussuria, e dello zio Claudio, che per ambizione di potere ha ucciso suo padre, Amleto dichiara che l’uomo non gli piace.

Nel dramma Misura Per Misura (Measure for Measure), viene descritta una situazione assai particolare. Nella città di Vienna dilaga e si diffonde la lussuria, da cui paiono essere posseduti tutti i suoi abitanti. Il duca Vincenzo, per ristabilire l’ordine morale sconvolto e turbato dal vizio, abdica temporaneamente alla corona in favore del suo braccio destro Angelo, uomo integerrimo e apparentemente immune dal desiderio della carne. Isabella, una novizia che si trova in convento, si rivolge ad Angelo, divenuto monarca, perché conceda con spirito di misericordia la libertà a suo fratello, che a causa dei suoi vizi si trova rinchiuso in carcere. Angelo, al cospetto della bella Isabella, donna piena di grazia e fascino femminile, viene colto dal desiderio di possederla, sicché cede al piacere dei sensi.

Nel dramma intitolato Otello, il Moro di Venezia (Othello, the Moor of Venice), la vicenda raccontata spiega come l’ambizione possa indurre l’uomo ad agire con cattiveria e perfidia. Infatti Otello, un moro dalla pelle scura, a Venezia si innamora di Desdemona, che riesce a sedurre e a conquistare grazie alla sua capacità di raccontare storie meravigliose e coinvolgenti. Iago, che nutre sentimenti di odio verso Otello dal quale non ha ricevuto la nomina che si aspettava, riesce con malevola ed inarrivabile cattiveria a persuadere il marito che Desdemona lo ha ripetutamente tradito. Otello, sopraffatto dalla gelosia, uccide la moglie, la quale non prova a ribellarsi, poiché, in base all’educazione che ha ricevuto nel suo tempo, si considera sottomessa alla volontà del marito, per il quale sacrifica la sua vita di donna dalla specchiata innocenza e moralità. Iago incarna la passione dell’odio, e per questo è posseduto dalla malvagità, mentre Otello agisce in modo abietto ed ignobile, perché la sua ragione viene offuscata dalla gelosia, che insorge nel suo animo in seguito alle insinuazioni a cui presta fede.

Nel Re Lear (King Lear), il re sbaglia nello scegliere le figlie a cui donare il suo regno, poiché la collera lo induce a commettere un errore di valutazione. Infatti, decide di donare il suo regno in parti uguali a Gonerill e Regan, privando di ogni diritto all’eredità la terza figlia Cordelia, il cui atteggiamento aveva suscitato nell’animo del vecchio re indignazione e amarezza, rendendolo incapace di soppesare con lucidità la sua decisione. In seguito, le due figlie cattive, per avidità di denaro e potere, escluderanno dalla corte il vecchio re, che si troverà spogliato della sua aura regale e vagabonderà tra i reietti nella landa sperduta, con l’animo sopraffatto dal dolore e dalla sofferenza per l’ingratitudine dimostrata nei suoi riguardi dalle figlie. Sarà Cordelia che dalla Francia ritornerà in patria per soccorrere ed aiutare il vecchio padre.

Nel Macbeth il delitto viene spiegato alla luce dell’ambizione per il potere che l’uomo può in modo improvvido e aberrante nutrire e coltivare. Le streghe compaiono dinanzi a Macbeth sulla strada e gli predicono il futuro. Lui diverrà il nuovo sovrano, dopo avere ucciso Duncan, il re di Scozia. Sollecitato dalla moglie ad attuare questa profezia, Macbeth si renderà responsabile della morte del sovrano, ospite nel suo castello. In seguito diverrà re e, per mantenere e preservare il potere, non esiterà a perpetrare altri orrendi crimini. Tuttavia il rimorso di coscienza lo tormenterà fino alla fine dei suoi giorni, rendendolo cinicamente indifferente rispetto ai sentimenti di pietà e di compassione umana.

Alla fine del libro, uno tra i più interessanti di divulgazione letteraria usciti quest'anno in Italia, Nadia Fusini ricorda come nei suoi drammi Shakespeare abbia saputo raffigurare la nuova sensibilità moderna, per capire la quale occorre considerare parole e concetti come libertà, responsabilità, volontà umana. Un libro indimenticabile, che per la sua importanza può servire da introduzione ai saggi critici di Mario Praz, il più grande studioso di letteratura inglese del secolo passato e ancora oggi un punto di riferimento imprescindibile.

Pubblicato in: 
GN33 Anno III 29 dicembre 2010
Scheda
Autore: 
Nadia Fusini
Titolo completo: 

Di vita si muore. Lo spettacolo delle passioni nel teatro di Shakespeare, Milano, Mondadori, 2010, pp. 496. Euro 22.

Anno: 
2010
Voto: 
9