Venere in pelliccia di Polanski. Dark comedy Von Sacher Masoch

Articolo di: 
Teo Orlando
Polanski

Venere in pelliccia di Roman Polanski, una sorta di sexy dark comedy, per usare le parole dello stesso regista, si presenta come uno scarno bi-monologo piuttosto che come un dialogo tra un uomo e una donna, nel senso che abbiamo assistito all'apparenza della comunicazione, mentre in realtà i due personaggi sembravano reciprocamente estranei l'un l'altro. Del resto, più che un vero film secondo i canoni ormai invalsi, Emmanuel Seigner e Mathieu Almaric riescono a interpretare un eccellente esempio di metateatro e di metacinema insieme.

L’antefatto è costituito da una telefonata di Thomas (un Almaric che ricorda un po' un Polanski con qualche anno in meno), regista radical chic, prototipo dell’intello francese appartenente alla cosiddetta gauche caviar, saccente e snob (al punto da battezzare il suo cane con il nome di un celebre filosofo francese, Jacques Derrida), il quale in un teatro parigino si lamenta dopo una giornata di provini e audizioni finalizzati a trovare un’attrice che possa interpretare una riduzione di Venere in pelliccia (Venus im Pelz) di Leopold von Sacher-Masoch, che in qualche modo divenne l’involontario eroe eponimo della perversione chiamata masochismo sessuale.

In realtà quella che deve andare in scena è una riduzione teatrale del romanzo di Sacher-Masoch dovuta al commediografo americano David Ives (con il titolo di Venus in Fur). Per il regista tutte le figuranti non hanno lo stile necessario per il ruolo della protagonista. Ma,improvvisamente, concluse le telefonate, appare Vanda, una donna apparentemente ingenua, ma in realtà un vortice di energia, sfrontatezza e ambizione, disposta a pagare qualsiasi pegno pur di venire ingaggiata per la parte della sua quasi omonima (Wanda von Dunajew) nella pièce di Sacher-Masoch/Ives. Apparentemente è volgare e frivola, ma si tratta di una simulazione: non si fermerà di fronte a nulla pur di ottenere la parte. Praticamente costretto, Thomas decide di lasciarla provare e con stupore vede Vanda subire un’incredibile metamorfosi. Non solo la donna si procura oggetti di scena e costumi, ma si immedesima perfettamente nel personaggio (che d’altronde ha il suo stesso nome), mostrando altresì di conoscere tutte le battute a memoria. L’audizione a questo punto si prolunga e diventa più intensa finché l’attrazione che Thomas prova non si trasforma in un'autentica ossessione.

La Seigner, moglie di Polanski dal 1989, trasforma sé stessa in una sorta di divinità, o meglio in un misto tra una dea e una domina, termine latino per designare la “padrona” in tutti i possibili sensi del termine, fino a ridurre il regista, che si illudeva di essere il padrone, a una sorta di individuo succube e implorante, oltre che grottesco e incapace di controllare la sua tempesta ormonale. Sembra quasi di assistere a una parodia della celebre relazione tra servo e padrone (Herr und Knecht), resa famosa dal filosofo Georg Wilhelm Friedrich Hegel (non a caso caro a Derrida) nella Fenomenologia dello spirito, che culmina nel rovesciamento dei due ruoli, per cui il padrone diventa dipendente dal lavoro del servo. Per molti versi abbiamo anche avuto l’impressione che Polanski volesse criticare implicitamente i rapporti di dominio, per citare un altro grande filosofo di ascendenza hegeliana, Theodor W. Adorno, che caratterizzano il mondo dello spettacolo, dal cinema al teatro. Inoltre, il rapporto tra vittima e carnefice non può non richiamare alla memoria un altro capolavoro del regista franco-polacco, ossia La morte e la fanciulla, dove pure viene ribaltato l’antico rapporto tra dominante (in quel caso un medico torturatore di un regime militar-fascista del Sud America) e dominato (un avvocato che aveva subito le torture).

Notevole è anche l’ironia con cui il regista tratta l’universo sado-maso, per sua stessa ammissione ben poco attraente. Quello che egli sfrutta sono gli elementi impliciti e teatralizzabili, ossia il gioco delle parti, il travestimento, la messa in scena: tutti elementi che illudono il regista di essere onnipotente, mentre si convertono progressivamente in una frustrazione che favorisce il dominio psicologico di Vanda. La quale Vanda si distingue dall'omonima di Sacher-Masoch perché si presenta come la donna glaciale  e non come l'etèra che diventa sadica. Secondo il filosofo francese Gilles Deleuze (un altro dei più celebri maîtres à penser parigini del secolo scorso), è qui che si trova il vero modello di perfezione caro al masochista: è la donna che emana una sorta di sensualità che va al di là dei sensi, fredda e glaciale ma non coinvolta affettivamente nella sua stessa crudeltà; si tratta dell'icona masochista che rappresenta il principio d'ordine nel caos del rapporto uomo-donna.

Notevoli i rimandi a vari tipi di immaginario culturale, dal quadro di Tiziano La Venere allo specchio (che nel romanzo di Sacher-Masoch ispira le fantasie erotiche di uno dei protagonisti, Severin, che finge di essere un servo), a una sorta di “cammeo” verbale in cui Vanda cita la celebre canzone dei Velvet Underground Venus in Furs, che suonava quasi come una commemorazione ante litteram dell’appena scomparso Lou Reed, il quale del gruppo di rock avanguardistico newyorkese era una delle colonne portanti, insieme a Nico e John Cale, con la benevola supervisione di Andy Warhol (ricordo i versi: I am tired, I am weary/I could sleep for a thousand years/A thousand dreams that would awake me/Different colors made of tears - Sono stanco, sono debole/Potrei dormire per un migliaio di anni/Un migliaio di sogni che mi vorrebbero svegliare/Colori diversi fatti di lacrime). Non mancano poi le citazioni implicite da altri film del regista francese. Il coltello brandito da Vanda richiama un analogo strumento in Rosemary’s Baby, il vestito d’epoca si riferisce chiaramente a Tess, il gesto con cui la protagonista trucca Thomas da donna rimanda a Cul de sac. Inoltre il regista si traveste come nel film L’inquilino del terzo piano e la giacca verde è simile a quella di Per favore non mordermi sul collo. Anche l’unica scena girata in esterni di tutto il film, ossia le prime immagini dove assistiamo a un carrellata su un viale alberato di Parigi, è di schietta ascendenza primo-polanskiana.

Il finale è enigmatico e problematico: quando Vanda esce dal teatro, Thomas rimane legato a un palo addossato a un cactus. E sembra quasi che egli non abbia vissuto realmente tutta la vicenda, ma si sia trovato trasportato in una dimensione onirica à la David Lynch. 

Pubblicato in: 
GN1 Anno VI 5 novembre 2013
Scheda
Titolo completo: 

Venere in Pelliccia
La Vénus à la fourrure
Nazione: Francia
Uscita in Italia: 14 Novembre 2013
Genere: Drammatico
Regia: Roman Polanski

Cast:
Mathieu Amalric
Emmanuelle Seigner
Sceneggiatura: Roman Polanski, David Ives
Produzione: Monolith Films
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 96 minuti

Note: In concorso alla 66esima edizione del Festival di Cannes.