Steve Hackett a Villa Ada. Il ritorno di Mister Progressive

Articolo di: 
Teo Orlando
Steve Hackett

Il 28 luglio 2010 Villa Ada ha rivisto il ritorno a Roma di Steve Hackett, da giovanissimo chitarrista dei Genesis (dai tempi di Nursery Cryme) e poi protagonista di una notevole costellazione di progetti musicali, da solista o in collaborazione con altri musicisti, come Steve Howe, il suo omologo negli Yes, anch’egli virtuoso della chitarra dalla tecnica sopraffina.

Se dovessimo individuare un personaggio a cui assegnare il titolo di Mister Progressive, sicuramente Hackett sarebbe tra i candidati in pole position. Anche perché la sua carriera si è svolta in perfetta coerenza dagli esordi a oggi, sviluppando e perfezionando uno stile inconfondibile, senza nostalgie di retroguardia, e guardando con simpatia e attenzione a tutto quello che l’evoluzione del progressive ha significato, dal post rock al neoprog à la Porcupine Tree, senza però snaturare la sua cifra espressiva.

Dopo un’introduzione con effetti luminosi e stroboscopici, appare prima la vocalist e chitarrista Amanda Lehmann, poi il bassista e cantante Nick Beggs, versatile e perfetto animale da stage (già con i Kajagoogoo), e via via tutti gli altri membri della Steve Hackett Electric Band, ossia lo stesso Hackett, Rob Townsend ai sassofoni e flauto, Roger King alle tastiere e Gary O’Toole alle percussioni e alla voce.

Hackett, che veleggia ormai verso la sessantina, ha avuto l’accortezza di circondarsi di una band formata da personaggi alquanto giovani e di grandissima qualità, che hanno infuso nei vari brani un’energia e una freschezza inusitate.

E questa dinamicità si è già notata dal primo brano, “Every Day”, in puro stile progressive, proveniente dal terzo disco solista di Hackett, Spectral Mornings: lunghi assoli di chitarra e un buon lavoro come corista della Lehmann hanno conferito al brano un’inedita vigoria, a sottolineare anche il messaggio veicolato nel testo, una requisitoria contro le droghe pesanti (“Cleopatra's Needle conquered fear/One more nail in your coffin dear”, L’ago di Cleopatra ha conquistato la paura/un chiodo in più sulla tua bara, mio caro).

Subito dopo “Fire on the Moon”, dall’ultimo album Out Of the Tunnel's Mouth, appare declinato in chiave quasi neoprogressive, con un canto dove si alternano la voce dello stesso Hackett, dapprima cantilenante, e poi quelle degli altri componenti della band, con Gary O’Toole in primo piano, all’unisono con lui.

Il successivo brano, “Emerald and Ash”, appare quasi contaminato da echi degli ultimi Pink Floyd, stile The Division Bell: Nick Beggs abbandona la chitarra basso e afferra il Chapman Stick, strumento a dieci corde che permette, utilizzando la tecnica tapping, di usare in maniera indipendente entrambe le mani e che è stato reso famoso dall’abilissimo Tony Levin, membro dei King Crimson dagli anni ’80. Comincia molto impostato con i cori, per poi evolvere verso una serie di assoli di chitarra di Hackett che dialoga con Beggs e il suo stick: il tutto conferisce al pezzo un andamento molto ritmato, su cui si inserisce poi il sax soprano che sembra riprendere il motivo di “Fire on the Moon”. Hackett, finito il brano, saluta il pubblico e annuncia una sorpresa.

La sorpresa si avverte fin dalle prime note, scandite da un contenuto ma partecipatissimo applauso, che, inconfondibili, introducono la leggendaria “The Carpet Crawlers”, dal concept album The Lamb Lies Down on Broadway dei Genesis, ultimo disco prima dell’abbandono di Peter Gabriel . La song racconta una storia assolutamente surreale, nella quale il protagonista, il portoricano Rael, si ritrova in un corridoio coperto da un tappeto rosso sul quale alcune persone in ginocchio stanno strisciando lentamente verso una porta di legno. Rael è in grado di muoversi liberamente, cosicché si precipita verso la porta e l’attraversa. Dietro la porta si trova un banchetto di cibo, accanto a una scala a chiocciola che conduce verso l'alto. A conclusione del brano Hackett commentando dice di aver chiesto il permesso a Gabriel per eseguirlo, suscitando una grande approvazione nel pubblico.

La successiva “Ace of Wands” si snoda in chiave molto strumentale con i frontmen e la frontwoman in primo piano. Analogamente si articola “The Steppes”, altro splendido strumentale da Defector. Comincia lentamente con un lancinante assolo del sax soprano (nell’originale era un flauto) di Townsend, che ricorda le sonorità del jazz nordico à la Garbarek. Poi si articola in modo più elaborato e polifonico, quasi facendo il verso al post rock di gruppi come i Godspeed You! Black Emperor o i Mokadelic. Verso la fine ritorna il sax soprano, che suggella il pezzo, e subito dopo lo strumentista passa al sassofono baritono, per eseguire “Slogans” dallo stesso disco. Qui alterna i vari fiati, duellando con le tastiere e le chitarre in una vera apoteosi progressive, concludendo poi con il baritono.

La successiva “Serpentine Song” appare un pezzo più pop, con buon lavoro dei cori e un riferimento al lakeside che sembra tagliato apposta per la venue del concerto, sul laghetto di Villa Ada.

“Mechanical Bride” appare invece molto più energica, memore di simili brani progressive, come "Heart of the Sunrise" degli Yes o "Cirkus" dei King Crimson. Basso e sax duettano, con rapido contrappunto delle tastiere. Il testo rimanda a un saggio omonimo di Marshall McLuhan (citato da Hackett nelle liner notes del disco), dove la sposa meccanica (che ricorda un personaggio del racconto di E. T. A. Hoffmann Der Sandmann) è la casalinga americana media turlupinata dalla pubblicità, mentre nel testo hackettiano diventa il simbolo del cittadino ingannato dalla propaganda bellicista di Bush e Blair.

