Teatro dell'Opera di Roma. La religio misterica di Henze

Articolo di: 
Livia Bidoli
I Bassaridi

L'inaugurazione della stagione 2015-2016 del Teatro dell'Opera di Roma è nel segno del sacro, al di là di qualsiasi concetto di religio: Euripide, tradotto nel libretto di uno dei massimi poeti inglesi del Novecento, Wystan Hugh Auden, insieme a Chester Kallman, danno vita, sullo specchio riflesso della partitura di Hans Werner Henze (elaborata su richiesta del Salzburger Festpiele nel 1966 per il Großes Festspielhaus, il gigantico teatro dedicato all'opera), a The Bassarids, che dal 27 novembre fino al 10 dicembre godranno della regia, profondamente misterica, di Mario Martone; sul podio il direttore ungherese Stefan Soltesz.

Le Bassaridi di Henze – compositore tedesco tanto affezionato all'Italia da aver creato il rinomato Cantiere Internazionale d'Arte di Montepulciano, fondato nel 1977 tra Val d'Orcia e Val di Chiana, inteso come sviluppo di giovani talenti musicali in un clima di completa condivisione artistica, annoverando prime assolute di autori come Sciarrino, Thilloy ed altri – trae ispirazione diretta dal grande mito della nascita di Dioniso e dalla tragedia trascritta da Euripide sulla vendetta del Dio non riconosciuto dai tebani, in primis Penteo, re di Tebe, da poco succeduto al padre Cadmo, figlio di Ares e Afrodite, che ha fondato la città su ordine dell'oracolo di Delfi. La profonda commistione con gli dèi e la religiosità pagana da cui discende Penteo però non lo pongono al riparo dal suo forte impeto monoteista e di ordine razionale: distante dal padre – più agnostico nella posizione verso il culto di Dioniso –, Penteo prende posizione negando la natura divina di Dioniso e per questo viene maledetto dal Dio che si vendicherà con inaudita ferocia su di lui e tutta la sua famiglia.

Dioniso è figlio di Semele (sorella di Agave, madre di Penteo), che si è unita, la più bella tra le figlie di Cadmo, con Zeus, sotto false spoglie: Semele, spinta da Era, moglie gelosa di Zeus, a fargli rivelare la sua natura, è abbattuta dalla sua folgore, ma il Dio dell'Olimpo riesce a salvare il figlioletto nascondendolo e facendolo rinascere dalla sua coscia: ecco perchè Dioniso è detto come il “nato due volte.
Dio della vite e dei suoi effetti, è uno fra gli dèi più misterici e controversi, il cui culto viene praticato tramite trances orgiastiche e che si presenta sul palco dell'Opera come lo Straniero: il tempio postmoderno ideato da Sergio Tramonti è già un ricovero dove splende il sangue del sacrificio irrorando di rosso scuro le sue pareti, insieme a un verde notturno e boschivo, che denota  il territorio naturale dei suoi riti.

Penteo, al contrario, servito da una selva di militari con a capo il Capitano della Guardia, esempio autorevole di condiscendenza completa agli ordini – perfettamente a suo agio Andrew Schroeder nella parte, una voce ben cadenzata ed indifferente ai suoi servigi –, è l'immagine dell'ordine che scaccia inorridito qualsiasi stimolo della passione: la sua voce, quella adeguatissima di Russell Braun, percorre solo i toni del recitativo, pur essendo inquieto, senza mai librarsi sui toni lirici se non nel finale tragico in cui la sua voce cangia in urlo. Al contrario, il Dio impersonato da Ladislav Elgr ipnotizza fin dall'inizio e, nella parte dello Straniero insinuante e attraente come un lord, offre un talento lirico ed attoriale che si muove seduttivo financo nel canto; solo quando si rivelerà nella sua statura divina, acquisterà una morbosità ferina ed un'assertività completa fino all'acclamata resurrezione della madre, nella forma nuova di Tione.

