Teatro di San Carlo. Rigoletto ed il crogiolo del dolore

Articolo di: 
Pietro Puca
Rigoletto

..Gilda, mia Gilda….” :a distanza di quattro anni torna il Rigoletto al San Carlo di Napoli nell’edizione allestita da Giancarlo Cobelli che fu presente al Massimo nel 2006. Dal 18 gennaio 2017 fino al 1 febbraio 2017 ha visto alternarsi sul podio del teatro napoletano Nello Santi e lo spagnolo Jordi Bernàcer, che la prossima estate lo condurrà a San Francisco ed aveva debuttato nel 2015 al Teatro Réal di Madrid. Ottimo doppio cast per tutte le recite su cui discorreremo in particolare.

E bene è stata, ad avviso di chi scrive, la decisione delle maestranze di riproporre una regia ben sperimentata in grado di coniugare il messaggio di modernità (presente in ogni nota dell’opera) dei contenuti con quello di un mondo fatto di cartapesta, rappresentato da una improbabile corte del ‘400 lombardo - scene e costumi di Paolo Tommasi - lasciva e priva di valori.

Efficace la mimica di Rigoletto in scena durante il breve preludio con tutto il suo dolore urlato dalle trombe dell’orchestra e dall’accordo in fortissimo che fa da contrappeso alle danze che Verdi giustappone una dopo l’altra, con lo sfondo di una corte fatta da mimi con movimenti lentissimi: la frenesia di una vita mondana senza valori unita all’ingordigia dei piaceri della carne che si consumano in un rito orgiastico senza fine.

A distanza di dieci anni la regia di Cobelli conserva intatto il suo contenuto: sarebbe anacronistica la rappresentazione simil-realistica di Rigoletto in una “vera” corte (non a caso la censura implacabilmente impedì a Verdi la rappresentazione in Francia), così come sgradevole (come a nostro avviso si rivelò la scelta di “Rigoletto” nell’edizione del 2012 con regia di A. Bernard) la collocazione in un mondo slegato dal concreto, distorto e tirannico esercizio del potere, la ben sperimentata edizione coglie nel segno lo sforzo del maestro (costretto a districarsi tra mille impedimenti posti dalla tirannica censura: non ultimo l’impossibilità di utilizzo di un coro femminile alla fenice di Venezia) di conferire a Rigoletto una connotazione universale, shakespeariana, un dolore cosmico senza luogo e senza tempo che ovunque miete vittime.

Non solo Rigoletto e Gilda, sconfitti nel’esaltazione della purezza dei valori di padre e tenera amante; ma anche del “duca”, succube delle bulimiche passioni della sua carne ed incapace di cogliere il messaggio salvifico che il sacrificio di Gilda a lui indirizza quando quest’ultima decide di sacrificarsi al suo posto (di lui che è completamente ignaro di ciò che compie la fanciulla che, a lui datasi per amore, per amore decide di appartenere a lui per sempre).

Solo a voler cogliere questi spunti si comprende che Rigoletto è la punta estrema della “trilogia”, opera raffinatissima e con una concertazione elaborata, senza “pezzi chiusi” (come amava scrivere Verdi), e senza indulgenza a facili cabalette.

La direzione di Nello Santi, autentico beniamino del San Carlo, pur avendo suscitato qualche critica, ha dalla sua una visione complessiva dell’opera dal quale l’ascoltatore è condotto fin nei più profondi meandri della partitura. Il Direttore allungando un po’ i tempi è stato capace, senza suscitare senso di noia, di porgere all’orecchio attento i singoli attacchi di strumenti che in genere restano sempre un po’ nascosti nel magma sonoro generale quali clarinetti, flauti, oboi e fagotti; le parti più ritmiche erano pòrte con eleganza e senza insistenza in un continuo sforzo di “far cantare l’orchestra” unitamente ai cantanti.

Lo stesso incipit della “vendetta”, a chiusura del secondo atto, aveva una sua logica, più o meno condivisibile, ma che esige ogni rispetto per un direttore che a memoria conosce ogni singola nota della partitura: la presenza nella scrittura verdiana di una indicazione “con impeto” per il baritono accompagnato da un’orchestra in pianissimo (ppp) ha generato l’idea di un accelerando che a taluno ha dato l’impressione di un “giocattolo caricato a molla”.

In altre parole, la direzione di Santi assomigliava a quella onirica e cantabile del compianto Carlo Maria Giulini che, a differenza di quella ascoltata nell’opera di apertura “Otello”, mai ha annoiato od appesantito la serata.

Il direttore che nelle recite conclusive ha sostituito il maestro Santi (Jordi Bernacér) ha optato, al contrario, per una direzione più consona al gusto contemporaneo, staccando tempi molto più concitati (qualcuno, scherzando, asseriva che rispetto alla direzione di Santi, quella di Bernacér accorciasse l’opera di 15 minuti!) e forse più comodi per i cantanti che con Santi dovevano distribuire il fiato su tempi molto meno comodi talvolta generando squilibri tra orchestra e palcoscenico (come ad esempio il primo ingresso di Monterone in scena durante la festa). In definitiva si ritiene che dal lato della direzione sia stata distribuita tanta eleganza, senza sfoggio muscolare e smargiasso di inutile suono (come talvolta avviene con la celeberrima tempesta) e senza invasiva accentuazione ritmica che, come accennato poco sopra, proprio nella trilogia, diviene elemento meno presente nella scrittura di Verdi a favore di una sempre profonda ricerca psicologica dei personaggi.