Seguono tre pezzi strumentali: “Spectral Mornings", molto dosato, che si conclude con il flauto; “Walking Away from Rainbows”, con introduzione di chitarra acustica, a cui segue il sax soprano che si produce in un assolo romantico; e per terza la celebre “Horizons”, adattamento del primo movimento della Suite per violoncello solo BWV 1007 di Johann Sebastian Bach, suonata con stile da chitarrista classico. Chitarra classica che riemerge con splendido assolo anche in “Blood on the Rooftops”, altro brano dell’era Genesis, da Wind and Wuthering.

E questa mitica era continua anche con un’altra traccia da The Lamb Lies Down on Broadway, “Fly on a Windshield”, dove il protagonista, Rael, lungo le strade di New York si imbatte in una nube scura e misteriosa vicino Times Square. La nube forma un muro solido e inghiotte lentamente la città e i suoi pedoni, avvicinandosi poi a Rael, che cerca di fuggire, finché i venti non lo catturano, formando una spessa crosta dura di polvere su di lui e immobilizzandolo. Il muro sommerge Rael, colpendolo “like a fly, waiting for the windshield on the freeway” (come una mosca, che attende il parabrezza in autostrada).

Si ritorna a tempi più recenti, con “Sleepers”, molto vibrata e con un testo “gotico” (“Night terrors make you scream/Dogs turned reptiles halloween/Lizards and birds, claws in your feet/Can't shake off all the demons you meet”. I terrori notturni ti fanno urlare/I cani trasformati in rettili ad Halloween/Lucertole e uccelli, artigli nei tuoi piedi/Non puoi scrollarti di dosso tutti i demoni che incontri).

Dopo un assolo di Nick Beggs e una blueseggiante “Still Waters”, il concerto sembra concludersi con “Los Endos”, con perfetta armonia di basso, tastiere e sax.

Ma invocata a gran voce, la band ritorna per eseguire la celeberrima e genesisiana “Firth of Fifth”, da Selling England by the Pound. Il titolo è un gioco di parole che rimanda all'estuario del fiume Forth, in Scozia, comunemente conosciuto come il Firth of Forth.

La canzone inizia con un’introduzione in stile classico che nella versione originale veniva suonata con il pianoforte a coda da Tony Banks, qui validamente surrogato da Roger King. Poi cambia il tempo e si passa alla prima sezione cantata, accompagnata dalle percussioni e da una progressione di accordi in cui le tastiere dialogano con la chitarra e anche con il sax. Si inserisce a questo punto una melodia di flauto, seguito dal sintetizzatore, che riprende il tema di pianoforte di apertura. Hackett reinterpreta la melodia del flauto con uno dei suoi celebri assoli di chitarra che ricordano quasi le corde di un violino. E dopo una sezione cantata, la canzone si conclude sommessamente al pianoforte. Una vera epitome del progressive, anche nei testi, ricchi di citazioni e di riferimenti, da Eraclito e Borges (“The sands of time were eroded by/The river of constant change”. Le sabbie del tempo sono state erose dal/fiume del cambiamento costante) fino a Richard Wagner (le Undinal songs citate rimandano alle Ondine de L’oro del Reno, mutuate da Friedrich de la Motte Fouqué, autore tedesco recensito anche da Edgar Allan Poe).

E mentre ancora il pubblico è in piedi per una standing ovation, l’ultimo pezzo “Clocks - The Angel of Mons” conclude un concerto per molti versi memorabile.

Pubblicato in: 
GN19 Anno II 3 agosto 2010
Scheda
Autore: 
Steve Hackett
Titolo completo: 

STEVE HACKETT ELECTRIC BAND

"Around the World in 80 Trains. The Eletric Band Returns"

Concerto - "Roma incontra il mondo", Villa Ada, Roma 28 luglio 2010

Steve Hackett: chitarra e voce
Rob Townsend: sax e flauto
Amanda Lehmann: chitarra e cori
Roger King: tastiere
Nick Beggs: basso
Gary O'Toole: batteria e percussioni
 

Setlist:

1) Every Day (da Spectral Mornings, 1979)
2) Fire on the Moon (da Out of the Tunnel's Mouth, 2009)
3) Emerald and Ash (da Out of the Tunnel's Mouth, 2009)
4) The Carpet Crawlers (da Genesis: The Lamb Lies Down on Broadway, 1974)
5) Ace of Wands (da Voyage of the Acolyte, 1975)
6) The Steppes (da Defector, 1980)
7) Slogans (da Defector, 1980)
8) Serpentine Song (da To Watch the Storms, 2003)
9) Mechanical Bride (da To Watch the Storms, 2003)
10) Spectral Mornings (da Spectral Mornings, 1979)
11) Walking Away from Rainbows (da Guitar Noir, 1993)
12) Horizons (da Genesis: Foxtrot, 1972)
13) Blood on the Rooftops (da Genesis: Wind & Wuthering, 1977)
14) Fly on a Windshield (da Genesis: The Lamb Lies Down on Broadway, 1974)
15) Sleepers (da Out Of the Tunnel's Mouth, 2009)
16) Nick Beggs' Solo
17) Still Waters (da Out Of the Tunnel's Mouth, 2009)
18) Los Endos (da Genesis: A Trick of the Tail, 1976)

Encores

19) Firth of Fifth (da Genesis: Selling England by the Pound, 1973)
20) Clocks - The Angel of Mons (da Spectral Mornings, 1979)

Anno: 
2010
Voto: 
9.5
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