Il conflitto che quindi viene messo in scena da Henze, profetico, è fra l'ordine degli uomini e l'ordine degli dèi, quest'ultimo vincente per antonomasia, anche sotto la specie di un Dio-ragazzo come Dioniso, che sta cercando la sua affermazione attraverso i riti di iniziazione al suo culto, feroci e improntati alla grande energia sexualis che li caratterizza. Le scene rituali che vedranno Penteo nel grande specchio-simbolo che si mostra sul palco come obnubilatore della verità del Dio – a distanza è possibile contenerla nella sua ferocia e osservarla nella sua esplicitazione – tradiranno, insieme alla voce ipnotica che lo attrae fra le Menadi (le Baccanti adoratrici di Dioniso), il mortale che ha osato sfidare il Dio nel suo campo, i Misteri del rito. Attraversando lo specchio con un costume da donna, quindi finanche tradendo la sua identità di genere e spogliandosi del suo potere, Penteo cadrà proprio nella trappola dell'irrazionale: nel grande abisso buio delle sue passioni mai riconosciute. Inoltre verrà sbranato da chi lo ha generato, la madre Agave – interpretata da una possente Veronica Simeoni, straordinaria nella sua espressività vocale e scenica – rovesciando gli affetti e condannandoli alla dannazione interiore. Al contrario, come abbiamo spiegato prima, Dioniso invece resusciterà la madre Semele, dandole nuova nascita.

The Bassarids,
divisa in quattro movimenti come una sinfonia, in realtà si presenta senza soluzione di continuità dal punto di vista musicale e in un atto unico la cui tensione non si stempera nei passaggi di scena, tantomeno in quelli di vocalità e musicali. Nelle Bassaridi, il Coro devoto a Dioniso è inoltre contraddistinto da una parte dal canto tradizionale su esplicita dichiarazione di Henze, e da una pulsazione regolare del ritmo; dall'altra, dalla danza estatica che ripete ossessivamente, in ostinato, due note, come in un Leitmotiv simbolico che sintetizza la “possessione” del cantato da parte del Dio. In quest'esplosione continua che si avverte dal canto iniziale fuori campo e rivelatorio, dalle tracce ipnotiche delle percussioni – ed alcune hanno occupato i palchetti laterali, per quanto ampio era l'organico -, tra citazioni mahleriane, stravinskiane e bachiane, Stefan Soltesz ha condotto con piglio sicuro l'Orchestra del Teatro Dell’Opera, così come Roberto Gabbiani ha diretto il Coro in tutte le sue “estensioni” coloristiche. Una lode alle coreografie di Raffaella Giordano dentro e fuori dello specchio, arricchite dai costumi di Ursula Patzak, illuminati tutti dalle luci di Pasquale Mari. Superlativa la regia di Mario Martone.

Vogliamo terminare con due versi dal libretto di Auden e Kallman e le voci prima di Penteo e poi di Dioniso, perché in questo caso, hanno ragione entrambi, specchi l'uno dell'altro, e sono spunti di riflessione:

Penteo: “L'uomo nega ciò che non capisce al di là di sé stesso.” Intorno a ciò ruota l'opera ed il suo catafalco, presente con la lapide di Semele al centro del palco dall'inizio. Ergo, le ragioni della vita e della morte, intessute dalla divinità, da cui Penteo è latentemente attratto.

Dioniso nella veste di Straniero rivolgendosi a Penteo: “La mia beltà che importa? Se i riti son quelli che credi tu? I puri sono puri, gli impuri impuri, come sempre”. A sottolineare che non è la danza, il rito estatico, a cangiare la natura degli uomini.

Pubblicato in: 
GN5 Anno VIII 3 dicembre 2015
Scheda
Titolo completo: 

Teatro dell'Opera di Roma
Stagione 2015/2016
dal 27 novembre al 10 dicembre 2015
The Bassarids
Musica di Hans Werner Henze
Opera seria in un atto
Libretto di W.H. Auden e Chester Kallman
Da Le Baccanti di Euripide

DIRETTORE Stefan Soltesz
REGIA    Mario Martone
MAESTRO DEL CORO Roberto Gabbiani
SCENE    Sergio Tramonti
COSTUMI    Ursula Patzak
MOVIMENTI COREOGRAFICI Raffaella Giordano
LUCI    Pasquale Mari

PERSONAGGI E INTERPRETI
DIONYSUS Ladislav Elgr
PENTHEUS Russell Braun
CADMUS     Mark S. Doss
TIRESIAS Erin Caves
CAPITANO DELLA GUARDIA REALE Andrew Schroeder
AGAVE    Veronica Simeoni
AUTONOE    Sara Hershkowitz
BEROE    Sara Fulgoni

Orchestra e Coro del Teatro Dell’opera
Nuovo Allestimento Prima rappresentazione a Roma
In lingua originale con sovratitoli in italiano e inglese

PRIMA RAPPRESENTAZIONE
Venerdì 27 novembre, ore 19.00    in diretta su
REPLICHE
Domenica 29 novembre, ore 16.30
Martedì 1 dicembre, ore 20.00
Giovedì 3 dicembre, ore20.00
Sabato 5 dicembre, ore 18.00
Giovedì 10 dicembre, ore 20.00