Pietro Pretti è tenore che ha interpretato il Duca con pulizia e rispetto di tutte le indicazioni nella partitura ma dotato di una voce talvolta opaca e non di gran volume, spesso coperta dalla massa sonora anche nel registro del mezzoforte.

Rigoletto era affidata alla voce di George Petean, anch’essa senza gran volume e con la necessità di scavare meglio il ruolo troppo intriso di movimenti in scena inutili, e dove l’amore di padre pareva eccessivamente surclassato dal desiderio di vendetta e di riscatto scorrettamente antecedenti allo scorrere della vicenda per cui l’esplosione del buffone consegua alla violenza esercitata contro Gilda.

Bellissima, e, meritatamente tributaria di vere e proprie ovazioni, l’interpretazione della bravissima Rosa Feola, soprano casertano che oramai calca i palcoscenici di tutto il mondo e che speriamo di avere spesso a Napoli nel futuro dotata di voce cristallina con perfetto controllo sia del canto spianato che delle agilità (in “caro nome…” le puntature sono completamente scoperte dall’orchestra ed esigono una intonazione perfetta) la Feola è dotata di charme e di carattere, la sua Gilda non è una bambina sciocca che s’innamora del giocattolo pericoloso, ma è una donna che consapevolmente accetta un ruolo predestinato al sacrificio per amore, tema tanto caro ad un romanticismo che al tempo di Rigoletto sembrava lontano anni luce da quello interpretato in Lucia di Lammermoor, ad esempio.

Incantevole il duetto finale ove la voce del Soprano si spegne tremolante come una candela al sussurro “la su in ciel…”, indubbiamente Rosa Feola è stata l’interprete che ha regalato le più belle emozioni ed alla quale ben a ragione sono stati indirizzati i migliori consensi del pubblico.

Molto interessante la voce del giovane Antonio Di Matteo nel ruolo di Sparafucile, che l’estate scorsa si è avuto modo di ascoltare a Martina Franca nella rara opera di Mercadante “Francesca da Rimini”, voce grave, intensa, vibrante che con studio e dedizione tra qualche anno potrà interpretare ruoli come Filippo II od addirittura il “Grande inquisitore”; corretta l’interpretazione di Maddalena di Anna Malavasi, bei portamenti e buona interpretazione di un ruolo al servizio del fratello “uccisore” che tuttavia non indulge a inutili volgarità tipiche di una “donna pubblica”, ma recuperando tutto lo charme e la sensualità dell’ammaliatrice .

Corretta la performance del coro maschile, diretto dal maestro Faelli, talvolta in difficoltà collaborativa con la buca dell’orchestra per i tempi adottati dal direttore Santi, ma perfettamente a proprio agio con il secondo direttore d’orchestra Bernacér, quest’ultimo indubbiamente da tenere d’occhio e che si spera la direzione artistica voglia affidare la conduzione, da titolare, di future produzioni.

Pubblicato in: 
GN14 Anno IX 3 febbraio 2017
Scheda
Titolo completo: 

Teatro di San Carlo - Napoli
RIGOLETTO
dal 18 gennaio 2017 al 01 febbraio 2017

STAGIONE 2016/17

Musica di Giuseppe Verdi
melodramma in tre atti
libretto di Francesco Maria Piave
dal dramma di Victor Hugo Le roi s’amuse
Venezia, Teatro La Fenice, 11 marzo 1851.

Direttore | Nello Santi / Jordi Bernàcer
Regia | Giancarlo Cobelli
Scene e costumi | Paolo Tommasi
Assistente ai costumi | Concetta Nappi

Interpreti
Il Duca di Mantova, Piero Pretti / Stefan Pop (22 - 25 - 29 gennaio e 1 febbraio)
Rigoletto, George Petean / Enkhbat Amartuvshin (22 - 25 - 29 gennaio e 1 febbraio)
Gilda, Rosa Feola / Jessica Nuccio (22 - 25 - 29 gennaio e 1 febbraio)
Maddalena, Anna Malavasi / Annunziata Vestri (22 - 29 gennaio e 1 febbraio) / Rossana Rinaldi 25 gennaio)
Sparafucile, Giorgio Giuseppini / Antonio Di Matteo (24 - 28 - 31 gennaio e 1 febbraio)
Marullo, Donato Di Gioia
Giovanna, Antonella Carpenito
Il Conte di Monterone, Maurizio Lo Piccolo
Matteo Borsa, Enzo Peroni / Stefano Pisani ( 22 - 25 - 29 gennaio)
Il Conte di Ceprano, Francesco Musinu
La Contessa di Ceprano, Miriam Artiaco

Produzione del Teatro Comunale di Bologna
Nel quinto anniversario della morte di Giancarlo Cobelli

Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo