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Venezia 70. Medeas. Un film di silenzi e piccoli gesti
Tra i film della sezione Orizzonti della corrente edizione della 70. Mostra Internazionale d`Arte Cinematografica di Venezia, "Medeas", del regista esordiente Andrea Pallaoro, è stato proiettato in anteprima web – su Festival Scope e in collaborazione con MyMovies – lunedì 2 settembre, in lingua originale.
In una natura sterminata e silenziosa, lontana dal rumore e dalla velocità urbana, una famiglia numerosa si sta scattando una foto con una vecchia macchina fotografica: sorridenti fino allo scatto, pochi minuti dopo ognuno di loro si chiude in se stesso tra preoccupazioni e desideri inespressi.
Mentre la madre dedica le sue cure amorevoli al piccolo neonato, il marito lavora duramente in un allevamento e la figlia adolescente cerca di imparare l'italiano, nella speranza di lasciare la casa.
Una calma apparente contraddistingue i piccoli movimenti dei diversi personaggi, osservati con spirito naturalistico e con frequenti indugi sull'ambientazione desertica sconfinata, ricercata continuamente dai più giovani come dai più adulti componenti della famiglia. Tra silenzi, pensieri non espressi e segreti, un'intima solitudine sembra caratterizzare i personaggi e, allo stesso tempo, la natura circostante.
Quando, una sera, il padre rientra a casa portando un vecchio televisore che trasmette programmi in bianco e nero, il nucleo familiare appare momentaneamente ricostruito intorno al media oggi più diffuso, ma il giorno successivo tutti tornano al solito temperamento solitario e malinconico. Il figlio mediano, vagando senza meta precisa nei campi sterminati intorno all'abitazione, osserva se stesso e ciò che lo circonda, pensando ai genitori e ai fratelli.
Anche questi ultimi camminano a lungo nel medesimo luogo, immersi nel paesaggio silenzioso, tuttavia, è come se ognuno fosse solo con se stesso.
I piccoli protagonisti esprimono con naturalezza le pulsioni, i bisogni e gli atteggiamenti tipici della propria età, ma sempre contraddistinti dal silenzio e dalla solitudine, a cui contribuisce in parte anche la necessità di utilizzare il linguaggio dei gesti al fine di comunicare con la madre, che sempre più spesso non indossa l'apparecchio acustico per compensare la sua sordità.
Col passare dei giorni, le piccole solitudini si scontrano l'una con l'altra, proprio a partire dalla donna, che manifesta la lontananza emotiva dal marito, la cui conseguenza diretta è l'incrinarsi del precario equilibrio familiare e l'inasprirsi di conflitti latenti.
Ambientato in una realtà quasi atemporale e contraddistinto da pochissimi dialoghi, e l'assenza di colonna sonora, l'esordio del regista italiano Andrea Pallaoro appare nel segno di un toccante realismo poetico, attraverso un'indagine familiare sulla solitudine e sulla malinconia, con cui i diversi personaggi non riescono concretamente a fare i conti.
A mio avviso una pellicola di grande interesse, riflessiva e lenta – in cui suoni in presa diretta si accompagnano ad una bella fotografia – che indaga con delicatezza la difficile e precaria armonia dei rapporti umani, le insicurezze e i turbamenti che ci contraddistinguono, ma anche i piccoli gesti che avvicinano le persone, sullo sfondo malinconico di una natura silenziosa e immensa.