Teatro dell'Opera di Roma. Esa-Pekka Salonen festeggia il suo mentore Lutosławski

Articolo di: 
Livia Bidoli
Esa-Pekka Salonen e Philharmonia Orchestra

I concerti sinfonici del Teatro dell'Opera di Roma si sono incontrati col lustro della Philharmonia Orchestra di Londra ed il suo direttore in pectore Esa-Pekka Salonen lo scorso 18 marzo, nel parterre del Costanzi. A festeggiare il centenario dalla nascita del compositore polacco Witold Lutosławski (1913-1994) – e quest'anno ce ne sono altri tre, il bicentenario di Wagner e Verdi e il cinquantenario di Britten -, il finnico Salonen ha scelto il Concerto per Orchestra, commissionato e poi dedicato al direttore Witold Rowicki, che ne ha condotto la première il 26 novembre 1954.

Il Concerto per Orchestra, opera che segue alla Prima Sinfonia del 1947 condannata per “formalismo” come per le opere di Šostakovič dal regime staliniano, risente fortemente dell'influenza dell'omonimo Concerto per Orchestra (1943) di Bartók, citandolo sia nel materiale folclorico e di immediato impatto, sia nella forma ad arco del primo movimento, la Intrada. Gli altri due movimenti, ovvero il Capriccio seguito da un Notturno ed un Arioso ed il terzo, composto da una Passacaglia che si dirime in Toccata e Corale, si distinguono sia per tessitura sia per timbro e ritmo. Dalla vivacità entrante dell'Intrada, giocata comunque su registri bassi che creano un clima quasi strawinskiano per il martellante sfondo rinfocolato dai fiati gravi intercalato da un breve fraseggio melodico, si passa al Capriccio, dove solo la fanfara delle trombe apre verso il registro alto, ma di lì a poco tornerà la tempesta di un gioco intervallato da note tragiche. L'amarezza di Šostakovič traspare nel tessuto gotico soltanto stemperato dalle due arpiste. Uno svolazzo dall'età del jazz per armonie e ritmiche ci consegna un po' di tregua, di breve respiro, perché la Passacaglia è vivacemente ridondante di contrabbassi in una serie di magniloquenti variazioni. Alla Toccata segue la celebre citazione da Bartók nella Corale, per chiudere con una brillante fanfara finale. Salonen è stato impeccabile nella direzione come profonda è stata la Philharmonia con un suono esaltato dall'attento vigore del direttore, una congerie eccellente che ha chiuso la prima parte per aprirne una seconda dedicata a due dei massimi compositori francesi del Novecento, con la squisitezza di Ma Mère l'Oye di Ravel e La Mer di Debussy.

La delicatezza con cui Salonen apre la seconda parte del concerto con la Philharmonia è tutta nella morbidezza delle mani che, nel caso di Ravel e nella sua squisitezza fiabesca di Ma mère l'oye, adopera senza bacchetta: le flette come per dinvincolarsi da qualsiasi asperità per conferire un touche romantique et de couleur appena pastellato, alla suite che s'inanella tra La Belle au bois dormant fino a Le jardin féerique. Scritta tra 1908 e 1910, trae ispirazione per il suo quadro sonoro alle fiabe di Perrault, Madame d’Aulnoy e Madame Leprince de Baumount. Di raffinatissima fattura, la suite ha un attacco lento e fantasmagorico con qualche virata dissonante: di fondo vi traspare un candore attraverso la limatura musicale che s'inarca in voli pindarici in quel clima che Todorov attribuiva alle fiabe, il “Merveilleux”, quel mondo parallelo e fantastico in cui i bambini veleggiano leggeri. Timbri mutevoli si susseguono a delicati arpeggi che ne Les Entretiens de la Belle et la Bête si muovono in valzer lento e sinuoso.

Sulle note raveliane come in La mer seguente di Debussy, il suono della Philharmonia si ode in tutto il suo colore: i quadri impressionistici dei tre schizzi sinfonici, terminati nel 1905, fanno riprendere la bacchetta a Salonen, che dirige con sobrietà il perfetto sviluppo in crescendo, e rimanendo ineguagliabile nel ritmo brillante, che fa quasi affiorare i luccicanti riflessi dell'acqua sulle onde di un mare vagamente frastagliato. La mediterranea memoria di Debussy s'infrange nelle delicate sfumature che si sciolgono in un percorso circolare e ritmico, il cui timbro si combina sempre mutevolmente, seguendo un percorso lirico e struggente.

Due bis ha concesso Salonen con la sua Philharmonia, un profluvio di note da Boccherini attraverso la trascrizione di Luciano Berio, e i maestosi ottoni di Wagner nel Vorspiel al terzo atto del Lohengrin, che ci lascia con sulle labbra un sentore di vitalità gioiosa che prelude alle note di un matrimonio mistico d'incomparabile affiatamento tra l'Orchestra ed il suo direttore.

Pubblicato in: 
GN20 Anno V 26 marzo 2013
Scheda
Titolo completo: 

Teatro dell’Opera di Roma
Lunedì 18 marzo, ore 20.00

Esa Pekka Salonen, direttore
Philharmonia Orchestra di Londra

Witold Lutosławski, Concerto per Orchestra
Concerto for Orchestra (1950-1954)
I. Intrada
II. Capriccio, Notturno e Arioso
III. Passacaglia, Toccata e Corale

Maurice Ravel, Suite da Ma mère l'oye

Pavane de la Belle au bois dormant (Pavana della Bella addormentata nel bosco)
Petit poucet (Pollicino)
Laideronnette, impératrice des pagodes (Laideronnette, imperatrice delle pagode)
Les Entretiens de la Belle et la Bête (Le conversazioni della Bella e la Bestia)
Le Jardin féerique (Il giardino fatato)

Claude Debussy, La Mer
Trois esquisses symphoniques pour orchestre L 109

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