Teatro Argentina. L'effetto notte di un sogno

Articolo di: 
Livia Bidoli
Sergio Rubini

Al Teatro Argentina, nell'unica serata del 25 ottobre, Sergio Rubini sul palco e la regia e i testi di Valerio Cappelli con Mario Sesti, hanno inscenato Finalmente Truffaut, una drammaturgica lettura delle lettere di Truffaut a André Bezin, il suo amico critico fondatore dei Cahiers du Cinéma e per lui “padre spirituale”, ma anche a Jean-Luc Godard odiato-amato; ai suoi genitori, aprendo lo spettro attraverso la partecipazione di Mario Sesti sul palco, ad una dinamica repentinamente a due.

Il monologo di Rubini che racconta François Truffaut (1932-1984) è tutto interiore e percorre la breve vita del regista di Effetto notte (1974, premio Oscar come film straniero), soprattutto del suo disastrato abbandono da parte dei genitori, che lo lasciavano da solo a Natale, pretendevano che si comportasse come un adulto da ragazzino che era e che, se non avesse avuto il cinema come passione, chissà, forse sarebbe finito come uno dei 4 Kings (opera prima della regista tedesca Theresa Von Eltz), uno dei quattro ragazzini inviati in riformatorio nel film che qualche giorno fa è stato premiato ad Alice nella Città, rassegna autonoma del Festival de Cinema di Roma X° edizione.

L'autore de I quattrocento colpi (Les quatre-cents coups, 1959), dove padre e madre compaiono quanto lui, figlio riconosciuto da Roland Truffaut ma in realtà di un altro, con la sua infanzia tra fughe e disobbedienze punite con la rigidità del padre da una notte in guardina, pieno autore della Nouvelle Vague insieme all'odiato-amato Jean-Luc Godard, ma anche Jacques Rivette, Claude Chabrol e Eric Rohmer alla fine degli anni cinquanta, François Truffaut è il genio di Jules e Jim (Jules et Jim) (1962) come di Fahrenheit 451 (1966), tratto dal capolavoro di Ray Bradbury.

Nel 1962 riuscì in un'impresa ardua: riuscì a convincere Alfred Hitchcock ad intessere con lui un'intervista di una settimana ad Hollywood. Hitch stava girando The Birds (Gli uccelli); Truffaut aveva appena terminato di girare Jules et Jim. Il grande regista accettò subito di incontrare Truffaut insieme alla sua interprete, Helen Scott, negli studios e cominciò una conversazione che divenne l'Hitchbook, come lo chiamava Truffaut, ovvero un libro film.

Come afferma Assayas, il modo di girare di Hitchcock è quello di un architetto degli spazi, costruisce al millimetro il palcoscenico per i suoi attori che vi si ritrovano proiettati come in un sogno. L’altro lato, quello del desiderio, strettamente connesso al sogno, dà vita alla rappresentazione. Se guardiamo Vertigo, nelle stesse parole di Hitchcock nell’intervista: ”Quando James Stewart fa completare la trasformazione a Kim Novak chiedendole di pettinare i capelli allo stesso modo di colei che amava e che vede proiettata su di lei, le sta letteralmente chiedendo di presentarsi nuda al suo cospetto per poterla amare: un gesto erotico per antonomasia”. Questo lo vediamo bene nel documentario di Kent Jones intitolato Hitchcock Truffaut, presentato alla Festa del Cinema di Roma X° edizione.

E Hitchcock come Godard, entra nella vita di Truffaut come una presenza intima, che forma lui e la sua arte: lo spinge ad indagare sul cinema, quello spazio in cui si inanella il desiderio come in un sogno: il filtro dell'effetto notte è pronto per dare vita a quel daydream di cui ostentano le immagini entrambi, morti a quattro anni di distanza, come se l'uno, il più giovane Truffaut, non potesse che terminare poco dopo quest'altro putativo padre artistico, il suo corrispettivo percorso tra le immagini notturne di un sogno.

Pubblicato in: 
GN46 Anno VII 29 ottobre 2015
Scheda
Titolo completo: 

Teatro Argentina - Teatro di Roma
25 ottobre 2015
Finalmente Truffaut
di Valerio Cappelli e Mario Sesti
con Sergio Rubini