Venezia 71 Words with Gods. Un ateo come profeta

Articolo di: 
Livia Bidoli
Words with Gods

Se volessimo parlare con Dio quali parole sceglieremmo? Parole o simboli? Conosciamo tutti la risposta autentica a questa domanda cui ha risposto tremendamente, proprio come è simile a Dio fare, Guillermo Arriaga. Prima di tutto lo ha messo in atto nel suo corto, God's Blood, e poi lo ha chiesto agli altri otto registi, ognuno a rappresentare una religione diversa, dall'Islam al Buddismo shintoista, fino all'induismo, all'Islam, al cristianesimo ortodosso e partendo dalla spiritualità panteistica aborigena.

Quello che non può e non deve sfuggire è che l'episodio di cui si è occupato il regista messicano Guillermo Arriaga – sceneggiatore della Trilogia della morte di Iñárritu (Amores perros, 21 grammi e Babel) e che ha vinto il Premio alla miglior sceneggiatura al Festival di Cannes 2005 per Le tre sepolture di Tommy Lee Jones -, God's Blood (Il sangue di Dio), è dedicato all'ateismo. Il padre di un facoltoso imprenditore edile, sogna del suicidio di Dio e poi si toglie la vita. Il padre era ateo, ed è questo che colpisce il figlio, quel che succederà di lì a poco è la dimostrazione simbolica che Dio esiste, ed ha scelto un ateo come profeta. Questo, di tutti gli episodi mostrati, da Kusturica e Mira Nair, Héctor Bancenco, Bahman Ghobadi, Amos Gitai, Hideo Nakata, Warwick Thornton, Álex de la Iglesia, è quello che fa veramente riflettere sul senso e sulla nascita di Dio, soprattutto poi sulle o sulla “Parole/a con Dio”.

Il primo episodio True Gods di Warwick Thornton, tratta di una nascita secondo la credenza aborigena di una spiritualità panteistica che lascia la madre incinta partorire con l'unica compagnia e sostegno di un albero. Il secondo, a cura di Héctor Bancenco, dallo strano titolo The man who stole a duck, è la storia di un uomo che perde moglie e figlio e ruba una papera per portarla in regalo (una papera stranamente docile, solitamente mordono l'uomo e anche i bambini!). La querelle tra indiani per le stanze di un lussuoso nuovo appartamento ancora da costruire in cima ad un grattacielo, God's Room, fa fuggire Ganesh nel giorno della sua celebrazione, con un bel tubo da camera a gas per i labirinti di Mumbai, seguito dal ragazzino che è l'unico a scorgere il Dio ed a comunicare con lui: molto ironico e decisamente realistico, a rappresentare un'India moderna (i grattacieli) legata però a culti ancestrali che vengono sempre posticipati rispetto ai desideri ed alle cupidigie personali.

Sufferings di Hideo Nakata potrebbe essere più potente di come in realtà si sviluppa: parte da una forte idea simbolica del dolore e di come viene espresso ideograficamente in giapponese riunendo le otto diverse forme di dolore nella parola “Hakku”. In particolare si narra del dolore dopo la perdita di moglie e figli durante il grande tsunami che ha colpito il Giappone, da parte del protagonista che si rivolge ad un monaco buddista shintoista e riceve come risposta una domanda sulla possibilità che si dà lui stesso di perdono: a sé stesso, ai propri cari per averlo nolentemente abbandonato, a Dio per non aver evitato l'accaduto.

Amos Gitai riprende The Book of Amos dalla Bibbia ebrea e la fa narrare a persone comuni – oltre ad un uomo ed una donna in abiti da profeta -: regista impegnato come non mai, qui, perde però slancio perché, nonostante quel che racconti Il Libro di Amos è la vendetta di Dio “su” gli ebrei per le loro ingiustizie e la loro avidità, a mio avviso questo non traspare con evidenza dal cortometraggio. Le lotte dei civili con i militari ci sono ma sono deboli e non è chiaro il motivo – non può esser data per certo solo la guerra in Palestina come non è nemmeno da dare per scontato a quali fazioni appartengano, se siano tutti ebrei oppure no, prima di tutto – della diatriba: i versi sono spesso oscuri e si parla di Esercito di Dio e meno di quel “Day of the Lord”, cui esplicitamente si richiama Amos profeta come giorno della redenzione oppura della giustizia di Dio sugli e degli Ebrei. In breve: al pubblico tutto questo dovrebbe trasparire senza andarsi a leggere il capitolo specifico ed il susseguente commento.

Il sesto capitolo riguarda il cattolicesimo e si svolge in Spagna: ha come regista Alex de la Iglesia e si intitola The Confesssion: c'è un ironico scambio di ruoli contraddistinto da un black humour che ci sembra più british che spanish, estremamente penetrante e perspicace la parte del vecchio morente che si traduce in tutt'altro, aprendo gli occhi su ciò che si dà troppo spesso per scontato.

L'episodio dedicato al cristianesimo ortodosso di Emir Kusturiza invece ci pare dal senso troppo facile: il sacrificio di portare le pietre da dove provengono - un monte - da parte del monaco non rappresenta un percorso ciclico, piuttosto sembra nato da scarsità di idee.

L'Islam di Bahman Ghobadi, piuttosto, altamente ironico e allo stesso tempo critico di assiomi religiosi che nulla hanno a che vedere con la vita reale, rivelandosi assolutamente fallaci ed impossibili da seguire nel caso poi di una coppia di fratelli siamesi, costretti a vivere l'uno con l'altro nonostante l'opposizione tra l'uno, fervente credente, e l'altro, in cerca di una compagnia femminile il cui ostacolo è proprio attaccato alla sua testa. Il titolo è emblematico: Sometimes better look up, è il consiglio di guardare verso l'alto e non verso il basso come quando si prega, dato dal fratello più libero di costumi a quello religioso che, nel gesto di inginocchiarsi, conduce l'altro a puntare gli occhi verso il cielo.

Pubblicato in: 
GN38 Anno VI 3 settembre 2014
Scheda
Titolo completo: 

Venezia 71 
Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica

Fuori concorso
Words with Gods
Regia di
Guillermo Arriaga, Héctor Babenco, Bahman Ghobadi, Amos Gitai, Emir Kusturica, Mira Nair, Hideo Nakata, Warwick Thornton & Álex de la Iglesia.
Animazione di Alex García
Regista dell’animazione Maribel Martinez.
Prodotto da
Alex Garcia, Lucas Akoskin e Guillermo Arriaga
Basato su un’idea di Guillermo Arriaga Supervisione a cura di Mario Vargas Llosa
Musica Originale di Peter Gabriel 2014
Messico & USA
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