Tiziano Terzani. L'elefante con il filo di seta

Articolo di: 
Lorena Carpentieri
Himalaya

Tiziano Terzani (1938-2004) fu un grande giornalista. Con un taccuino in mano e la macchina fotografica al collo, ha percorso il mondo, soprattutto l'Asia, che volle conoscere per conoscere il mondo "altro" dall'Occidente. La fine è il mio inizio è un titolo manifesto. Fino al 29 maggio 2011 a Palazzo Incontro a Roma le sue foto sono esposte in una mostra intitolata "Tiziano Terzani. Clic! 30 anni d’Asia".

Quando Tiziano sa di avere il cancro, chiama il figlio Folco, che vive all'estero, per trascorrere con lui gli ultimi mesi di vita; in un colloquio-intervista diventato un libro, pubblicato postumo nel 2006, e ora un film, nelle sale italiane da aprile 2011, per la regia di Jo Baier, con le interpretazioni magistrali di Bruno Ganz, nel ruolo del padre, e di Elio Germano, in quello del figlio, accompagnate dalla colonna sonora di Ludovico Einaudi.

Terzani viaggia per trovare un luogo dove non avesse ancora attecchito il sistema capitalistico e consumistico che dagli USA ha contagiato l'Europa e il Giappone; un mondo, l'Asia, dove sembrava che le antiche civiltà e tradizioni potessero fronteggiare la pervasività del mercato e lo strapotere del denaro, i nostri mali attuali. Perché la Cina, l'Indocina e l'lndia, quando Terzani vi visse, erano diverse dalle società occidentali, cui si stanno assimilando in questi ultimi decenni di sviluppo economico, arrivando, purtroppo secondo lui, a divorare sé stesse.

Ad Orsigna, in Toscana, nella casa di campagna, nel 2004 Terzani si fa intervistare da Folco giorno dopo giorno, raccontando del padre partigiano, della madre cattolicissima, della natia Firenze ("un mondo piccolo, limitato"), della povertà dell'infanzia ("i primi pantaloni lunghi comprati a rate"), gli studi di giurisprudenza ("ma non per fare il bancario"), gli amori e le speranze giovanili. Per concentrarsi sull'attività d'inviato all'estero, in Oriente e soprattutto nelle zone di guerra: le speranze, le avventure, i pericoli (tanti), le paure, le scelte, i compromessi (pochi); i convincimenti e i ripensamenti, di fronte alla realtà vista di persona.

I suoi reportage da Cina, India, Vietnam, Cambogia, Giappone e Filippine sono documentati anche dalle oltre cento fotografie (insieme ad un lungometraggio), esposte nella Mostra Click. 30 anni d'Asia, in corso nella primavera del 2011, a Palazzo Incontro a Roma. Ma ne La fine è il mio inizio Tiziano racconta se stesso (come già in Un altro giro di giostra, edito da Tea e Longanesi nel 2004), l'ascesi sull'Himalaya, e l'amore, mai diminuito dalla lontananza, per i figli e "la Mamma" (la moglie), il suo punto di riferimento e misura ("il metro dei metro di Parigi"), per la famiglia cui rimane vincolato "come un elefante legato al palo con un fil di seta" e a cui torna, sempre.

Tramite i suoi ricordi, si ritrovano le vicende politiche dalla fine degli anni Sessanta del Novecento ai primi degli anni Duemila: i grandi cambiamenti di regime; la globalizzazione economica e l'omologazione di pensiero; l'assurdità della guerra, devastante e apparentemente inevitabile ovunque ("non c'è nessuna guerra che ha messo fine alle guerre"); la barbarie umana contro il nemico, il diverso, l'altro. Ma è alla ricerca dell'altro che Tiziano ha camminato tutta la vita, finendo prigioniero dei guerriglieri indocinesi, espulso dal regime cinese e vicino ai fronti orientali.

Così scrisse, da Peshawar, in Pakistan, per il Corriere della sera del 31 ottobre 2001 (durante l'operazione Enduring Freedom, un mese dopo l'attentato dell'11 settembre): "Sono venuto in questa città di frontiera per essere più vicino alla guerra, per cercare di vederla coi miei occhi, di farmene una ragione; ma, come fossi saltato nella minestra per sapere se è salata o meno, ora ho l'impressione di affogarci dentro".

E quando la cronaca sembra sopraffare, o di contro non interessare, Terzani ha "un grande rifugio ... ed è la Storia", ma la Storia sembra non aver insegnato nulla, perché "tutto si ripete", ed è "come se l'uomo fosse nato ieri, senza memoria". Invece serve ricordare, per non sbagliare ancora. Più che giornalista, vuole diventare "mensilista" o "annalista", per raccontare non solo quel che accade oggi, ma quel che c'è sempre, guardare oltre l'apparenza, comprendere (e da sé, di persona, senza interpreti, imparando cinque lingue, tra cui il cinese) come stanno le cose e raccontarle a tutti, perché nessuno faccia più del male ad altri.

