Slavoj Žižek. La necessità di un pensiero critico

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
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Esiste nel nostro tempo la necessità di avere un pensiero critico che metta in discussione e sia capace di criticare i presupposti culturali da cui deriva la globalizzazione capitalistica, che domina il mondo contemporaneo privando la politica della sua autonomia rispetto all'economia. Il libro del grande filosofo di Lubiana Slavoj Žižek, da poco pubblicato dall’editore Ponte alla Grazie in Italia con il titolo In difesa delle cause perse, corrisponde a questa esigenza di capire meglio come è governata la società mondiale nel nostro tempo.

Il libro può essere diviso in due parti. Nella prima parte Žižek, ricorrendo alla terminologia della psicoanalisi, offre un'interpretazione critica per cogliere i caratteri fondamentali della società liberale su cui si basa il capitalismo globalizzato. Per Žižek la circostanza storica innegabile che la sinistra dopo il 1990, in seguito alla dissoluzione dei paesi del socialismo dell’Europa orientale, abbia smesso di menzionare la parola capitalismo, sostituita dal termine universale globalizzazione, rappresenta il segno che si è offuscata la capacità di analizzare le cause che generano le ingiustizie e la sofferenza umana.

Per Jacques Lacan, il significativo maestro, figura della psicanalisi che si oppone al Super Io di Freud, designa le regole del vivere civile, la cui giustificazione deriva dal riconoscimento della loro necessità. Nella società liberale del nostro tempo, dominata dall’individualismo egoista, vi è una minaccia che incombe, secondo l’analisi di Žižek, sulla civiltà umana. Infatti vi sono due nichilismi, come già aveva teorizzato Friedrich Nietzsche, che spiegano quello che Žižek chiama con molta efficacia il cinismo liberale. Vi è il nichilismo passivo, che si basa sull'indifferenza nei riguardi della sofferenza umana e sulla fuga consolatoria nella società dei consumi, ed il nichilismo attivo, proprio dei fondamentalisti islamici e religiosi, che con la violenza mirano a distruggere l’universo corrotto della società liberali.

Per capire l’organizzazione umana di una società e coglierne i fondamenti ideologici è fondamentale tenere presente la distinzione delineata da Lacan tra l’immaginario, il simbolico ed il reale. Il simbolico si riferisce alla conoscenza umana, mentre il reale ha un legame evidente con l'esperienza. A questo proposito, proprio nella parte in cui storicamente affronta con esemplare rigore critico le cause culturali e filosofiche che hanno provocato la dissoluzione dei paesi del socialismo reale e la caduta del muro di Berlino nel 1989, Žižek spiega la differenza tra l’Evento e quello che chiama Pseudo-Evento.

Per il filosofo francese Alain Badiou il crollo dei paesi del socialismo reale è stato uno pseudo-evento, poiché in essi era assente l’apertura utopica verso la creazione di una società fondata sulla libertà e l'eguaglianza. Molto belle sono le pagine del libro nelle quali, per rappresentare il rapporto che vi è nel nostro tempo tra il dominio del capitalismo globalizzato e la tecnica, Žižek chiarisce i motivi per i quali Martin Heidegger nel 1933 decise di aderire al Nazismo.

Il filosofo tedesco aveva intuito che il futuro dell'umanità sarebbe stato dominato dalla tecnica, sicché per fronteggiarla lo stato liberale gli appariva inadeguato e votato al fallimento. Nella parte storica del libro, che ha un'attenzione maggiore ai grandi eventi rivoluzionari del passato, Žižek dimostra come la grandiosa idea rivoluzionaria sia riuscita a dare vita ad un modello di società, che aspirava a realizzare in modo compiuto gli ideali della giustizia e dell'eguaglianza.

Con il Terrore di Robespierre nel 1792 e fino al 1794 la violenza rivoluzionaria ha raggiunto il culmine. Da questa esperienza storica terribile ha tratto origine la concezione giacobina della lotta politica. La rivoluzione d’ottobre in Russia idealmente si pone in una linea di continuità con il giacobinismo, cosi come il leninismo e la stagione terrificante dello stalinismo, durante la quale i nemici di classe vennero eliminati con le purghe.

Anche la rivoluzione culturale di Mao in Cina appartiene e rientra, secondo Žižek, nell’ambito del grande evento rivoluzionario. Tuttavia, come mai questi tentativi di dare attuazione alla grande idea rivoluzionaria non hanno prodotto una società di uomini liberi ed uguali? Secondo Žižek, sia il socialismo reale nei Paesi dell’Est, sia la rivoluzione di Mao in Cina sono falliti, poiché non ha funzionato il partito stato. Infatti nel nostro tempo, in cui il mercato globalizzato è divenuto la mano invisibile che ha il potere di decidere la nostra sorte, come ha dimostrato la crisi finanziaria degli ultimi anni, è necessario per Žižek immaginare una resistenza rispetto al dominio del pensiero unico basata sulla logica della sottrazione.

Poiché non esiste più la classe operaia, quale soggetto privilegiato della rivoluzione, ma moltitudini di individui esclusi dai benefici della globalizzazione - si pensi alla baraccopoli disseminate per i Paesi asiatici ed Africani - è fondamentale organizzare la lotta di resistenza al di fuori dello Stato. Ciò è quanto sostiene il pensatore Alain Badiou. Nel mondo globalizzato sono venuti meno e si sono  eclissati i confini nazionali, sicché vi è un movimento incessante di merci, idee ed uomini.

Proprio perché vi è la presenza della negatività nelle nostre società, dovuta alle ingiustizie ed alle diseguaglianze che provocano la sofferenza umana, occorre tenere presente che per affrontarla tre sono le politiche possibili.

Una politica autoritaria e populista, con un leader carismatico che mobilita il popolo manipolandone il consenso ed inventandosi un nemico contro cui scagliarsi. Una politica autenticamente democratica, che miri a ristabilire il primato della politica sulla economia e sulle semplice amministrazione. Infine una politica post-democratica, che si consegna nella mani di una tecnocrazia indifferente verso il dolore e la sofferenza generate dalla mano invisibile dell'economia di mercato, che nel nostro tempo ha il dominio assoluto a causa del fenomeno della globalizzazione.

In  Europa vi è una divisione tra il modello anglosassone, che privilegia una modernizzazione rivolta a produrre regole che siano compatibili con la globalizzazione, il cui esito è l’individualismo di massa. E, diversamente, il modello europeo, che mira a conciliare il libero mercato con politiche tese a preservare lo stato sociale.

Per Žižek è fondamentale rigettare e opporsi alla idea della fine della storia, formulata in sede teorica da Francis Fukuyana all’indomani della caduta del muro di Berlino. Secondo questa idea singolare, la fine del comunismo, avvenuta nel 1990, dimostra che la società liberale fondata sul libero mercato è l’approdo finale della lunga evoluzione che ha conosciuto la civiltà umana. Per Zizek, poiché nel nostro tempo vi sono le moltitudini degli esclusi, è fondamentale immaginare un nuovo modello di sviluppo, capace di realizzare gli ideali di giustizia e libertà e di evitare la catastrofe ecologica, rischio a cui è esposta in questo momento l’umanità. Un libro molto bello e profondo.

Pubblicato in: 
GN23 Anno VI 24 aprile 2014
Scheda
Autore: 
Slavoj Žižek
Titolo completo: 

In difesa delle cause perse, Milano, Ponte Alle Grazie, 2013. Pp. 637. € 19,80