“Sully” di Clint Eastwood. L'eroismo di un pilota civile

Articolo di: 
Marcovalerio Di Schiena
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È recentemente uscito nelle sale italiane un film che vi consigliamo caldamente di vedere: per la regia di Clint Eastwood, su sceneggiatura di Todd Komarnicki, Sully, la storia di un piccolo miracolo compiuto sul volo di linea US Airways 1549 dal capitano Chesley “Sully” Sullenberger, magnificamente interpretato da Tom Hanks, con Aaron Eckhart nelle vesti del copilota Jeff Skiles e con Laura Linney, nei panni della moglie di Sully. La distribuzione è curata per l’Italia dalla Warner Brothers.

15 gennaio 2009, New York City.
Eppure, quando il volo US Airways 1549 iniziò, flap e slat erano abbassati e la checklist era stata completata. Niente tempesta, e soprattutto nessuno di quei maledetti microburst, vere “bombe” d’aria fredda che hanno ragione di qualsiasi aeromobile.

All’improvviso, birdstrike! Un brutale scontro tra uno stormo di uccelli e in genere uno solo dei motori. Ma questa volta saltano entrambi. L’aereo, appena un paio di minuti dopo aver lasciato l’aeroporto “Fiorello La Guardia”, plana, letteralmente plana, sulla Grande Mela. Una manciata di secondi per pensare. Per pensare che il carburante non vi servirà a niente mentre state per schiantarvi sulla zona più trafficata e indaffarata dell’area metropolitana forse più densamente popolata del globo. Che fare? Tornare a “La Guardia”? No! Siete senza carburante sospesi ad appena 2000 piedi dal suolo. Lì vicino ci sono due aeroporti: la torre di controllo lo ha appena riferito! Il problema è ora: quanto sono vicini? Che esito “prevedrebbe” un algoritmo o un simulatore? Ma un algoritmo può forse prevedere? Non è forse progettato in base ad esperienze passate e dunque anche secondo parametri statistici?

Trovare il giusto equilibrio: avere fiducia in sé stessi, o meglio nella propria tenacia, nella propria generosità, nella propria moralità. E mantenere la calma, in qualunque frangente. Quota 1500 piedi: appena sufficienti per planare sul ponte intitolato a George Washington e poi... una strada non ancora percorsa da nessuno. Mai.

La voce rimane calma, come negli anni da pilota di cacciabombardieri: Eastwood costruisce un ottimo dialogo tra filo narrativo principale e flashback, scegliendo inoltre di sconvolgere l’ordine cronologico degli eventi, forse in ciò emulo di Tarantino. E la storia si fa, se vogliamo, duplice, quella ormai nota del finale secondo noi secondario, che sta tutto nella realtà storica dei fatti, il finale “B”, leggibile ovunque, e quella tutta da capire che dice l’essenziale, ovvero la linea narrativa che porta a quello che chiameremmo il finale “A”.

Hanks (Capt. Chesley Sullenberger, pilota) ed Eckhart (Jeff Skiles, primo ufficiale) riescono a mettere in scena la fragilità, accanto alla saldezza di nervi. Gli sguardi sono franchi, penetranti, onesti; i due volti sono altrettanti ritratti della rettitudine e nei due momenti che contano davvero la coppia di eroi affratellati siede. È un acting, che è un non-acting: i due rimangono immobili, parchi di sguardi e di parole. Nitore. Sì, splendida la fotografia di Eastwood, col nitore della skyline di questa ex-Nuova Amsterdam, “classe” 1625, la città di tutti, e bella la scelta dei colori che digradano dal blu intenso agli ecru, un nitore quasi tokyota, quello con il quale il regista sceglie di ritrarre New York City, e poi il nitore degli interni, dei volti. Nitore-calma-controllo-metodo. L’azione è ridotta al minimo, come lo sono le battute nel momento estremo: un tenue sottofondo ecru di quasi impercettibile, ma superba, maestria.

Il momento della verità: qui, davvero qui e – sembra dire Eastwood – solo qui, si vede come l’uomo, e quale uomo, possa sopravanzare anche gli algoritmi dando il 120%, fino a non averne più; e proprio quando l’uomo, superato il limite solo apparente delle proprie capacità, con lo schianto di nervi che secondo Thomas Mann caratterizza l’apice della creazione artistica, è apparentemente vinto, egli è capace di quel che nessun algoritmo, nessuna statistica potranno forse mai darti.

Degna di nota l’interpretazione di Hanks, artista pienamente maturo, che mostra una notevole varietà di registri espressivi: dal pieno autocontrollo nel momento supremo all’ironia scanzonata, dalla sfacciataggine di chi, sicuro del fatto proprio, si permette di parlare in slang anche davanti alla commissione d’inchiesta, ad una sana commozione. Ci pare inoltre pienamente credibile nel suo umorismo talora godibilmente British il personaggio di Jeff Skiles, memori come siamo del fatto che Aaron Eckhart ha in effetti egli stesso un passato nel blessed plot (Riccardo II, atto II, scena I), ossia nella terra di Shakespeare. Ottima la Linney nell’esprimere tenerezza appassionata e intensa partecipazione alla vicenda umana e professionale del marito.

Pubblicato in: 
GN7 Anno IX 16 dicembre 2016
Scheda
Titolo completo: 

Sully

Lingua originale    inglese
Paese di produzione    Stati Uniti d'America
Anno    2016
Durata    96 min
Genere    biografico, drammatico

Regia:    Clint Eastwood
Soggetto:    dalle memorie di Chesley Sullenberger, Jeffrey Zaslow (co-autore)
Sceneggiatura    Todd Komarnicki
Produttore    Clint Eastwood, Frank Marshall, Tim Moore, Allyn Stewart
Produttore esecutivo    Bruce Berman, Kipp Nelson
Casa di produzione    BBC Films, FilmNation Entertainment, Flashlight Films, The Kennedy/Marshall Company, Malpaso Productions, RatPac Entertainment, Village Roadshow Pictures, Warner Bros.
Distribuzione (Italia)    Warner Bros.
Fotografia    Tom Stern
Montaggio    Blu Murray
Musiche    Christian Jacob
Scenografia    James J. Murakami

Interpreti e personaggi:

Tom Hanks: Chesley 'Sully' Sullenberger
Aaron Eckhart: Jeffrey 'Jeff' Skiles
Laura Linney: Lorraine Sullenberger
Anna Gunn: dott. Elizabeth Davis
Mike O'Malley: Charles Porter
Ann Cusack: Donna Dent
Holt McCallany: Mike Cleary
Jamey Sheridan: Ben Edwards
Jerry Ferrara: Michael Delaney
Sam Huntington: Jeff Kolodjay
Molly Hagan: Doreen Welsh
Max Adler: Jimmy Stefanik
Wayne Bastrup: Brian Kelly
Valerie Mahaffey: Diane Higgins
Jeff Kober: L. T. Cook
Molly Bernard: Alison
Chris Bauer: Larry Rooney
Michael Rapaport: Pete
Adam Boyer: Johnny
Jane Gabbert: Sheila Dail
Cooper Thornton: Jim Whitaker
Patch Darragh: Patrick Harten
Billy Smith: Dan Britt
Autumn Reeser: Tess Soza
Katie Couric: sé stessa