E la malattia incurabile di Tiziano diviene un'occasione di crescita, offerta al figlio Folco, sicuramente sovrastato in gioventù da cotanto padre ("facevo ombra, alto un metro e ottantasei e sempre in prima fila"); e tramite lui di nuovo vicino, al mondo che ne ascolta la voce flebile, registrata, stampata, recitata. Questo è l'ultimo cambiamento, interiore e partecipato, il nuovo inizio prima della fine, alla quale non intende sottrarsi e che affronta con la serenità di un vecchio saggio, tutto di bianco vestito e dai lunghi capelli bianchi, come si vede nelle foto in bianco e nero che fanno da contrappunto ai capitoli del libro.

È un libro di giornalismo ed etica, perché nella bàita di fronte alle montagne più alte del mondo, dove ha vissuto tre anni senza l'energia elettrica, Terzani aveva capito, e lo ripete qui, che "la vera essenza della vita è nell'armonia degli opposti", che "il bene è nel cuore dell'uomo, che è uguale per tutti" e che "l'unica rivoluzione che serve è quella dentro di te".

Se una è la rivoluzione, dopo tante rivoluzioni viste; uno pure è il cammino, dopo aver tanto camminato. E non è soltanto la ragione che conta, anzi, "la ragione sragiona", conta il cuore, il suo è un capire diverso, profondo, come quello dei piccoli. Dopo aver girato il mondo, si torna a casa. Tiziano bambino non aveva il bagno in casa, Tiziano anziano vive in una sobria dépendance all'Orsigna, valle toscana che ha tutto dentro di sé, la sua "piccola Himalaya".

Perché "Quando vivi, non lo vedi il filo, eppure c'è" e quindi, abbracciando la teoria indiana del "Karma" (non così lontana dal "daimon" greco antico), "una strada c'è nella vita. La cosa buffa è che te ne accorgi solo quando è finita": nella fine, il senso che si compie, il fine. E la strada di Tiziano da sempre "era di andare a guardare", il suo sogno "chiudere il cerchio".

Dopo aver conosciuto società e popoli diversi - frequentati con rispetto e tolleranza -, lingue e strade, case e cucine diverse, alla fine basta un tetto sulla testa, minime comodità, un pasto frugale (e qualche volta il digiuno); e il silenzio. Fare spazio, sentirsi parte della natura, che è il tutto, e vivere il tempo assoluto.

Con le parole dei suoi articoli e dei suoi libri, e dlele sue foto che parlano andhe di più e direttamente, Terzani ci ha lasciato un'alta testimonianza professionale, che sintetizza così "Io sono stato tante cose, alla fine non sono nessuno" nell'excipit de La fine è il mio inizio (titolo che ricorda un verso di Thomas Stearns Eliot, che a sua volta riprende il motto di Maria Stuart, "In my end is my beginning", alla fine del secondo dei Four Quartets, East Coker). E questo libro diventa così, pagina dopo pagina, un profondo testamento spirituale: che cosa resta della vita quando resta poco da vivere? L'essenziale. Poche persone, poche cose, l'anima nuda: il resto è superfluo. 

Pubblicato in: 
GN51 Anno III 9 maggio 2011
Scheda
Titolo completo: 

Mostra:
"Tiziano Terzani. Clic! 30 anni d’Asia"
Palazzo Incontro
via dei Prefetti 22, Roma
dal 23 marzo al 29 maggio 2011

La mostra è prorogata al 5 giugno 2011

orario: 10-19
Lunedì chiuso
Biglietto: Intero 6 euro, ridotto 4 euro
Curatore Folco Terzani
www.fandangoincontro.it

Libro: Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio, Milano, Longanesi, 2006.

Film: Titolo originale:    Das Ende ist mein Anfang (La fine è il mio inizio - The End is my Beginning)
Paese:     Germania
Anno:     2011
Regia:    Jo Baier
Soggetto:     Tiziano Terzani, Folco Terzani
Sceneggiatura:     Folco Terzani, Ulrich Limmer
Produttore     Manfred Brey, Ulrich Limmer
Casa di produzione:     Collina Filmproduktion, B.A. Production in collaborazione con Beta Film e Rai Cinema
Distribuzione (Italia):     Fandango
Fotografia:    Judith Kaufmann
Montaggio:     Claus Wehlisch
Musiche:    Ludovico Einaudi
Scenografia:     Eckart Friz

Anno: 
2011