Venezia 72. Bellocchio nell'Isola dei Morti

Articolo di: 
Livia Bidoli
Sangue-del-mio-sangue-2.jpg

L'ultimo fotogramma di questo film di Marco Bellocchio mi ha ricordato Buongiorno, notte, e non solo per la partecipazione di Roberto Herlitzka che allora interpretava Aldo Moro. In questo film c'è una luce che non sta né in cielo né in terra: è un film che è quasi un testamento ma non di natura terrena: e che non ha nulla a che fare con la morte, bensì con la Vita. Alla Biennale di Venezia 72° edizione, Marco Bellocchio ha portato un capolavoro di intelligenza, speculazione, vita vera: il nocciolo fondante dell'amore per il cinema, un film che è Sangue del mio sangue.

Se pensiamo a Marco Bellocchio abbiamo una carriera cinematografica che ritrova dei punti fissi e poi si snoda verso strane diramazioni: questo è un film sui uno dei suoi topoi maggiori. Qui ritroviamo la sua critica alla religione come tortura dell'amore e della sessualità, che è la sua più alta espressione, se la si guarda con gli occhi luminosi della bellezza; oppure l'abisso di Satana, secondo gli occhi torvi e sgraziati di preti e cardinali inquisitori, il cui guizzo di follia si scatena nelle parole fin dalla prima scena tra Federico e il prete Cacciapuoti – superbi nelle loro interpretazioni Pier Giorgio Bellocchio e Fausto Russo Alesi -, che convengono di torturare Benedetta (perfetta nella parte l'ucraina Lidyia Liberman) alfine di farle confessare che ha trascinato il povero fratello gemello e tonacato Don Fabrizio alla lussuria mossa da Satana. Tutto questo per spostare da terra sconsacrata – il Cimitero degli Asini – a terra consacrata un morto suicida, che agli occhi della Chiesa è reo del peccato della “disperazione” (testuale).

Tutto ciò ad occhi moderni sembra assurdo, eppure la storia che inscena Bellocchio è avvenuta realmente intorno al 1630, in quel di Bobbio luogo natale del regista e presente in tanti suoi film come rappresentativo di un sostrato sociale presente in tanti piccoli comuni italiani, un archetipo per Bellocchio - , dove una suora di clausura è stata condannata ad essere murata viva nel convento di San Cosimato per aver sedotto un prete. Prima però dovrà passare per “acqua, lacrime e fuoco”: le tre torture per farle confessare di essere la sola colpevole dell'atto d'amore col prete, che si è chiaramente suicidato perché non riusciva a liberarsi di questa passione squisitamente umana.

Tuttavia il film si divide in due tempi, come anticipato, e la seconda riguarda molto da vicino la situazione odierna di clientelismi, nepotismi, mafia di paese e finti invalidi e, da vicino, le antiche prigioni, che sono il convento di San Cosimato, dove quel che avvenne secoli prima sembra direttamente connesso e “reincarnarsi” con l'oggi. Con il cameo autorevole di Filippo Timi nella parte del matto e Roberto Helittzka nella parte del Conte Basta, spolveriamo altri antefatti, alcuni racchiusi sotto L'isola dei morti di Böcklin che campeggia sotto la testata del letto del Conte, un quasi-vampiro massone.

La colonna sonora di Carlo Crivelli e la melanconica versione acustica di Nothing Else Matters dei Metallica nella versione di Scala con uno spirituale coro femminile (simile ai cori delle suore di clausura), racconta ancor più pervicacemente la discrasia tra ciò che vivono le donne – e il secondo racconto del rapporto delle due sorelle con Federico lo spiega immanentemente - e ciò che gli infliggono gli uomini, come tortura aberrante per la legge del desiderio, per opporre la bieca “ragione” contro la sessualità, la meschina “clausura” a tarpare le ali della numinosa forza del corpo ove “null'altro importa” diverso dal desiderio.

Una nota a parte la merita il titolo: “Sangue del mio sangue”, che viene direttamente dalle parole di Cristo, quel Cristo che ha perdonato Maria Maddalena (secondo alcuni sua sposa), il Figlio di Dio, contrapposto a chi genìa non ne può avere, il vampiro, che governa questo insano mondo che condanna l'amore e legittima il reato secondo leggi non scritte.

Daniele Ciprì ha firmato delle immagini di assoluta rilevanza e veridicità nel racconto del passaggio tra il giorno e la notte, tra il Medioevo e l'oggi, due capitoli dove l'autunno del Medioevo di Huizinga si traduce nell'attualità.

Pubblicato in: 
GN39 Anno VII 10 settembre 2015
Scheda
Titolo completo: 

Mostra Internazionale del Cinema di Venezia 2015
2-12 settembre 2015

VENEZIA 72

Sangue del mio sangue di Marco Bellocchio - Italia, Francia, Svizzera, 107’
v.o. italiano - s/t inglese
Roberto Herlitzka, Pier Giorgio Bellocchio, Lydiya Liberman, Fausto Russo Alesi, Alba Rohrwacher, Federica Fracassi, Filippo Timi