Teatro Argentina. Copenhagen: conversazioni sulla bomba

Articolo di: 
Teo Orlando
Copenaghen

Dal 24 ottobre al 12 novembre 2017 al Teatro Argentina di Roma va in scena Copenaghen del drammaturgo inglese Michael Frayn (prima assoluta a Londra al Royal National Theatre nel 1998), portato sul palcoscenico da un terzetto di grandi interpreti: Umberto Orsini nei panni di Niels Bohr, Massimo Popolizio in quelli di Werner Heisenberg e Giuliana Lojodice come moglie di Bohr, sotto la direzione di Mauro Avogadro. Un thriller scientifico-politico a tre voci: a metà tra immaginazione sbrigliata e ricostruzione storica, nello sforzo di chiarire che cosa avvenne nel 1941 quando il grande fisico Heisenberg, padre del principio d'indeterminazione, collaboratore dei nazisti e premio Nobel nel 1932, fece visita al suo maestro Bohr (pioniere della meccanica quantistica e anch'egli premio Nobel nel 1922), qualche anno prima dell'uso della Bomba atomica da parte degli americani a Hiroshima.

La trama è relativamente semplice: Werner Heisenberg, Niels Bohr e sua moglie Margrethe si incontrano dopo la morte, in forma "disincarnata": L'ambiente è un'aula di fisica in un luogo non meglio precisato, ma probabilmente proprio a Copenhagen. Lo scopo è quello di dare una risposta convincente alla semplice domanda che Margrethe pone all'inizio del dramma: "Perché Heisenberg si recò a Copenhagen?” La prima risposta di Heisenberg suona: "Nessuno ha mai capito il senso della mia missione a Copenhagen, benché io l'abbia ripetutamente spiegato. Ad esempio allo stesso Bohr e a Margrethe. Ad agenti di polizia e dei servizi segreti, a giornalisti e storici. Ma più ho cercato di spiegarla, tanto più profonda è diventata l'incertezza. A questo punto sarò lieto di fare un tentativo in più".

Tutta la pièce in due atti è una sorta di psicodramma in cui si presentano, si accettano in parte e poi si confutano per altre parti le teorie che hanno tentato di fornire una risposta soddisfacente alla domanda. 

L'ultraottantenne Umberto Orsini regge mirabilmente la scena, interpretando la figura di Bohr con composta e austera fermezza. Dall'altra parte, Massimo Popolizio interpreta Heisenberg dandogli una nettissima connotazione shakespeariana, oserei dire a metà tra l'irresolutezza di Amleto e la drammaticità della vita di King Lear. Giuliana Lojodice di par suo incarna la figura femminile che tenta una costante mediazione e si pone come più razionale, paradossalmente, dei due grandi scienziati.

La scienza contemporanea e le sue implicazioni sulla responsabilità etica e politica sono il fulcro del dramma, che somiglia a una sorta di lungo e costante flash back, o analessi, in cui i tre protagonisti raccontano, immersi in un’atmosfera surrreale, il loro lontano passato, quando tutti e tre erano ancora vivi, e la sua rilevanza per i destini del mondo.

Che cosa accadde realmente nel lontano 1941 a Copenaghen, quando inaspettatamente il fisico tedesco Heisenberg fece visita al suo maestro Bohr in una città occupata dai nazisti? Heisenberg, che aveva stretto anche amicizia con il filosofo Martin Heidegger (lui sì complice del nazismo), si interroga sulla natura potenzialmente pericolosa della tecnica moderna: per Heisenberg, la tecnica non appare più come il prodotto di un consapevole sforzo umano volto all'estensione del potere sulla materia, ma piuttosto "come un processo biologico in grande, in cui le strutture dell'organismo umano vengono trasferite in misura sempre crescente nell'ambiente; un processo biologico quindi che, proprio come tale, è sottratto al controllo umano; ché, infatti, 'l'uomo può sì fare ciò che vuole, ma non può volere ciò che vuole' [Arthur Schopenhauer]" (Werner Heisenberg, Natura e fisica moderna, tr. it. di E. Casari, Milano, Garzanti, 1957, p. 16). Sembra per molti versi di sentire le considerazioni apocalittiche di un altro grande filosofo, Günther Anders, che molto ha riflettuto sulla minaccia nucleare e che vide il pericolo insito nel possibile passaggio da "un uomo senza mondo a un mondo senza uomo".

I due scienziati, entrambi coinvolti nella ricerca nucleare, ma su fronti opposti e probabilmente vicini ad un traguardo che avrebbe portato alla costruzione della bomba atomica, ebbero una conversazione nel giardino della casa di Bohr. Nonostante tutto, il tema specifico di quella conversazione ancora oggi resta un mistero, pe risolvere il quale sono state avanzate varie ipotesi.

L’asse portante attorno al quale ruota lo spettacolo è dunque il motivo per cui l’allievo andò a Copenaghen a trovare il suo maestro. Essendo Heisenberg a capo del programma nucleare militare tedesco voleva, in nome della vecchia amicizia, offrire a Bohr, che era mezzo ebreo, l'appoggio politico della Gestapo in cambio di qualche segreto? O al contrario, essendo mosso da scrupoli morali, anche se tormentato dalle conseguenze che sarebbero potute ricadere sul destino della sua patria martoriata e che lui amava pur non essendo esplicitamente nazista, tentava di rallentare il programma tedesco fornendo a Bohr, che era schierato con gli alleati, informazioni sull'applicazione dei fondamenti teorici della fissione?

Su questi presupposti l’autore dà vita ad un appassionante intreccio in cui i piani temporali si sovrappongono, dando un valore universale alle questioni poste dai protagonisti. Fatto sta che le diverse ipotesi fatte all’epoca vengono qui enunciate una dopo l’altra e quindi vengono messi in scena diversi incontri tra i due fisici, con diversi andamenti. Viene quindi a tradursi metaforicamente, come struttura portante dell’impianto drammaturgico, quel Principio di Indeterminazione (a cui fa riscontro il principio di complementarità di Bohr) pronunciati molte volte nella pièce.

Sul piano gnoseologico, non è possibile una sola verità oppure una sintesi efficace delle diverse verità perché una verità è semplicemente un punto di vista, il punto di vista di chi l’ha enunciata. Tutto è umano, niente è assoluto. Si possono avere solamente risposte indeterminate e quindi la somma degli scenari possibili è ciò vale anche per quell’incontro tra i due fisici. Il Novecento, così come la vita umana sono fatti di tante zone grigie, di tanto silenzio, ma finché esisterà l’uomo si cercherà sempre, in mezzo al vuoto che ci circonda e alla polvere sollevata, la traccia rarefatta di una particella di chiarezza e di verità che, comunque, ci salverà.

Pubblicato in: 
GN2 Anno X 10 novembre 2017
Scheda
Titolo completo: 

Teatro Argentina - Roma
dal 24 ottobre al 12 novembre 2017
COPENAGHEN
di Michael Frayn

Regia: Mauro Avogadro
Umberto Orsini: Niels Bohr
Massimo Popolizio: Werner Heisenberg
e con Giuliana Lojodice: Margrethe Bohr

Produzione Compagnia Umberto Orsini e Teatro di Roma – Teatro Nazionale
In coproduzione con CSS Teatro stabile di innovazione del FVG
Si ringrazia Emilia Romagna Teatro Fondazione